Nessuno mi può giudicare
di Massimiliano Bruno, 2011
Non mi capita spesso di divertirmi davvero con una commedia italiana odierna: a dire il vero, non mi capita quasi mai. Parte dei film che ci provano li evito per questo o quel pregiudizio, i rimanenti mi lasciano quasi sempre insoddisfatto. Il primo film da regista di Massimiliano Bruno, collaboratore fisso di Fausto Brizzi – che qui è soggettista e co-sceneggiatore – e caratterista di Boris (da cui ha trasportato in massa mezzo cast facendo di questa sua opera prima, anche per certi toni e per alcune suggestioni umoristiche, una sorta di “cugina” della serie tv e del film da essa tratto), riesce nell’impresa di perfezionare il metodo-Brizzi (che include, va da sé, anche una buona dose di cerchiobottismo e di paraculaggine) con una bella commedia di personaggi che fa ridere di gusto. Punto. E come già Pellegrini l’anno scorso con il suo valido Figli delle stelle costruisce questo suo successo intorno a un’idea di ispirazione contemporanea ma senza avere la minima intenzione di spingersi a una riflessione sociale o politica, né tantomeno di fare satira. Soltanto una storia, insomma: ma raccontata come si deve. Certo, anche qui non tutto va per il verso giusto, ci sono alcune scelte sparse abbastanza inspiegabili (per esempio la tirade antimorettiana di Papaleo, del tutto fuori luogo: facciamo finta di niente) e alcune parti drammatiche sono spesso tirate via e/o incollate con lo sputo, ma Bruno ha la capacità di spezzare sempre il patetismo (brizziano anch’esso, pensiamo a Ex) al punto giusto con un uso più sapiente dell’ironia, mantenendo il film sempre su un registro leggero ma con un ritmo invidiabile – e in definitiva il film trae vantaggio proprio dalla riduzione delle sue ambizioni. Insomma, come “prodotto medio” Nessuno mi può giudicare è davvero ineccepibile: ci si può chiedere, al massimo, se abbiamo bisogno o meno di film così, ma penso che un’opera così ben confezionata e interpretata (bravissima la Cortellesi, finalmente protagonista e peraltro di un film che sfrutta doverosamente la sua sensibilità e il suo talento, ottima buona parte del cast secondario), che fa ridere senza quel tipico senso di imbarazzo televisivo e d’altro canto lasciando le questioni politiche e sociali a chi se ne può occupare con più cura e attenzione, non solo non faccia male a nessuno ma sia un buon punto di partenza per lavorare sul futuro della commedia italiana. Alla fine, una risata ben piazzata non è una rivoluzione né una panacea: ma visto l’andazzo è un risultato di cui andare fieri. Ed è una strada giusta.
Due opinioni vicine alla mia: quella di Tito Faraci e quella di Manu su SecondaVisione. Radicalmente opposta l’opinione di Wick.
io l’ho trovato ripugnante…
con immutata stima.
pienamente d’accordo con te, tranne che per la tirade antimorettiana: l’unica che mi abbia fatto davvero Laugh Out Loud. certo, era uno sketch bello e buono, ma divertente, dai!
La cosa che mi ha fatto più ridere in assoluto è stata Fausto Leali.
anche quella, in effetti!
Meno male che non sono l’unico ad aver trovato STRALOL il momento antimoretti. Il fatto che dopo la scena volessi applaudire che dice di me COME PERSONA? Robe che comunque non voglio sapere.
E poi la prima cosa che mi è venuta in mente di getto dopo la visione è stata che potevano piazzargli come sottotitolo: “the opposite of kex (l’esatto contrario di Checco [Zalone])”.
C’è Raul Bova
Non può essere un bel film
Le battute sono divertenti, gli attori sono godibili, la Cortellesi è azzeccatissima, quando ridi il più delle volte non te ne vergogni, uscito dalla sala non fingi di esserci entrato per sbaglio cercando il bagno per paura che qualcuno che ti conosce ti possa vedere…. beh, non so se possa definirsi un film “bello”, ma inserito nell’amena cornice del Cinema Italiano Contemporaneo (C.I.C.), praticamente è Scorsese.
ah sì è il film con quella di zelig
Senti come sento il sentimentoooo
Il cinema italiano, o almeno quello della commedia, a mio avviso ha superato di gran lunga quello americano.
Quest’ultimo ormai è risucchiato dalla perfezione tecnica lasciando indefinite il soggetto e la trama (sono lontani i tempi delle idee geniali!).
Negli ultimi anni invece, l’Italia ha sfornato opere, dalla discutibile realizzazione e messa in scena ok, ma dalle idee di partenza molto più originali di quelle d’oltreoceano e anche da un gusto estetico (fotografia, grafica, movimenti di macchina) estremamente più curato.