The Goods: Live Hard, Sell Hard
di Neal Brennan, 2009
"Ahhhh, it feels like a Smurf jizzed all over my face!"
Più che un film, The Goods sembra un esperimento di resistenza: quanto si può tirare la corda riproponendo pedissequamente gli elementi di film precedenti – in questo caso quelli, stracitati, della premiata ditta Ferrell-McKay? Si può ottenere lo stesso risultato cambiando semplicemente l’ambientazione e il cast (e nemmeno tutto) e lasciare che il pilota automatico faccia il resto? Un esperimento, dicevo: perché mettere Jeremy Piven a fare il verso a Will Ferrell in un quasi-sequel di Anchorman con la regia in mano a un (quasi) esordiente suona quasi masochistico. Uno va a cercare una spiegazione.
Quasi consolante, anche perché conferma presagite impressioni, che la risposta insomma sia proprio che no, non si può – e che stanno pure cominciando a rompere le balle, oltre che la corda. Si intenda, The Goods le sue risate le strappa, se non cercate altro potreste pure essere accontentati. Ma a funzionare è sostanzialmente solo il nutrito cast di caratteristi di contorno (in particolare Kathryn Hahn: il cielo la benedica, adesso posso avere un film tutto su Babs Merrick?) con un sistema che a posteriori lascia di stucco: a ciascuno viene affidata una gag, una sola, che sia riuscita o meno, da reiterare per tutto il film. Tutto lì. Il fatto che un paio portino a casa la giornata e due ghignate è più colpa della nostra contingente deficienza e dell’attrazione per sciocchezze simili che merito del film*.
Inutile dire che il resto sia quantomeno disastroso, Don Ready è il solito americano arrogante e presuntuoso fino all’ovvia redenzione finale ma stavolta non funziona, non buca lo schermo, fa pure un po’ innervosire. Colpa di Jeremy Piven? Fino a un certo punto: è anche colpa di una scrittura che non fa più un briciolo di sforzo, un cinema addormentato su se stesso che avrebbe bisogno di una scossetta e che invece si accontenta di ripetersi allo sfinimento.
*le due sequenze con Will Ferrell himself, prima con la "pioggia di dildo" e poi con i due angeli che insultano Piven in gospel, mi hanno fatto ridere come un cretino – e non nascondo un senso di leggera vergogna.
fregancazzo.
ti credo, ma io guardo qualunque cosa ci sia Jeremy Piven dentro.
vanz