The Twilight Saga: Eclipse
di David Slade, 2010
Premessa essenziale: non ho visto Twilight se non a spizzichi e bocconi frammentati e sparsi. Potrei dire "è come se l’avessi visto", ma facciamo anche no. Di New Moon invece, sotto coercizione e un po’ anche per il lol, ho visto una copia intera anche se di scarsa qualità. Quindi se volete dirmi che non ho il diritto di parlare di Eclipse perché "mi mancano le basi" per me va bene. Io da un certo punto di vista lo considero un vantaggio: la mia ricercatissima ignoranza mi ha permesso di assistere al terzo capitolo della saga a mente serena, di considerarlo un film a sé stante.
Eclipse fa vomitare.
Ma al di là del giudizio in sé su questo film, uno dei più brutti, sgraziati e ridicoli che mi sia mai capitato di vedere durante la mia vita di spettatore, una delle cose che mi sono chiesto all’uscita del film, ma che a dire il vero mi rimbalzava in mente durante l’intera proiezione, è stata: com’è possibile che un’intera generazione di spettatori che generalmente considera "lento" o "noioso" qualunque prodotto in cui ci si fermi per riflettere un paio di minuti o dove i piani durino più di 12 secondi alla volta, sia andata fuori di testa per film in cui non si fa altro che parlare e parlare, in cui pur di non mostrare una goccia di sangue ci si è inventati questa cazzata che i vampiri sono fatti di ghiacciolino (e con una sberla schiattano) e dove l’azione è ridotta a una manciata di minuti verso la fine? Peraltro un’azione girata con il culo? Non è che in Eclipse non succeda niente, si intenda: anzi, è un gran casino capirci qualcosa, ci sono una montagna di personaggi, spesso già morti nei capitoli precedenti (mea culpa: e chi si ricorda chi diavolo è tizio e chi è caio?) e una marea di intrighi politici, etnici e romantici da sbrogliare: ma tutto sembra succedere fuori campo, in un film che i personaggi si fanno nella loro testa.
Questa è la cosa più stupefacente: i fatti vengono perlopiù raccontati e non vissuti, alcune volte ricorrendo al flashback per interrompere almeno per qualche minuto la piattezza sconfortante del film (buona intenzione, pessima realizzazione: non basta mettere un filtro per diventare suggestivo) spesso allungando un dialogo fino allo sfinimento del proprio apparato riproduttivo – e non è una metafora casuale, eh. Uno potrebbe obiettare che un eccesso di dialogo è sempre meglio di un eccesso di vacua azione: sarebbe vero se non fosse che i dialoghi di Eclipse sembrano scritti in un pomeriggio al parco da un gruppo di ragazze adolescenti nate vecchie, con un vocabolario di un centinaio di parole al massimo, e recitati sempre con questo tono mortifero completamente privo di pathos. Però sempre serissimi, senza mai un briciolo di ironia (tranne quando la si butta sul ridere, vedremo poi) e inframmezzati dalle ormai famose "pause" tra una frase e l’altra che li rendono del tutto indigeribili ma che aiutano a raggiungere il minutaggio del contratto. Se a ciò aggiungiamo la recitazione assolutamente imbarazzante del terzetto di protagonisti (per tacere della giungla di imbarazzanti comprimari, come Bryce Dallas Howard, pagata fior di quattrini per salire sul treno in corsa a dire quattro stronzate in 5 minuti netti: guardate questo film e poi provate a lamentarvi ancora di Evan Rachel Wood in True Blood) e la presenza alimentare e invisibile di David Slade (uno che ci sa fare, qui chinato completamente alle esigenze del format: l’unica idea di regia che ho visto è stata un’inquadratura dall’alto di Bella che sale in macchina nei primissimi minuti, poi niente per due ore filate) Eclipse è un’esperienza che si avvicina più a uno spettacolo teatrale di fine anno di una scuola media, o al massimo di un liceo con dei pessimi attori, in ogni caso, per capirci, uno spettacolo pallosissimo e amatoriale, che a una pellicola che può permettersi di sorpassare dei record d’incasso mondiali o cose così.
In fondo, Eclipse ha in tutto e per tutto l’aspetto di uno straight-to-video per educande da collegio, senz’altro per ragioni estetiche (il film per la maggior parte del tempo sembra voler rimediare a carenze di budget che in realtà sappiamo non esistono, e la fotografia tutta primissimi piani e luci smarmellate e il make-up obitoriale contribuiscono alla plastificazione totale) ma non solo: sembra proprio una di quelle cassette che le suore lasciano tenere vicino al videoregistratore nella sala comune perché è vero che si baciano ma poi quel che conta è il messaggio. E possiamo fare tutti gli sforzi che vogliamo per parlare di un film solo per le sue qualità cinematografiche e non per ciò che vorrebbe veicolare, ma davanti alle molteplici scene in cui Pattinson respinge Bella perché non c’è verso che si scopi prima del matrimonio, con il risultato che lei, una ragazza sostanzialmente normale (se non fosse per i suoi gusti di merda in fatto di uomini: cosa prendo oggi, vampiri semi-stalker castranti e profondamente rompicoglioni o licantropi mitomani con un’ossessione per l’ostenzazione del proprio corpo nudo?), anzi, una ragazza americana di provincia bona che è arrivata vergine al diploma, ci fa la figura della maiala, beh, davanti a tutto questo i tentativi di lasciar perdere scricchiolano che è una meraviglia.
Poi, come accennavo, ci sono i momenti in cui il film decide di rivolgersi al pubblico e la butta completamente sulla ghignata: tutti gli spunti vagamente ironici del film, che come ho detto per il 90% del tempo è serissimo ma senza riuscire a essere minimamente minaccioso (anche perché è difficile prendere sul serio personaggi come quelli di Peter Facinelli o Kellan Lutz, che sono conciati come una versione borghese/criptofrocia dei Masters of the Universe, ma senza quella particolare ricchezza espressiva che hanno le action figure), tutti questi spunti dicevo sono completamente autoreferenziali. Arriva Jakob e Edward è tutto un "ma una camicia non ce l’ha?". E giù risate. E Bella dice al padre "Sono vergine", e il padre è tutto un "adesso Edward comincia a piacermi", e giù risate. Per tacere della sequenza nella tenda con il dialogo tra Edward e Jakob che urla Brokeback Mountain così forte che lo senti fino a fondo valle. Questo dovrebbe essere un motivo per salvarlo in parte? Il fatto che si derida da solo? Che non stiamo solo chiaramente assistendo a una delle più sonore (e costose, a veder gli incassi) bufale degli ultimi anni, ma che si tratta di una bufala deliberata e pure un pochetto maliziosa? Che, insomma, nemmeno il film stesso ci creda, a questa robaccia? Ma non credo proprio.