Humpday
di Lynn Shelton, 2009
Non so per quanto ancora durerà la moda del mumblecore* nel cinema indipendente statunitense anche perché, se le star del movimento come Mark Duplass e Greta Gerwig hanno cominciato a espandere i loro confini (per dire, saranno entrambi in Greenberg di Noah Baumbach, la seconda come co-protagonista accanto a Ben Stiller), gli stessi film più rappresentativi di questo modo di fare cinema sono decisamente "cresciuti". Questo film, presentato alla Quinzaine di Cannes dopo essere stato a Sundance 2009 (quindi ne parliamo comunque troppo tardi) dove ha vinto un premio speciale della giuria, è un buon esempio.
Humpday è un film meno ingenuo di alcuni suoi "precedenti" e molto più maturo di quanto il suo soggetto voglia farci credere, oltre che palesemente più "pensato" – anche in relazione al contesto in cui è stato prodotto. Estremizzazione del buddy movie che contiene infatti al suo interno (come già faceva Baghead) anche una sonora dose di autoironia nei confronti del circuito che ha lanciato la moda stessa, ha come protagonista una coppia di amici, dichiaratamente etero, che decide di girare un porno gay indipendente in una stanza d’albergo per un festival a tema chiamato Humpfest. Uno soltanto perché non ha mai concluso niente nella vita, l’altro perché vuole dimostrare (al suo amico e soprattutto a se stesso) di non essersi "seduto" con il matrimonio. Tutto lì. Oppure no?
Il film è sceneggiato e diretto da Lynn Shelton, che si ritaglia un piccolo ruolo, e che mostra un talento notevole nell’uno e nell’altro compito: caratterizzato da dialoghi sagaci e da una costruzione narrativa tesa e in crescendo che sfocia (senza sfociare) nella memorabile sequenza conclusiva, con una soluzione finale osservata con malcelata malinconia e non senza impietoso sarcasmo, Humpday non è solo uno spasso indicibile ma ha il pregio di andare a guardare apertamente e con insistenza dietro le tendine del quotidiano. Scavando con le unghiette dentro ossessioni borghesi, senza risparmiare però anche piccole ipocrisie della cultura alternativa.
Ma Humpday non sarebbe la stessa cosa senza le performance perfette dei due protagonisti – il già citato habituè del mumblecore Mark Duplass e Joshua Leonard, niente meno che il Josh di The Blair Witch Project.
Il film non sembra avere distribuzione italiana, ma i diritti dovrebbero essere nelle mani della Archibald Enterprise Film. Speriamo che ne facciano buon uso.
*post precedenti: Quiet City, Hannah takes the stairs, In search of a midnight kiss, Baghead.
L’avevo visto qualche giorno fa e mi era piaciuto sì ma con riserve, nel senso che non sono ancora riuscito a decidermi sul finale: un po’ deludente, o sono io che avevo frainteso il senso del film fino a quel momento? Qui tu apri spiragli che non avevo del tutto colto (l’autorionia, le ipocrisie della cultura alternativa), ma non so se bastano a reggere un film.
LorB
Ma… si inculano?
Il film lo avevo visto durante la rassegna Cannes a Milano e ne scrissi qualcosa.
Uno dei suoi riferimenti più diretto è il cd. gay chicken movie, una variante del porno gay di cui è piena la rete.
(pssst mi sa che si chiamava in seacrh <i>of</i> a midnight kiss)
cioe' no, insomma, tipo, ti volevo dire, gia', amico, ho visto il fillm ecco, in italiano. proprio da sbroccare, insomma, parlano circa cosi i protagonisti, capisci?