After.Life, Agnieszka Wojtowicz-Vosloo 2009

After.Life
di Agnieszka Wojtowicz-Vosloo, 2009

Non è necessario essere particolarmente sensibili al fascino femminile, oppure più specificamente al fascino di Christina Ricci, per rendersi conto che in After.Life l’attrice è completamente nuda per una buona metà del film. Perché nonostante sia vincolata allo sviluppo narrativo, questa è una scelta decisamente forte e che contribuisce a formare il film stesso. Con il rischio di arrivare a etichettarlo, purtroppo, come fosse una chiave di ricerca o un tag: "Christina Ricci nuda morta". Che la ex Mercoledì Addams non avesse particolari remore a farsi trascinare in progetti simili l’avevamo già capito con il gustoso e purtroppo poco visto Black Snake Moan (tag: "Christina Ricci nuda legata negri") e con l’indimenticato The opposite of sex (tag: "Christina Ricci nuda dice parolacce pompino").

In ogni caso, a parte queste accantonabili inezie, è la sua ipnotica presenza sullo schermo a fare la differenza in After.Life: merito senza dubbio della sua conformazione fisica e della sua innegabile ma inesplicabile fotogenia, ma anche della sua ambigua bellezza bambolesca che ben si adatta alle condizioni del personaggio e che trova una complice ideale nella fotografia obitoriale di Anastas Michos. Al suo posto da principio doveva esserci Kate Bosworth: va da sé, non sarebbe stato lo stesso. Per il resto, l’esordio della regista trentacinquenne di origine polacca dal nome impronunciabile, scritto insieme al marito Paul Vosloo, è un piccolo horror indipendente senza (troppo) sangue che molte recensioni americane hanno avvicinato alle atmosfere e, ancor meglio, al sistema narrativo di The Twilight Zone. Una cosa che suonerebbe come un complimento se non fosse che, quando accade, cioè piuttosto spesso, generalmente significa: c’è materiale per 25 minuti ma spalmato su 100 minuti. Non è del tutto errato: After.Life ha una sola idea, e buona (che ha a che fare, senza spoiler, con la confusione delle acque riguardo all’ontologia e alla percezione della realtà da parte dei personaggi) e cerca di fare il possibile perché questa singola idea renda il più possibile. Ce la fa, fino a un certo punto – il film è sommariamente godibile, e poi c’è Christina Ricci nuda morta – ma in definitiva, forse per lo sforzo di sembrare più cool di quanto non sia veramente, After.Life risulta anche inerte e freddo come una camera mortuaria.

Justin Long timbra il cartellino dove c’è scritto fidanzato di tizia a cui succede una roba soprannaturale e si sbatte ma mi sa che non c’è trippa per gatti. Ormai ci avrà fatto il callo.

3 Thoughts on “After.Life, Agnieszka Wojtowicz-Vosloo 2009

  1. Io ancora non ho capito se lei sia viva o morta, cmq sì se ci fosse stata la Bosworth non sarebbe stato lo stesso. Go Christina!

    Blackhair

  2. Maledetto, mi hai rovinato l’illusione che la regista fosse moglie di Arnold Vosloo :(

    Nanni

  3. utente anonimo on 29 luglio 2010 at 10:40 said:

    Donna nana, tutta tana

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