Ovunque nel tempo (Somewhere in time)
di Jeannot Szwarc, 1980
Qualche giorno fa, qualcuno mi ha nominato Jane Seymour e nel mio cervello si è accesa una lampadina: quand’ero piccolo (circa 15 anni fa, forse di più) mi ero perdutamente innamorato di lei dopo aver visto un suo film, cercato per molti anni (altri tempi: non si scaricava, non si comprava online) ma mai più rivisto da allora.
Ci è voluto poco per ricordarsi di che film si trattasse, e poco più per recuperarlo. Szwarc è uno che tra due carriere di capace regista televisivo ha infilato, in quel decennio, una sfilza di robe innominabili tanto quanto il suo cognome – anche se Supergirl, nella sua inenarrabile bruttezza, rimane nel mio cuore. Mi ricordavo poi che c’era in ballo il viaggio nel tempo, argomento che mi ha sempre affascinato fin dalla più tenera età – quello che non sapevo è che l’autore del libro e di soggetto e sceneggiatura fosse Richard Matheson.
Il film è una bizzarria naif praticamente inconcepibile a trent’anni di distanza – un viaggio nel tempo innescato dall’auto-ipnosi? – ma che conserva grazie alla sua patina polverosa, alla performance vegetale di Christopher Reeve, ai buchi di sceneggiatura, a una parte finale che sembra troncata a metà con una chiusa new age da linciaggio, al suo romanticismo eccessivo, qualcosa di estremamente affascinante. In fondo è un film del tutto fuori dal tempo, e per un film così può essere persino un complimento.
Se volete procurarvelo, su Play.com c’è e costa poco.
Mio Dio guardate il SITO UFFICIALE:
http://www.somewhereintime.tv/
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