Tra Hatchet e il suo atteso sequel, il ritorno di Adam Green dietro la macchina da presa si rivela come una delle più belle sorprese del cinema horror degli ultimi tempi, andando finalmente a confermare tutte le aspettative che il film precedente aveva creato nei cuori dei fan. Perché se Frozen si configura per sua natura quasi immediatamente come un film-scommessa (come è possibile girare un lungometraggio ambientato quasi esclusivamente su una seggiovia bloccata a dieci da terra?) in realtà fa un bel passo oltre.
La fortuna di Adam Green è senz’altro quella di aver trovato uno “slot” libero di tutto rispetto: un timore estremamente diffuso ma “sotterraneo” che fa leva però su una serie di paure ancestrali e spesso dimenticate (il gelo, il buio, la solitudine, gli animali feroci) e su cui nessuno aveva mai concentrato un intero film. Ma quella del regista 35enne non è solo fortuna: Green conosce alla perfezione i meccanismi della suspense (visivi e sonori) e riesce a sfruttare con abilità tutte le potenzialità insite in una simile ambientazione, giocando con il caso e mostrando un sadismo davvero micidiale nei confronti dei suoi personaggi – ma anche uno sforzo non indifferente nel tratteggiare i loro rapporti (il tempo non manca), lavorando sodo sull’immedesimazione con la banalità.
Quello che fa Frozen è, in definitiva, riportare l’umanità al grado zero: la fa ripiombare all’improvviso nella preistoria, spegnendo letteralmente l’evoluzione tecnologica, rimettendo in comunicazione l’istinto di sopravvivenza dell’uomo contemporaneo con pericoli e minacce di fronte ai quali è del tutto inadeguato. E questo è ciò che rende Frozen così più inquietante, spaventoso, e stimolante.
L’ Open Water del gelo, in parole povere.
Tutto bello fino alle ultime 4 righe e mezzo, che, fosse stato lo scopo del regista, ci starebbe anche (ma da uno che ha fatto Hatchet sinceramente…!), ma dette da te servono solo ad infiocchettare un film, carino, fatto bene, teso, ma nulla più.
Giovani cinefili non aggiungete pareri personali impropri, idee sbilenche, ellissi autoriali; e se lo fate, please, mettete almeno i link….o Adam Green te l’ha bisbigliato nell’orecchio alla fermata del bus?
P.s.: col nuovo blog, lo scroll è lento!
beh pensare che nel 2010 tre ragazzetti made in US non tirino fuori dal proprio taschino The North Face un bel iPhone 4G per chiamare i soccorsi un po’ il nervus me lo fa venire!
lol però all’inizio del film spiegano esplicitamente che loro non si portano il cellulare sulla pista (non chiedermi perché)
Io l’ ho trovato un giochino e poco più, ma fatto piuttosto bene sia a livello di regia (non era certo facile) che di mantenimento della tensione.
Un’ansia boia per un’oretta piena.
Piaciuto.