Una notte da leoni (The hangover)
di Todd Philips, 2009
Non ci sarebbe molto da dire su questo film, amatissimo dalla critica in patria e dagli amanti della commedia americana, che non si possa riassumere nella frase tanto sciocco quanto divertente. Insomma, se Cose molto cattive di Peter Berg aveva il coraggio di andare più in là su un canovaccio analogo mentre Philips si ferma alla divertita goliardia, e se il film non è proprio un gioiello di comicità raffinata (spesso è episodico e, come spesso accade, gioca molto su personaggi di secondo piano scelti dalla pletora di comici della nuova comicità USA: qui Ken Jeong e Rob Riggle), nonostante ciò The hangover è veramente uno dei film più spassosi dell’anno. Tutto lì, alla fine: ma volendo dire altro?
I punti di forza del film, che gli permettono di smarcarsi dagli ormai risaputi meccanismi della bromedy, misoginia scalpitante inclusa, sono fondamentalmente due. E il primo è ovviamente la struttura, che ha l’idea brillante di togliere del tutto dalla scena un elemento che chiunque si giocherebbe come cardine, cancellarlo e sostituirlo con tutta una specie di detection story e basando quindi l’intero film su un vero e proprio buco nero narrativo (che permette di giocare anche con aspettative e i meccanismi di sceneggiatura: la verità sul pollo?) per poi rivomitare il tutto fuori fuori alla fine, nei titoli di coda, quando si pensava che "la verità", tra virgolette, non sarebbe mai arrivata. Il risultato a quel punto è un’esplosione decisamente esilarante: ma non c’è dubbio, Philips e soci hanno scelto la strada più lunga, tortuosa e difficile. Onore a loro, visto che sono stati ben ripagati: scendendo a patti con il proprio cervello, ci si diverte davvero come pazzi. Tutto lì, alla fine: volevate di più?
Il "di più" è il secondo punto di forza, in realtà ancora più rilevante: ovvero il personaggio di Alan. Il vero elemento di rottura del film, una forza anarchica e devastante, a cui non sono solo affidate tutte le battute migliori ma che riesce tra le pieghe di frasi non dette ad aprire scenari quasi disturbanti – anche, perché no, en passant, sul contesto sociale in cui è inserito il film. Per lui e per Zach Galifianakis, scusatemi tanto, non ho parole se non di entusiasmo.
si, ok, hangover, 500 days. ma mann, santiddio???
ti ha messo in crisi e stai prendendo tempo, dì la verità : )
ciao e complimenti per il blog
-m
OT (Volendo puoi anche specificare che succede al fatidico minuto settantatré. Grazie.)
S.
Quoto il commento n°1
voglio, anzi esigo un commento DIRETTO su Mann senza gli abili artifici di il tuo battere sui tasti è capace.
sii, se lo ritieni necessario (come farei io), cattivo come lo saresti su un film italiano diretto da gigi d’alessio (nn c’entra un cazzo ma è la mia nemesi) e interpretato da nicolassssss vaporidisss e muccino jr, o Albakiara.
lillo
@anonimo #1: eheh non sto prendendo tempo, è soltanto in coda (prima di lui c’è pure in attesa il post su Moon, quindi Mann arriverà probabilmente domattina) ma la mia opinione l’ho espressa sinteticamente su twitter.
@anonimo #2: no problem: il minuto settantatré è questa sequenza qui
@lillo: eh infatti avevo letto su FB che P.E. ti ha molto deluso, e ti dico, non sei l’unico ad avermelo detto, e in fondo capisco anche forse (anche se ho sentito dire che è doppiato con il culo, io l’ho visto in inglese sottotitolato) ma in realtà nonostante io avessi una gran voglia di non farmelo piacere (così, tanto per fare il bastian contrario) alla fine mi è piaciuto… e manco poco. Domani ne scrivo più diffusamente, così puoi insultarmi davvero ehe
Uno dei migliori film del 2009, Alan vale il prezzo del biglietto
Crazy Simo
Ma Zach Galifianakis l’hai visto quanto è grande anche in Bored to death? Davvero parole di entusiasmo per lui, non posso che essere d’accordo.
Grande film. Di fondamentalmente diverso, infinitamente superiore da altri film di genere ‘goliardico’ americano c’è la struttura come hai detto, il togliere la notte tremenda che resta leit motive di tutto il film. E l’essere completamente strutturato sui ai dialoghi, al punto che il film è quasi una commedia da teatro. Così almeno mi ha divertito, stupito e mi è piaciuto. Le immagini sui titoli di coda, poi, sono una fantastica trovata finale.
Cosmo Vitelli
Com’è che, nonostante le critiche e la tua recensione piuttosto invitante a farsi 4 risate, non ho ancora un cazzo di voglia di recuperarlo?
Sei strano, utente anonimo #8, ti voglio conoscere.
Scherzi a parte: volevo unirmi al coro ed esultare alla prima commedia americana con una sceneggiatura da parecchio tempo a questa parte, la’ dove ultimamente ci si limitava a prendere Will Ferrell, John C. Reilly, Paul Rudd, David Koechner e compagnia, dargli un canovaccio di tre righe e sperare in Dio (che le prime volte e’ arrivato, poi piu’).
Nonostante il tuo commento convincente e ben scritto come sempre, non mi è venuta nessuna voglia di vedere questo film, lontano anni luce da me.
Confermo però che Galifianakis è un orso simpaticissimo.
1. A me è sembrato il classico film *sulla* misoginia, più che *con la*: forse lo smarcarsi dai meccanismi della bromedy più recente in questo ha aiutato.
2. Qualunque roba contenga una scena come questa si fa volere almeno un po’ di bene, giusto?
3. Bradley regna.
I’m not supposed to be within two hundred feet of a school… or a Chuck E. Cheese.
Mr. Chow… Leslie Chow… <a href="http://www.youtube.com/watch?v=5pg3C95dv2U"> What’re you talking about, Willis? That him! </a>
Black Doug: I always wondered why they were called roofies. Cause you’re more likely to end up on the floor than the roof. They should call em floories.
Alan Garner: Or rapies.
scusassero per il link da spaccalegna
What’re you talking about, Willis? That him!
ok, ma mi domando come mai chi studia comunicazione o la ha studiata non sia preso dalla curiosità di domandarsi da dove diavolo è uscito il target che riempie i cinema per vedere film del genere e per il quale i produttori americani abbiano deciso di fare film di questo tipo.
Dove stavano nascosti prima, e come mai sono usciti fuori nell’ultimo decennio.
E come mai in questo nuovo target ci siano tante donne.
@souffle
Sono intorno a noi, in mezzo a noi, in molti casi siamo noi ..
Le donne amano i "film senza donne" perché li vivono come il punto di convergenza tra la sci-fi e il porno omosessuale. Nessuna paura del confronto, premesse fuori dalla realtà, e tanto romanticismo situazionale.
(See also: "Moon".)