Dream Home / Love in a puff, Pang Ho-Cheung 2010

Per evitare di ripetere le stesse cose due volte, contravvengo per una volta all’abitudine di scrivere un post per ogni singolo film: in questo caso parliamo infatti di due film diretti dallo stesso regista hongkonghese, il bravissimo Pang Ho-Cheung, usciti nel medesimo anno. Ma che non potrebbero essere più diversi. Oppure no?

Dream Home (Wai dor lei ah yut ho)
di Pang Ho-Cheung, 2010

Una ragazza si introduce in uno stabile e fa una vera carneficina: prima ammazza il custode, poi entra in due appartamenti e uccide uno per uno gli inquilini e alcuni malcapitati. Nel frattempo, i flashback ci raccontano gradualmente la storia della protagonista, il suo rapporto con i genitori e con il lavoro, la sua ossessione per quella casa le cui finestre danno sul mare. La soluzione dell’enigma narrativo da un certo punto in poi è abbastanza chiara, ma non è quello che conta: Dream Home è uno degli slasher più duri e impressionanti degli ultimi anni, che ispirandosi ai classici del genere (giallo all’italiana incluso, complice la favolosa fotografia pop di Yu Lik-wai e la colonna sonora dell’italiano Gabriele Roberto) funziona perfettamente anche come operazione spiccatamente satirica sulla Hong Kong di oggi, iperbole violenta e sopra le righe che scopre i nervi di un’autentica crisi sociale ed economica apparentemente insanabile. Lungi quindi dall’essere una sequela di ammazzamenti fine a sé stessa, anzi – anche la cosa più divertente da raccontare di Dream Home, a parte la risoluzione finale, è senz’altro il gusto sadico con cui Pang mette in scena questi singoli omicidi, passando con facilità estrema dai dettagli più gore e spietati (l’incipit, la ragazza incinta) a contrappassi ironici ed enfatizzati (il fattone ucciso con il suo stesso bong) che alleggeriscono “a modo loro” un film di fronte al quale è sinceramente difficile tenere aperti gli occhi tutto il tempo. Alla larga i sensibiloni, quindi. Ma per tutti gli altri, è una bomba assoluta. Imperdibile.

Love in a puff (Chi ming yu chun giu)
di Pang Ho-Cheung, 2010

Dall’inizio del 2007 anche a Hong Kong è entrato in vigore il divieto di fumo nei luoghi pubblici, in modo molto simile a quanto successo due anni prima nel nostro paese – anche se apparentemente più rigoroso. Uno degli effetti più curiosi è stata la nascita di un nuovo tipo di aggregazione sociale nella città: piccoli gruppi di persone, spesso sconosciute e provenienti da diversi ambienti lavorativi, si ritrovano intorno a un posacenere per consumare cibo da asporto e l’agognata sigaretta in libertà. L’idea brillante di Pang (sarebbe un ottimo spunto anche per il nostro paese, se ci fosse un regista in grado di fare come l’hongkonghese e di non applicare etichette morali ai fumatori) è quella di far partire una storia d’amore proprio da questo pretesto narrativo: Cherie è una commessa di Sephora, Jimmy è qualche anno più giovane e lavora in un’agenzia pubblicitaria, si incontrano proprio durante una “pausa sigaretta”, e durante una lunga settimana prendono in mano le loro vite e le rivedono completamente alla luce di un amore improvviso, forse tardivo, inatteso e quasi impalpabile. Un film leggero e gradevolissimo, adorabilmente logorroico (i dialoghi sono tanti, molto onesti, divertentissimi) e interpretato stupendamente da Miriam Yeung e Shawn Yue. Sembra una cosa da poco, ma è un caso esemplare di commedia romantica, intelligente e moderna. No, non è una cosa da poco.

Con questi due film, usciti in patria a un paio di mesi di distanza l’uno dall’altro, Pang si riconferma come uno dei talenti più eclettici del cinema hongkonghese. Ma nonostante le ovvie diversità tra un horror sanguinario e un film sentimentale, non è una forzatura dire che le due opere hanno più di un punto di contatto: entrambe utilizzano le regole del gioco, in modo preciso e allo stesso tempo molto libero, per far affiorare una riflessione sulle contraddizioni della città in cui sono ambientate le sue storie, su come Hong Kong sia cambiata e continui a mutare a più di 10 anni dal cosiddetto “handover”. In tal senso, se i due film sembrano meno ambiziosi e “autoriali” di sue straordinarie opere precedenti come Exodus o Isabella, è proprio in questa commistione tra cinema di genere e analisi sociale che si trova la loro bellezza: due film indubbiamente riusciti (soprattutto l’incredibile Dream Home) ma che visti in coppia sono forse il risultato più felice di uno degli autori più interessanti, curiosi e vitali di tutto il cinema asiatico contemporaneo.

Entrambi i film sono disponibili su YesAsia in edizioni hongkonghesi: piuttosto economiche ma appartenenti alla Regione 3 dei dvd e alla Regione A dei blu-ray. In ogni caso, se non avete problemi con le zone: qui Dream Home e qui Love in a Puff in dvd, qui il primo e qui il secondo in blu-ray.

5 Thoughts on “Dream Home / Love in a puff, Pang Ho-Cheung 2010

  1. Il modo in cui si risolve la scena dei poliziotti è qualcosa di straordinario, meraviglioso, geniale

  2. Non ho ancora visto Love in a Puff, ma su Dream Home concordo totalmente: il miglior film visto al Feff 2010.

  3. Bella la maniera made in Hong Kong di risolvere la gentrificazione, Dream Home è davvero un gran bel film!

  4. Raevan on 16 novembre 2010 at 10:23 said:

    mi viene in mente il racconto di king “la gente delle dieci”, solo che lì ai tizi che si incontravano da sconosciuti/amici per fumare succedeva qualcosa di peggio che non di innamorarsi…

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