La parmigiana
di Antonio Pietrangeli, 1963
Il primo dei due film con cui Pietrangeli affina definitivamente il suo stile e completa l’ossessione per i complessi e amari racconti al femminile, in preparazione al suo ultimo capolavoro, colpisce immediatamente per due ragioni. La prima è una straordinaria struttura a montaggio parallelo che permette un’empatia totale nei confronti di Dora e insieme un’analisi secca e serrata del mondo maschile che le gira intorno. La seconda è la bellezza dell’allora diciottenne Catherine Spaak: fotogenia pura. La firma di Pietrangeli si vede proprio soprattutto nel modo in cui guarda al corpo e al volto di Dora, nel modo in cui si perde a osservarne le luci e le ombre, su un letto rimasto vuoto o di fronte al riflesso di una vetrina – e in molti sensi Dora è già una Adriana in nuce, in quel modo che ha di trattenere per sé le proprie lacrime, e di donare al mondo un sorriso che il mondo stesso, probabilmente, non merita. Anche se in Dora è instillata una forza di volontà inusuale: quasi fosse una rabbia sensuale, in cui, come già la Francesca di Nata di Marzo, l’indipendenza si esprime con lo scherno – uno scherno che non sempre ripaga, che è macchiato di inevitabile malinconia e solitudine, ma che è un’altra forma, forse l’unica forma possibile, di libertà. Davvero splendido.
Il film non è ancora disponibile in DVD e non è attualmente in programmazione sulle reti nazionali. Bisognerà pazientare un po’.
La visita
di Antonio Pietrangeli, 1963
Con questo film, ambientato nella bassa mantovana e con protagonista la Sandra Milo che lui stesso aveva scoperto e lanciato nel 1955 in Lo scapolo, Pietrangeli raggiunge quella che è senza dubbio una delle più alte vette della sua carriera. Prima di tutto dal punto di vista della messa in scena: inframmezzato dai suoi flashback improvvisi e precisi, La visita è soprattutto un film di impressionante rigore registico, tenuto conto della semplicità dell’ambientazione e della riduzione dei conflitti, in cui ogni singolo movimento di macchina è studiato nel dettaglio – e proprio grazie a questa precisione si crea una tensione tra i due protagonisti che non ha davvero pari. E La visita è, appunto, soprattutto l’incontro tra Pina e Adolfo: da una parte la perfezione di un personaggio che è insieme tra i più dolci e tra i più malinconici del cinema italiano di quegli anni, dall’altra l’impietoso ritratto che François Périer regala del gretto e meschino libraio romano. Lo scontro psicologico, inserito in un contesto che fa luce su una provincia molle e abbandonata così come sui contrasti regionali, dà il vita a uno dei duetti più amari e inquietanti mai prodotti nel contesto allargato della cosiddetta "commedia all’italiana", in cui la presenza di Mario Adorf e Gastone Moschin non fa che arricchire questo piccolo capolavoro del nostro cinema.
Il film è stato pubblicato in una bella edizione DVD all’interno della notevole collana Minerva Classic. Va da sé, è assolutamente imperdibile.
lo sguardo di salvo randone che desidera la carne di Dora, nell’appiccicoso pomeriggio parmigiano…
è IL cinema.
La più bella interpretazione della Milo, per me. Quel modo di raccontare, così originale, i flashback non banalmente esplicativi, sono pura delizia. Grande Pietrangeli.
forse il film più triste del cinema italiano, la visita
Mallòtevedipureidivvuddìdelavoro?
Vabbè a sto punto qualche film di Pietrangeli me lo dovrò vedere anch’io, dato che a quanto pare proprio cagare non ti fanno… eh eh…
BOLZO
Amo questo film e chi ama questo film. Bellissima recensione.
N.B.:…mi riferisco al secondo, La visita.
la visita è uno dei miei film italiani preferiti, mi fa piacere che tu lo abbia rispolverato!
indimenticabile la scena la pina rinfaccia ad adolfo quanto è meschino!
f.