The house of the devil, Ti West 2009

The house of the devil
di Ti West, 2009

Quando un film prende esplicitamente la strada dell’omaggio cinefilo, è inevitabile che si passi attraverso una fase in cui ci si domanda come e quanto il film riesca a riprodurre o a far riaffiorare lo spirito di un determinato tipo di cinema. Dopo ciò, è ovvio, bisognerebbe andare anche a vedere se il film riesca effettivamente a funzionare al di là del gioco citazionista, anche del più filologico e/o appassionato.

In tal senso, The house of the devil è una gran bella sorpresa, e lo è su entrambi i fronti: osannato da alcuni blog americani come uno dei migliori horror dell’anno (o addirittura il miglior) ma sostanzialmente apprezzato anche dalla critica più "tradizionale", il terzo film di Ti West, passato al vaglio del video-on-demand per poi trovare una distribuzione nelle sale americane in occasione di Halloween, è tutte e due le cose. Prima di tutto, è un film che riproduce in modo perfetto, dalla fotografia alle musiche, dai titoli alla struttura, la sensazione palpabile di un horror girato negli anni ’80 (oltre che ambientato negli anni ’80, per rendere tutto ancora più chiaro)

Che l’interesse del progetto vada in questa direzione lo dimostra anche la scelta di girare in 16mm invece che lasciare più facilmente alla post-produzione il lavoro di riproduzione della "patina" di quegli anni. Ma pur essendo un film che sembra nato appunto per far gongolare gli appassionati del genere, The house of the devil è molto altro – è un horror scaltro e ambizioso, quasi "intellettuale" eppure sinceramente "scary", un cupo incubo satanista come non se ne fanno più e girato come nessuno oserebbe più fare: rimandando allo sfinimento il "succo" della questione, montando il senso d’angoscia fino all’inevitabile doccia di sangue.

Il film è infatti tripartito: nella prima mezz’ora non succede assolutamente nulla, tutto è giocato su accenni musicali e "canoni" visivi e sonori (o entrambi: il telefono pubblico che squilla). A mezz’ora c’è una prima esplosione di violenza, improvvisa quanto annunciata, che rimane isolata ma che permette di alzare il tiro: da quel momento in poi ogni minimo dettaglio può diventare, e diventa, un tangibile presagio di morte. Per la catartica mezz’ora finale, con una chiusa beffarda in linea con i classici, bisogna aspettare più di un’ora.

Un gran film, a tutti gli effetti – anche grazie a un gran lavoro sul cast: i due padroni di casa Tom Noonan e Mary Woronov sono una garanzia, e c’è anche la stupenda Greta Gerwig, musa del cinema mumblecore. Ma il grosso del lavoro se lo accolla la semi-esordiente, meravigliosa, protagonista: Jocelin Donahue.

Link: Nanni Cobretti su I 400 Calci, Hunter Stephenson su Slashfilm, Metacritic.

7 Thoughts on “The house of the devil, Ti West 2009

  1. trovo interessante che questo post non abbia neanche un commento. come se una nicchia di carne si possa ancora ritagliare. come se la paura, se non è spappolata, resa al fulmicotone o con CGI, non fosse più paura. invece a me questo film l’ha fatta, paura intendo. 

  2.  nn volevo essere anonimo. li detesto gli anonimi. :)

  3. niente. ero chickenbroccoli.

  4. tranquillo, l’indirizzo del tuo blog appariva già nel quadratino :-)

  5. utente anonimo on 12 novembre 2009 at 20:10 said:

    a bene. hai per caso ricevuto l’"invito" esplosivo via mail (intendo la rivista, quella di carta, bang, l’arte e tutto il resto)?
    l’invito è sempre aperto.
    stasera Good, Zombie Stripper o Synecdoche, NY?
    mi sa che inciamperò su fringe. buf.

  6. Good? Non scherziamo.
    Synecdoche, New York, tutta la vita.

  7. utente anonimo on 13 novembre 2009 at 09:59 said:

     good quello con viggo. è così brutto? eppure viggo… oddio sì ha fatto pure appaloosa… be’ vabbè tanto non ho visto nessuno dei tre.

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