La donna che canta (Incendies)
di Denis Villeneuve, 2010
Comincia con il botto, il film del regista québécois Denis Villeneuve, vincitore di otto Genie Awards e nominato all’Oscar per il miglior film in lingua straniera: una sequenza suggestiva e inquietante, accompagnata in modo ben più che azzeccato da You and Whose Army? dei Radiohead, in cui alcuni bambini vengono “preparati alla guerra”, rasati come all’inizio di Full Metal Jacket ma senza più il permesso del distaccato disincanto. In questi due minuti folgoranti e incredibili è contenuta la chiave di volta di tutto il film, e non solo narrativamente: nello sguardo di un ragazzino incastonato in un lento carrello in avanti si ritrova già tutto il misto di disperazione e umanità che pervade la pellicola di Villeneuve.
Che è davvero un film di rara intensità, vorticoso e inesorabile, sbalorditivo e dolente, che ha il coraggio prima di tutto di sbattere in faccia alla Storia le armi del cinema puro, di essere virtuosistico e doverosamente spavaldo, trovando proprio nella forma, spesso eccellente, il modo ideale per raccontare una storia che intreccia i destini di personaggi costretti a fare luce sui segreti nascosti tra le parole non dette per poter dare pace al proprio passato. E così come il montaggio parallelo, che affianca la detection al film storico e il period movie alla tragedia greca, è preciso e implacabile, così lo sguardo di Villeneuve non lascia via di scampo né conosce tonalità di grigio, nel suo viaggio alla scoperta di un’eredità di violenza e morte che non potrà mai cicatrizzare. Ma che nasconde nel pianto e nella consapevolezza, della propria origine e della propria sorte, la possibilità estrema e definitiva di una scintilla di umanità.