The housemaid, Im Sang-soo 2010

The housemaid (Hanyo)
di Im Sang-soo, 2010

Presentato all’ultimo Festival di Cannes, The housemaid è il sesto film diretto da uno dei più talentuosi registi della Corea del Sud, noto dalle nostre parti soprattutto per La moglie dell’avvocato (stranamente uscito nelle sale italiane) e che nei suoi precedenti due lavori, gli eccellenti The president’s last bang e The old garden, era riuscito nell’obiettivo di unire alla perfezione storie intense di personaggi con la ricostruzione di momenti storici recenti e ben precisi, ancora vivi e dolorosi nell’immaginario collettivo coreano.

The Housemaid è il remake di un classico del cinema coreano diretto da Kim Ki-young nel 1960 e racconta la storia di Eun-yi, una ragazza di bassa estrazione sociale che viene assunta per lavorare in una villa per una coppia ricchissima, come governante e babysitter di una coppia di gemelli non ancora nati, finché non viene travolta dagli eventi a causa dei capricci sessuali del suo datore di lavoro. Ma nonostante la progressione narrativa si rifaccia a meccanismi melò più tradizionali, Im non si accontenta affatto di rimanere ancorato a una prospettiva meno ambiziosa del solito o legato alla mera psicologia dei suoi personaggi: in realtà il film è una pungente e irresistibile parabola sui rapporti di potere e di classe in Corea del Sud.

Da una parte c’è il divario economico che spezza in due il paese, con ville da sogno in mano a famiglie di eterni bambini che ogni sera bevono una bottiglia di vino pregiato e ascoltano musica classica in soggiorno e una parte di popolazione che è costretta dalle proprie condizioni sociali al compromesso più bieco, che può sfociare addirittura in una nuova forma di schiavitù o di prostituzione dell’individuo. Dall’altra, ancora più rilevante, c’è il divario tra uomini e donne: e il ritratto feroce e disincantato, tratteggiato con cinismo e senza mezze misure negli altri tre personaggi femminili, cela dietro una prospettiva apparentemente misogina una lucidissima considerazione del potere smisurato dell’universo maschile.

In tal senso, le parole più rivelatorie e illuminanti dell’intero film sono quelle pronunciate dalla giovane madre di Hae-Ra, la ragazza incinta, per convincerla a far buon viso a cattivo gioco di fronte ai tradimenti del marito: “tutti gli uomini in quella famiglia sono così. Guarda tua suocera: ha dovuto attraversare cose orrende per colpa di quegli uomini. La gente normale non potrebbe nemmeno immaginarlo. Ma ha tenuto duro, per diventare quello che è oggi. E guardala ora: tutti venerano la terra dove cammina. Anche tu sarai così”. Ed Eun-yi è il punto di incontro di queste diseguaglianze, l’ultimo anello della catena sociale, una donna costretta a umiliarsi e a chiedere scusa per gli errori e le inguistizie altrui – e che proprio sul suo corpo gioca la sua inflessibile, disperata quanto definitiva vendetta.

5 Thoughts on “The housemaid, Im Sang-soo 2010

  1. beatrice on 22 settembre 2010 at 14:20 said:

    Ok, ma cosa mi dici di tutte quelle citazioni più o meno colte, che strizzano l’occhio di continuo all’occidente, senza però arrivare mai a qualcosa che travalichi il cliché? E del finale incomprensibile cos’hai pensato? Io sono stata a pensare giorni a questo film, che mi ha lasciato una sensazione un po’ irritante di non avere capito granché, per poi alla fine liberarmene con un bel “troppo presuntuoso”. Ma mi rendo conto di peccare di ignoranza e di pigrizia. Mi illumini?

  2. Posso chiederti una cosa che vorrei da tempo: come mai non metti, a chiosa della recensione, qualcosa che riepiloghi e faccia capire subito se il film ti è piaciuto o meno, e soprattutto “quanto”?

    • Credo che la risposta più semplice sia “perché no”. Al limite “perché non mi piace”.
      Più dettagliatamente: “quantificare il gradimento” svilisce un po’ tutto il resto, o meglio nel mio caso sento che svilirebbe gran parte di quel che cerco di fare all’interno di un post che vuole avere un suo senso anche al di là del gradimento stesso, in cui insomma non si dice solo se un film è bello o brutto o medio. La cosa vale anche per i blog in generale, ma è un pensiero del tutto mio.
      In ogni caso, se qualcuno non ha la pazienza di leggere quattro paragrafi in croce, nemmeno troppo sibillini, ma voleva solo un voto in scala di dieci, forse ha sbagliato blog.
      L’eccezione sono i quadratini della connection – con quelli mi diverto, ma ammetto che ormai li do spesso un po’ a casaccio, appunto.
      Se invece volevi sapere specificamente di questo film: è bellissimo, è un otto e mezzo, sono quattro quadratini su cinque, da vedere. ;)

  3. è solo una mia curiosità e non una critica sia chiaro anche perchè io leggo fino all’ultima tua riga (mi rileggo anche i vecchi post, ma vecchi vecchi). solo che, a volte, non capisco “quanto” ti è piaciuto il film, o quanto non ti è piaciuto… resto lì indeciso sarà un 3,5 o un 4? ma questo è un problema solo mio, ripeto, nessuna critica

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