[el pube è un pilota: 2009 edition #1]
Piccola guida alle nuove serie tv
Gennaio 2009 / Aprile 2009*
L’anno scorso c’era lo sciopero degli sceneggiatori. Quest’anno non ho più scuse. E nel corso dei mesi in molti mi avete chiesto di tornare a parlare di serie tv. Eccovi accontentati. Questo post è stato un po’ uno sbattimento, spero che ne sia valsa la pena. Se vi va, commentate e condividete.
*nota: va da sé che in questo post si parla solo di serie nuove e iniziate nel 2009

Non c’è gara, non ci sono cazzi: tra le serie iniziate quest’anno, non ce n’è una che regga il confronto con Dollhouse. La nuova creatura di Joss Whedon è partita con un pilota debolissimo che ha fatto preoccupare molti fan, e poi è cresciuta a dismisura, diventando in breve tempo la cosa più figa in circolazione, grazie una commistione Puramente Geniale di generi ed elementi, ovviamente strapiena di ammiccamenti geek. Eliza Dushku è una Dea. Solo 12 episodi, che si chiudono il prossimo 8 maggio: sbrigatevi.

L’altra grande sorpresa della primavera televisiva americana non è una serie, ma una miniserie: Harper’s Island è ambientata su un’isola durante la settimana che prelude a un matrimonio. Peccato che gli invitati cadranno come mosche: almeno un morto a puntata, promette la produzione. Sullo sfondo, un misterioso serial killer che ha colpito qualche anno prima. Il tutto raccontato come se fosse una soap-opera, ma con la gente che muore sbudellata o bruciata viva. Incredibile. Composta da 13 episodi, finisce a luglio.

Sono tre le nuove serie comedy che valgono la pena di essere seguite. Scelgo come favorita Party Down, che è stata creata da Rob Thomas ma che con Veronica Mars non ha molto a che fare, cast a parte: i cui protagonisti sono una compagnia di catering, ma in realtà, a parte l’improbabile boss, sono tutti attori o sceneggiatori falliti. Per intenderci, il tipo di comicità è figlia dei film prodotti da Judd Apatow: non a caso, tra creatori e produttori c’è Paul Rudd. Fa ridere, è scritta da dio, c’è Jane Lynch, c’è Lizzy Caplan. Basta?

Bisognerebbe studiare il mio volto quando mi metto davanti a Better Off Ted. Non riesco a staccarmi il sorriso dalla faccia. In realtà, c’è poco da ridere: la serie è ambientata nel settore Ricerca e Sviluppo di una malefica multinazionale. Dei due protagonisti Ted e Veronica ci importa meno: la scena la rubano i due ricercatori Phil e Lem (Jonathan Slavin e Malcolm Barrett) e, soprattutto, una Portia De Rossi immensa, da standing ovation.

Attesissima e annunciata per mesi, Parks and recreation è per Amy Poehler quello che 30 rock è stato per la sua BFF Tina Fey. Qui non siamo a quei livelli, e la serie ci mette un po’ a ingranare: non giova troppo il fatto che lo stile sia preso paro paro da The Office, ma ci si diverte, e nemmeno poco. Comunque, Aziz Ansari vale da solo il prezzo del biglietto. All’inglese: 6 episodi da 20 minuti, e poi basta. Vedremo se regge.

Passata un po’ inosservata, Demons è la serie britannica più fica dell’anno, perfetta per gli orfani di Doctor Who (che tornerà a pieno regime nel 2010 sotto l’egida di Steven OMG Moffat). 6 episodi trasmessi tra gennaio e febbraio: il protagonista è il giovane Luke, ultimo discendente dei Van Helsing. Oh, sì. Rupert Galvin ha il volto del Philip Glenister di Life on mars ma l’accento americano, è un cacciatore di demoni, e gli farà da mentore. Ciliegina sulla torta: Zoe Tapper nel ruolo di Mina Harker. Ebbene sì, ho detto Mina Harker.

Difficile dire se seguirò The Unusuals (ABC) dopo i primi 3 episodi, ma vale la pena scriverne perché non passi come il solito procedurale. Non lo è. Prima di tutto, ci sono degli attori veri: Amber Tamblyn e Jeremy Renner, ma soprattutto Adam Goldberg e Harold Perrineau: irresistibili. Secondo, è scritta molto meglio della media. Terzo, per il ritmo forsennato. Infine, perché la butta sul ridere. Tipo NYPD, ma più cazzone.

La serie che tutti gli altri amano, e che hanno ragione di amare, ma che io ho temporaneamente accantonato dopo il pilota. Mea culpa. Si tratta di Eastbound and down (HBO), creata da Jody Hill e Danny McBride, con quest’ultimo come protagonista, nel ruolo di un ex campione di baseball cafone e parolacciaro, costretto a fare l’insegnante di ginnastica. Procuratevela, la amerete alla follia: io me la tengo lì per i momenti di magra.

Mi rendo conto che si tratta di una minchiata e che la prima battuta è uno che va a sbattere contro un palo, ma i primi due episodi di Kröd Mändoon and the Flaming Sword of Fire mi hanno fatto sganasciare. Non tanto per la rilettura parodistica del fantasy à la Xeena, davvero fuori tempo massimo, ma per i singoli elementi che la compongono. In primo luogo, il cast: India de Beaufort è fa-vo-lo-sa. E scommetto che se vi dico chi interpreta il super-cattivo, vi ci lancerete tutti senza troppi indugi.

Non per tirarmi indietro, ma Cupid è il tipico caso – ce n’è almeno uno a stagione – di pilota di cui mi innamoro ma che non mi spinge a continuare la serie. Per adesso sono bloccato lì. Comunque: lui è convinto di essere Cupido himself, in missione per conto degli Dei: deve formare 100 coppie. Lei è la psichiatra che lo tiene d’occhio, ed è Sarah Paulson (capito, orfani di Studio 60?). La serie più pucci del 2009, senza dubbio.

Qualche nota sulle altre serie iniziate da gennaio a oggi. Trust Me (nella foto), per capirci, è come Mad Men ambientato al giorno d’oggi. Ben scritto e rinforzato da un’ottima coppia di protagonisti (Tom Cavanagh e Eric “Will di Will & Grace” McCormack), ma rimane una scelta secondaria. Il fatto che nella prima stesura di questo post io abbia dimenticato Lie to me vi fa capire quanto mi interessi: ho visto il pilota, non era nemmeno male, ma poi ho abbandonato. Fatto male? Per chi si chieda dove sia finita invece United states of Tara, la creaturina di Diablo Cody, in questa lista: non c’è. Dopo 2 o 3 episodi mi sono reso conto che non me ne fragava niente.
Enorme delusione anche Castle: capita l’antifona, non ho nemmeno portato a termine il pilota, nonostante Nathan Fillion sia sempre un bel vedere. Stesso risultato con Being human: versione seriale di una bella miniserie inglese, sostanzialmente rovinata nel trasferimento. Abbandonato dopo il pilota invece Kings: versione pomposa, bizzarra e camp della storia biblica di Davide, una noia mortale. Dicono che migliori: non ho voglia di verificare. Infine, non ho ancora visto Southland e non ne ho nemmeno intenzione, ma se ne parla bene. Fate voi.

Infine, chiudiamo con Important things with Demetri Martin. Che non è una serie, è uno show di Comedy Central: Demetri era uno dei più bravi corrispondenti del Daily Show. Ma il suo spettacolo è la roba più indipendente, folle e geniale che ci sia in circolazione. Ogni settimana un tema ricorrente: ma è solo un presesto. Imperdibile. Scordatevi i sottotitoli: ma lo sforzo viene ben ripagato.