The Messenger, Oren Moverman 2009

The Messenger*
di Oren Moverman, 2009

Il primo film diretto da Oren Moverman, già co-sceneggiatore di I’m not there di Todd Haynes, è molto più ambizioso di quanto possa far intuire la natura più prettamente politica del suo "messaggio" (tra virgolette) e del suo percorso narrativo, raccontare "la guerra in casa", spostare il baricentro su quelli che aspettano, con i soldati che vagano porta a porta preposti al ruolo delle omeriche vele nere.

The Messenger, oltre a ciò, funziona soprattutto come una sorta di analisi quasi etnografica: le missioni dei due protagonisti fungono infatti come una vera e propria casistica della reazione alla notizia di un lutto – dal pianto disperato, all’accettazione alla rabbia. Questo è, in un certo senso ovviamente, l’aspetto più forte e intenso del film, in cui Moverman e il co-sceneggiatore, il padovano Alessandro Camon, riescono ad affrontare la perdita con grande maturità, aiutati dalla dualità di punti di vista e al rapporto stesso tra i due protagonisti.

C’è poi tutto il resto del film, che viaggia appunto sul binario di questo rapporto mentore/allievo, ribaltato poi dai fatti come narrazione di norma richiede, oltre ovviamente alle vicende che riguardano solo il personaggio di Ben Foster (tenendo conto che ogni inquadratura in cui non è presente Woody Harrelson suona quasi come una temporanea disfatta), la storia d’amore con la vedova Samantha Morton, quella con Jena Malone, entrambe assolutamente centrali all’interno del film eppure molto più deboli rispetto a tutto il resto.

Questa diversità di movimenti e intenzioni all’interno del film, se pure complica le cose (ed è cosa buona e giusta), impedisce anche al film di spiccare il volo fino in fondo. Un risultato forse ricercato anche dalla tendenza a spezzare i climax con un distacco che si trasforma poi lentamente in una pallida speranza – su come il dolore possa essere, a suo modo, un sincero e ineffabile legante di emozioni a esso contrapposte, ben oltre la possibilità che il lutto mandi l’animo semplicemente fuori controllo.

In ogni caso: quando funziona, funziona in modo eccellente: nonostante non sappia sempre dove sta andando, The Messenger contiene pur sempre alcune delle sequenze più crude e strazianti degli ultimi tempi, una tra tutte quella della ragazza che scopre di essere rimasta vedova di fronte al padre senza aver detto a quest’ultimo di essersi sposata – roba che ti rimane incollata allo stomaco per qualche giorno, e non c’è verso di mandarla via.

*il film è uscito in italia con il bruttissimo e fuorviante titolo Oltre le regole, ma io l’ho visto in lingua originale e quindi ciccia.

8 Thoughts on “The Messenger, Oren Moverman 2009

  1. Ho la sensazione, confermata dalla visione di questo film, che Harrelson doppiato perda del tutto la sua forza. Ha quella voce biascicata, impastata che rende benissimo i suoi personaggi. Se poi, come scrivi, e concordo pienamente, aggiungiamo che i momenti migliori del film sono proprio quelli con Harrelson…

  2. Boh, anche Ben Foster è bravo, anche se personalmente passo tutto il film a pensare che voglio dargli uno schiaffone in faccia – e comunque accanto a Harrelson diventa piccolo così.

  3. utente anonimo on 5 maggio 2010 at 19:01 said:

    Il fatto che un post su Iron Man 2  latiti ancora è foriero di oscuri presagi…

    Fab

  4. No, latita perché è in coda (e prima di lui ce n'è un altro). Domani, se trovo il tempo.

  5. Cioé, quindi il tuo rapporto con Ben Foster è lo stesso che lega me e Steve Zahn in "Treme"? Forse è perché sono BIANCHI?

  6. Tant'è che voglio menare anche Steve Zahn.

  7. Io non riesco a guardare il PIANISTA HIPSTER senza mettere mano allo schioppo del nonno, vedete voi.

  8. Un bellissimo film che  imperdonabilmente l’Academy si è lasciato sfuggire, preferendogli prodotti banali o inutili.

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