Nick & Norah: tutto accadde in una notte (Nick & Norah’s infinite playlist)
di Peter Sollett, 2008
Era inevitabile che un film del genere scatenasse, nel suo piccolo e nel piccolo dei blog, qualche polemica, soprattutto sul modo in cui nel film stesso viene rappresentata la sorta-di-sottocultura indie – chiamiamola così, anche solo per sintesi. Le due facce potrebbero essere riassunte, ai due poli opposti, nel post caustico di Valido, su Polaroid e nella difesa a spada tratta di Giorgio, su Junkiepop. Ora, si sa che a me piace (1) fare l’avvocato del diavolo (2) deridere quando c’è da deridere (3) dare un colpo al cerchio e uno alla botte, quando è possibile, per non ridurre il tutto a un cul de sac manicheista.
Da una parte sono dunque d’accordo sul fatto che Nick & Norah sia un film facilmente derisibile: nella sua ora e mezza scarsa, il film infila una tale sfilza di luoghi comuni sulla vita dei giovani straight edge newyorkesi e più in generale sugli adolescenti che stanno crescendo a pane e Pitchfork, appiccicati l’uno accanto all’altro in modo didascalico e pretestuoso, che, a patto di sapere vagamente di cosa si parli (e non è così scontato: anzi, francamente, non riesco a immaginare cosa potrebbero capirci gli adolescenti "normali" italiani, né tantomeno come diavolo si possa aver adattato un film simile nella nostra lingua), è davvero difficile prenderlo sul serio o guardarlo senza dire "eh vabbè però cacchio" ogni tot minuti.
Se però la sceneggiatura fa lo stesso effetto di un cinquantenne che, seppur per ammirevole tenacia etnografica, si piazza tra i ventenni e comincia a dire "Yo" e a fare namedropping di gruppi indie rock trovati tra i "similar artists" di Lastfm (e il fatto che Sollett di anni ne abbia solo 32 non cambia granché), quello che ne risulta, non è proprio un film così disgustoso. Insomma, il discorso è questo: Nick & Norah rappresenta bene questa sorta-di-generazione, la loro vita interiore, il modo in cui si rapporta ai gusti musicali? Probabilmente no – anzi: no. Ma, parlo per me: fino a che punto mi importa? Credo sia una questione di prospettive, che non annulla quindi le critiche né gli elogi – il solito maledetto soggettivismo paraculo che ci salva sempre in corner.
Il film, quindi, com’è? Ecco, il film in sé non è che sia poi così orripilante. Piacione quanto vuoi, approssimativo e frettoloso, anche nel tratteggio dei personaggi secondari (gli "amici tutti gay", l’amica sbronza marcia) ma anche leggero e garbato, ben interpretato (qui si fanno carte false per Kat Dennings, bella e brava – no, non si sentono ragioni, l’ho trovato persino un personaggio credibile), con qualche idea davvero ottima (come la "scena di sesso", tra virgolette) e persino originale nel suo inseguire in modo del tutto programmatico una vacuità – in cui, mi rendo conto, non c’è traccia di analisi sociale, perché si tratta meramente di un modo per portare a casa un filmetto adolescenziale, senz’arte né parte ma con una colonna sonora davvero notevole, infastidendo il meno possibile.
Beh si’ ovviamente io ho scritto solo la parte divertente, ho visto cose ben piu’ orribili e i due protagonisti fanno i salti mortali per salvare il salvabile, facendone una figura (loro, dico) dignitosa.
Kat Dennings invece e’ un gusto imposto dalla societa’ indie a cui io non mi inchinero’ mai: Kat Dennings, non hai alcun potere su di me! BUAHAHAHAHA (la smetto)
Kat Dennings ha un sito su blogspot dedicato alle sue tette (ed è la verità scrivete Kat Dennings Boobs blogspot, lo state già facendo tutti, maniaci)
il film è innocuo ma a me non ha dato fastidio, paraculo ok, ma non giudico per forza male se qualcuno ci casca. Ci sta.
Non è un film generazionale (non può esserlo) ma noi a volte ne abbiamo chiamati generazionali altri che non lo erano (reality bites, etc).
E’ la gioia dei trentenni che vorrebbero dileggiare i ventenni di oggi, solo che io non me la sento.
Quindi lo difendo, quasi aprioristicamente.
Niente sarà mai al livello di Airheads. Mai
GiorgioP
(Valido e GiorgioP si stringono virtualmente la mano su Airheads, commossi)
(sospira “non si fanno più i film di una volta…”)
GiorgioP
mi pare che Nick dica ai due amici gay qualcosa come “you don’t know what it means to be straight” .
mai riso tanto.
togli lo, metti lo Cera, danal san.
darnz
Non ho ancora visto il film ma non può essere peggio del romanzo da cui è tratto.
Comunque, tutti noi che ne parliamo abbiamo quei quindici-venti anni di troppo per capirlo.
Il triste limbo tra alt-bro e cool-dads.
ciao, e.
Enzo: la versione per signora è “il triste limbo tra alt-nymphet e cougar-in-training”?
(del film per ora ho solo capito che alla fine lui le fa funzionare la figa per via manuale, ed essendo Michael Cera il Supremo Inchiavabile non mi pare una cosa negativa.)
DPF
@DPF: in effetti più di una limonata con Cera non me la immagino, ma a me non dispiace così tanto.
Se ricordo bene, nel libro lo scambio di cortesie manuali è reciproco.
Per quanto riguarda il limbo, dobbiamo cercare meglio su Urban Dictionary, qualche definizione ci sarà. Intanto, facciamoci quest’altro vodka tonic.
ciao, e.
in effetti Ellen Page ha dovuto farselo a smorzacandela il nostro Michael Cera, lui seduto sul divano sguardo assente del fuco che non sa bene cosa sta succedendo. E lui è riuscito pure a ingravidarla, compiendo un miracolo.
Fa cagare….