Gli abbracci spezzati (Los abrazos rotos)
di Pedro Almodóvar, 2009
Se il cinema di Almodóvar ha preso sempre più una piega definitivamente cinefila, di questo percorso Los abrazos rotos è probabilmente il punto di arrivo e il culmine: la mescolanza di noir e melodramma pesca sia dalla tradizione americana che da quella europea, ma questa volta si scoprono davvero quasi tutte le carte: quando in un film un personaggio si avvicina a uno scaffale pieno di dvd e comincia a elencarne i titoli è chiaro dove si voglia andare a parare.
Ma l’ultimo lavoro del regista spagnolo non è soltanto straboccante e strabordante di citazioni, spudoratamente compiaciuto nell’omaggiare il suo cinema del cuore (da Sirk a Malle a Visconti) e il suo stesso cinema (la riproposizione finale del metodo-Almodóvar anni ’80), ma è anche un’opera splendida a vedersi grazie alla fotografia satura e precisa (di Rodrigo Prieto, che viene da Inarritu) e soprattutto un film complesso e stratificato su una magnifica ossessione. Duplice: quella per una donna e quella per un film, per cui i nuclei narrativi come il triangolo amoroso e tematici come la scopofilia (una delle citazioni più palesi è quella di Peeping Tom, capolavoro di Michael Powell), rimandano sempre e comunque a un fattore comune: l’eterno abbraccio tra la vita e l’immagine, unite e insieme spezzate dalla lama bidimensionale di uno schermo.
Forse l’intenzione di girare la sua confessione definitiva di fronte all’altare del cinema, di "girare il suo 8 e mezzo" insomma (non a caso il film è presente nello scaffale di cui sopra) fallisce sotto il peso di una sceneggiatura che sa lavorare alla perfezione su stilemi dei generi ma che giunti alla resa dei conti non evita di dilungarsi in didascalie che parlano sicuramente meno di uno sguardo di Penélope Cruz. Ciò nonostante, è proprio in quest’abbraccio non più filtrato tra il regista e la sua arte che ritroviamo il miglior Almodóvar, ne riscopriamo la passionalità – e, qua e là, persino il genio.
Non ci ho fatto follie. l’ho trovato un po’ sfilacciato nello svolgimento della storia e sebbene ci fossero non poche parti a mio parere molto riuscite (una per tutte quella in cui la Cruz doppia se stessa), nel complesso non mi ha colpito più di tanto.
Mi è rimasta invece la curiosità di scoprire come va a finire il film "Donne con la valigia" e la voglia di andare a Lanzarote.
Ciao
No, ma dai, però, ti prego, non dire che Rodrigo Prieto viene da Inarritu, piango, Inarritu è il Male :-(
byron
Eheheheh… beh, non è che a ma stia simpaticissimo Inarritu!
Chiaramente Prieto ha fatto altro (per dire: ha fatto La 25a ora, Brokeback mountain e Lust caution), ma forse perché hanno lavorato esclusivamente insieme diciamo che i film di Inarritu sono quelli che ha contribuito di più a caratterizzare con il suo lavoro, secondo me.
io nella frase finale c’ho letto e sentito una sorta di autocritica… come se in alcuni dei suoi film definiti "migliori" in fondo avesse fatto e girato cose di cui non fosse pienamente convinto, soprattutto dal punto di vista tecnico. Ciò mi renderebbe molto contento perchè l’ho sempre pensato… o meglio ho semprepensato che alcune sue cose fossero approssimative. l’eleganza formale di questo film me lo conferma.
Per me il film di Almodovar che ho digerito meglio, per me.
come, "come va a finire chiacs y maletas"?
basta che guardi donne sull’orlo…di cui è praticamente il remake-specchio, no?
Peeping Tom, come altro, non è una citazione: è un cartellone da 20 metri piazzato come ingombrante sottotitolo in un film che rimesta e rimesta ma gira a vuoto e annoia, secondo me. Onanismo sfrenato.