Habemus Papam
di Nanni Moretti, 2011
Nelle ultime settimane si è parlato così tanto, ma così tanto, di Habemus Papam, che si è parlato troppo persino del fatto che se n’è parlato troppo. Dal canto mio, ho avuto molto da fare: un’ottima giustificazione per assolvermi assistendo accigliato alla sfilata di commenti spesso discordanti non tanto con la mia opinione personale sul film quanto sul metodo o sulle premesse di partenza. La tentazione di fare un post in cui prendersi gioco di queste posizioni e delle molte sciocchezze che ho letto in giro era forte, ma poi mi sono reso conto (in realtà lo so da tempo) che spesso mi danno ancora più noia i giudizi che fungono da mero pretesto per attaccare gli altri giudizi o gli spettatori, i cui estremi in questo caso sarebbero: quelli che odiano Moretti a prescindere; (ancora di più) quelli che lo amano troppo; per tacere dei preti, o degli anticlericali più accesi. Preferisco parlare anche un po’ del film, per quel che vale, soprattutto perché Habemus Papam merita questo rispetto: Moretti è riuscito nel benevolo inganno di prenderci alla sprovvista con lo specchietto per allodole del Vaticano per raccontare una storia assai universale sul peso delle responsabilità e sui limiti dell’essere umano filtrata attraverso uno scontro gentile ma sbalorditivo tra l’ossessione psicanalitica del regista e un inatteso (ma non incoerente) fascino nei confronti del sacro – o meglio, il rapporto dell’uomo con il sacro, e la malinconia disperata di un uomo investito da Dio nei confronti della sua stessa ormai perduta umanità. Il film viaggia ovviamente su due binari paralleli, con il Papa che va a zonzo per Roma in preda ai postumi di un rivelatorio attacco di panico mentre lo psicanalista rimane imprigionato in Vaticano alle prese con una sconcertante, buffa e poetica umanizzazione (e smitizzazione) del Conclave; e mescolando in modo sapiente ed equilibrato lo spirito pungente tipicamente morettiano del secondo binario (lunghissima e irresistibile la lista delle citazioni che ci esimeremo dal citare) con la più quieta e interiore ricerca del Papa tra le vie e i mezzi pubblici della Capitale, procede verso un finale secco e quasi improvviso ma assolutamente necessario in cui Moretti tira davvero le fila, senza lasciare scampoli, della sua riflessione sull’essere umano. Una chiusa spietata, a suo modo, ma giustissima e perfetta che conferma, al di là del divertimento innegabile e della candida leggerezza che accompagna gran parte del film, la cupezza sottesa del suo cinema, o quantomeno la sua ineluttabilità. E più di tutto, la lucidità sempre più matura e profonda del suo sguardo sul mondo e sull’uomo.
esci dalla mia testa!
Mi associo.
Ti ha fatto bene prenderti tempo per questa recensione. Perchè è effettivamente una delle poche sincere sul web riguardo a questo film.
Ne ho lette di tutte i colori. E i più cattivi erano quelli che volevano un film fortemente anticlericale, che si aspettavano un Moretti cattivo.
A me il cinema di Moretti piace, perchè è fresco è nuovo, ma soprattutto è sempre un cinema di grande onestà intellettuale.
Habemus Papam è sincero, mai ammiccante e mai stupido, e per questo merita grande rispetto.
Non è il suo film più riuscito ma è pur sempre un buon film.
Alle tue giuste considerazioni – che spazzano via molti fraintendimenti – aggiungerei, se mi permetti questa suggestione.
Un elemento di straordinaria importanza in questo film è la comprensione di quello che noi possiamo o non possiamo fare. Del nostro posto nel mondo e della consapevolezza che non tutti sono chiamati ad essere leader, senza che per questo la loro dignità di esseri umani venga compromessa.
Lo psichiatra “più bravo di tutti” non riesce e chiudere una partita, il chiamato Papa – che, non dimentichiamolo, non mette mai in discussione la sua fede – realizza, dopo essersi guardato bene dentro quale è il suo posto nel mondo.
In un mondo che, nella sua superficialità, guarda solo a chi arriva primo, a chi sta in cima a chi lotta per il comando, capire quello che si è rimane un grande esercizio di fede. In se stessi, prima che in Dio.
Se i signori dell’Avvenire avessero davvero visto il film, si sarebbero resi conto di quanto lo sguardo di Moretti sia limpido e per nulla anticlericale.
In Palombella rossa, il dirigente comunista in crisi di identità come il suo partito (crisi purtroppo ancora non conclusa) sbagliava un rigore – siamo uguali agli altri ma siamo diversi – qui l’ateo fallisce prima ancora di cominciare (“Lei crede in Dio?” “No”. “Peccato”) . Il religioso chiude il suo percorso con una scelta, la scelta di chi si è guardato dentro (e quanto costa farlo!). Capire quanto si vale ed essere felici anche se si vale meno di quello che altri vorrebbero è il massimo che un uomo può avere dalla vita, perché è la cosa più difficile da raggiungere.
Scusate la logorrea.
Concordo con la tua analisi. Tanto polverone per nulla. Perchè il film di Moretti non attacca la chiesa, come invece ci si aspettava. Anzi direi che ha un certo rispetto del Vaticano, nella sua chiave umana. Però così si è montata una pubblicità notevole che genera curiosità e porta la gente al cinema.
Al di là di qst, a me il film è piaciuto. Un Moretti maturo, intenso, meno invadente del solito. Ne ho parlato anche sul mio blog: http://onestoespietato.wordpress.com/2011/04/22/habemus-papam-la-sconcertante-bellezza-dell%E2%80%99umano-troppo-umano/ dacci un occhio! spulcialo un po’! : ) a presto!! e complimenti per il tuo blog che oserei definire storico!
grande souffle e grande kekkoz, siete stati illuminanti.
“Uno dei segni della maturità del mondo è che nessuno accetterà il peso della corona. La corona rimarrà senza che nessuno ne voglia portare da solo il peso.
Quello sarà il giorno in cui la saggezza sarà palese fra gli uomini”.
Baha’u’llah(1817-92)
http://www.bahaimilano.it/bibliotecadigitale/Kitab-i-Aqdas.pdf
La suddetta Dichiarazione di Baha’u’llah è il tema e la novità principale del film del M° Nanni Moretti. A dimostrazione che “l’individuo” non è più capace, in nessun ambito, di gestire ed assumersi la responsabilità degli affari di un mondo così complesso e articolato. Egli esorta l’Umanità a istituire Consigli (Locali, Nazionali, Regionali e Mondiale) a suffragio universale.
Sono d’accordo con questa affermazione, e infatti rispetto il film, però a me non è piaciuto. E’ una buona commedia con degli ottimi attori, ma secondo me non va abbastanza a fondo su nessuno dei temi che tocca. Un film che alla fine non mi ha lasciato niente. Il peggiore di Moretti, forse (escluso Aprile).
concordo in parte. Ottimo film, ma una voglia di ridurre la chiesa ad un fatto unicamente terreno c’è. Nel film non c’è un singolo episodio dal valore religioso degno di nota, soprattutto la scena iniziale quando sembrano un gruppo di studenti in panico per l’interrogazione…
Comunque film ricco di spunti.