Micmacs à tire-larigot
di Jean-Pierre Jeunet, 2009
Sono pochissimi (forse nessuno) i registi francesi dell’ultimo quarto di secolo ad aver avuto la stessa fortuna e riconoscibilità globale di Jean-Pierre Jeunet. Senza dubbio, in qualche modo, tutto nasce da quel gioiello di Delicatessen, diretto nel 1991 in coppia con Marc Caro, la cui notorierietà è però quasi del tutto irrilevante se confrontata con quella di Il favoloso mondo di Amélie – con tutta probabilità, uno dei film europei più visti di sempre, nel mondo. Piaccia o meno: da queste parti, lo dico, quel film è un beniamino.
Ciò nonostante, Jeunet si è sempre risparmiato molto, ha diretto soltanto sei pellicole nel giro di quasi vent’anni, e non si è nemmeno più fatto tentare dagli states dopo Alien: La Clonazione, film gustosissimo e sottovalutato. Insomma, è rimasto sostanzialmente uguale (o fedele?) a se stesso, procurandosi moltissimi fan ma pure non pochi nemici – spesso e volentieri per il fatto che il cinismo crudelissimo e satirico di Delicatessen e i neri toni fiabeschi del successivo La città perduta fossero stati allentati in seguito da un romanticismo assolutamente sfrenato che in molti hanno scambiato per mera iperglicemia, discostandosi comodamente dall’opera del regista (divenuto troppo celebre per essere anche amato?).
Micmacs à tire-larigot non dovrebbe suonare come una sorpresa per nessuno che abbia visto i suoi film precedenti: un film estremamente grafico, caricaturale, ingenuo e forse infantile nel trasmettere il suo universale messaggio di pace – e, proprio per tutte queste ragioni, assolutamente irresistibile. A patto ovviamente di saper scendere a compromessi con il proprio cinismo, di saperlo mettere da part, e ne vale la pena perché ci si diverte come matti: Micmacs pesca dalla cinefilia, dal circo e dal fumetto d’autore per raccontare un’inarrestabile e comicissima rivincita degli oppressi e degli emarginati e, grazie alla prima collaborazione di Jeunet con il direttore della fotografia Tetsuo Nagata, è anche visivamente sorprendente, con un gusto della composizione (anche cromatica) che mostra come, nonostante le innumerevoli imitazioni che negli ultimi 10 anni hanno creato quasi un sottogenere nel cinema europeo, Jeunet abbia ancora uno stile solidissimo.
Tra l’altro, in Micmacs il regista recupera alcuni tratti della sua magnifica opera prima, non solo auto-citandosi in una breve inquadratura che farà scendere i lucciconi dagli occhi a chi è cresciuto con Delicatessen, ma meno specificamente recuperando quel talento nel narrare, più che con le parole, attraverso il linguaggio del corpo dei suoi attori-acrobati (Dany Boon è un ex mimo, la ballerina-contorsionista Julie Ferrer ha un passato nel circo, Dominique Pinon è Dominique Pinon), rinunciando al dominio del voice over che aveva forse appesantito un altro film bellissimo e sottovalutato di Jeunet – ovvero il suo penultimo, Una lunga domenica di passioni.
Insomma, questo è un film di Jean-Pierre Jeunet, in tutto e per tutto – ma che potrebbe anche riavvicinare alcuni aficionados della prima ora, se decideranno di stare al gioco fino in fondo. Prendere o lasciare. Fate voi: io me ne sto qui, a braccia aperte.
Non mi risulta sia prevista per ora una data d’uscita italiana. Nel frattempo, in patria il film è uscito sia in DVD che in Blu-Ray.
Provo ad indovinare, non è prevista un uscita italiana?
Orph
È scritto!
Prima non c'era é_è
Orph
visto (in francese sottotitolato in inglese!) e mi piaciuto molto.
Al termine della discesa nel camino ho avuto i lucciconi agli occhi anch'io…
Dany Boon è una gran testa di c…
Jeunet è un po' uno stronzone…
però va be' il film non è male per nulla…
però Adele Blanc Sec è meglio.
Alfio
Non ci credo nemmeno se me lo giuri.
Ma non è belga? Jeunet, dico.
No, è francese.
giurare su un francese nn giuro… diciamo che mi è garbato di più…
alfio