Alexander the Last
di Joe Swanberg, 2009
Se ne parla sempre di meno, non solo da queste parti, ma il mumblecore è ancora vivo. Forse ancora per poco: spinti probabilmente dal successo di Humpday e di Baghead, i fratelli Duplass hanno infatti da poco girato Cyrus, proiettato già al Sundance di quest'anno e presto al SXSW, che con il suo cast (Jonah Hill, John C. Reilly, Catherine Keener e Marisa Tomei) ha tutte le carte per mettere dopo cinque anni un punto alla fine di questa strana parentesi produttiva del cinema super-indipendente americano.
Oppure no? Nel frattempo infatti un film come Alexander the Last sembra quasi la riconferma, al contrario, di una vitalità che non sembra affatto aver intaccato il sistema con cui questi film vengono prodotti e girati. Joe Swanberg, uno dei primatisti di questo "movimento", tra altissime virgolette, già regista del curioso Hannah takes the stairs, non sembra interessato a scalfire il "metodo mumblecore" – anch'esso tra virgolette. Attese, silenzi, linguaggio cinematografico scarnificato, logorrea e improvvisazione, musica intradiegetica accuratamente scelta, pochissime concessioni ai ritmi del cinema odierno, moltissime quelle autoriflessive.
In un certo senso, fa bene: anche grazie al cast, con la riconferma dell'ottima Jess Weixler già protagonista di Teeth, Alexander the Last è probabilmente il suo film migliore*, e riesce a trasmettere ancora nel 2009 quell'affascinante mistura tra una schietta e quasi frastornante sincerità e una scaltra intelligenza produttiva (soprattutto nel saper parlare a una generazione di venti-trentenni forse in minoranza numerica ma fortemente incisivi sul mercato del cinema indipendente, soprattutto dei festival), che caratterizzava i primi film di registi come Bujalski, Katz, e degli stessi Swanberg e Duplass.
E dà l'impressione che, se da una parte si può andare nella direzione di un'applicazione di questo sistema a un cinema di più largo consumo, non ci sia ragione per rinunciare alle proprie ossessioni, e con esse alla propria nicchia, per esempio con un piccolo film che, davvero con un niente, con l'arma dell'ironia e dell'autoreferenzialità e senza alzare troppo le ambizioni, con la coscienza dei propri limiti ma con dialoghi che vanno dritti al punto come frecce appuntite, riesce a dire delle cose profondamente vere sulla civiltà urbana e sui rapporti umani.
Scordatevi un'uscita italiana: l'unico film mumblecore ad uscire sarà Humpday, distribuito nei prossimi mesi con un titolo che preferisco non ripetere.
*ma di Nights and weekends, che ancora mi manca, si leggono buone cose.
mi sono fatto del male, ho letto il (sotto?)titolo italiano di humpday. torno a vomitare
vedi perché non l'ho scritto?
Un mercoledì da cialtroni???
(scusate ma qualcuno doveva pur sporcarsi le mani)
ossignur… gli adattatori italiani non si fermano davanti a nulla…
Nights and Weekends mi è piaciuto molto e questo conto di recuperarlo al più presto. L'altra notte ho visto Medicine for Melancholy che secondo me seppur trasversalmente (un po' come In Search of a Midnight Kiss) si può inserire nel filone mumblecore e te lo consiglio caldamente!
Lenny Nero