La verità è che non gli piaci abbastanza (He’s just not that into you)
di Ken Kwapis, 2009
La verità è che La verità è che non gli piaci abbastanza non mi è piaciuto abbastanza.
Tolto il gusto di scrivere una stupidata simile tanto per il gusto di farlo, la frase sovrastante non è così imprecisa nella sua stupidaggine: ci sono un sacco di cose che avrebbero potuto far perdonare la vacuità del film, la noia che pervade i suoi 129 (!) minuti di durata, e l’irritante approssimazione con cui sono disegnati i personaggi. Qualche risata ben assestata, qualche elemento del cast. Ma la maggior verità è, appunto, che non mi è piaciuto abbastanza: e allora ciò che c’era di buono è caduto tutto nel pozzo nero dell’indifferenza.
La verità è che il film è costruito su una concezione vecchia e banalissima del conflitto tra i sessi e su una quantità esorbitante di proverbialità e luoghi comuni, con i personaggi ridotti a tipologie e categorie più che a caratteri veri e propri – e questo vale per le femminucce come per i maschietti. Ma dopotutto, non ci si poteva aspettare molto da un film tratto da un libretto motivazionale il quale a sua volta era stato ispirato da un singolo episodio (!) di Sex & the City – il che fa di questo film un esempio assolutamente inedito di cinema meta-meta-vaginale. Sono d’accordo: in giro c’è molto peggio. Ma può essere una giustificazione?
Il pezzo finisce qua. A seguire, alcune considerazioni, di natura del tutto parrocchiale, sul cast: Justin Long e Ginnifer Goodwin sono una delizia. Ecco, magari fosse stato tutto un film con Justin Long e Ginnifer Goodwin. Invece ci sono Ben Affleck e Jennifer Aniston, e il gonfissimo e demoniaco Bradley Cooper. Scarlett Johansson sfida ancora la forza della gravità nel collaudato ruolo della gatta morta, ma il suo personaggio è praticamente l’unico nella sceneggiatura a scartarsi dalla stancante e asessuata nevrosi della compagnia, fornendo un ruolo finalmente attivo e, a suo modo, irrazionale e anarchico, come quello delle persone vere. Ovviamente, non è abbastanza.
La verità è che ne vedi troppi di film vaginali e che ne hai abbastanza! Io ne vedo uno all’anno e schifo schifo non mi ha fatto…
129 minuti di commedia romantica con ben affleck e jennifer aniston.
FAIL.
A questo punto potresti scrivere un manualetto di auto-aiuto per combattere il Cinema Vaginale.
On a lighter note, io ho il cazzo. Cioé, credo.
Il commento numero 3 sono io, tisafarrow, scusa.
il problema di fondo è che la trama (ammesso che esista) è ridicola…
e secondo me, qualsiasi film basato su una storia banale non può che essere stupido…
Probabilmente noi donne siamo psicologicamente a pezzi…
La verita’ e’ che un titolo del genere non puo’ far altro che scatenare decine di post in decine di blog che iniziano esattamente come il tuo.
Figata, girami qualche link
Dici a me?
Non lo so, era solo una mia previsione.
Un esempio e’ il primo commento in questa finestrella.
Gli altri bisognerebbe cercarli. Io non c’ho minimamente voglia. E tu?
Anche io mi immaginavo che tu avrebbero scritto quella frase. FIlm de merda, ma ho dovuto essere buono con la recensione…
Rob
A me è piaciuto quasi-abbastanza, forse perchè era molto divertente guardare le orde di mutanti sedicenni che facevano casino in sala e si beccavano i cazziatoni. E poi ai titoli di coda è partita Friday I’m in Love, e la mia fidanzata subito: “ma dai, gli Smiths”. Cosa che ha rinegoziato da subito e per sempre il senso del film.
Non l’ho visto ma… visto il libro e le teorie banali a cui è ispirato… non vale la pena nemmeno di comprare il biglietto e provo pena per le donne che si convincono di queste idee, e ce ne sono tante… e preferiscono leggere manuali di acchiappanza piuttosto che lottare per amore.
domenica andavo da mia madre….e ho visto il titolo sulla facciata del plinius multisala. Mi sono tremati i polsi.
E già dal titolo ho capito tutto il seguito… non ci vuole molto.
basterebbe amare se stessi e crederci in quello che si prova…
quello che sto facendo io, a fatica non lo nego. per questo quando vedo questi titoli mi incazzo.
lo dico da donna. lo dico da persona.
sto genere di cose rovinano sto mondo.
Meta meta vaginale in che senso? Cioè, la povera vagina, le povere femminucce che c’entrano? Il film è costellato di buone intenzioni ma terrorizzato dall’idea di discostarsi troppo dalla sua seconda metà (in quanto “commedia romantica”, sia mai che non sia “romantico”), terrore che così, a occhio e croce, mi pare venire più dalo sguardo dei produttori che da quello degli autori, evidentemente castrati (ops, una metafora genitale) nella loro voglia – già alquanto discutibile, e qui siamo d’accordo – di mettere in scena un manuale (dio, mi sto riempiendo di puntini rossi) di auto aiuto.
Ma la povera vagina, dicevo, che c’entra?
La verità è che il film è inutile. Punto. E meno male che a salvarlo dalla noia ci sono i capelli di Jennifer (Aniston), lo strabismo di Bradley e i volumi di Scarlett
Marina