The Tree of Life, Terrence Malick 2011

The Tree of Life
di Terrence Malick, 2011

Terrence Malick schiaccia il pulsante del fast forward sulla storia dell’universo e sceglie di mettere play sulla storia di una famiglia nell’America degli anni ’50; per raccontare, attraverso lo sguardo di un uomo che ricorda la fine implacabile della sua infanzia tra le strade semivuote e le case piene di urla e i giardini tra di esse, un contrasto tra natura e grazia impersonato da un padre duro, inflessibile, cinico e disilluso, e una madre dolce, rassegnata e remissiva; e se la parte centrale del film è questa storia anche piuttosto canonica sulla perdita dell’innocenza, è costruita come una sineddoche del mondo o forse una sua metafora in cui la forma della preghiera, la sua forma assoluta e laica se vogliamo, buttata al cielo e alle nuvole da sotto i rami di un albero, ne diventa il collante facendo assumere al film i connotati di una riflessione cosmica sulla grandezza e insieme sulla dolente fragilità della vita; scegliendo, come già i Coen avevano fatto in tempi recenti, la storia di Giobbe per tematizzare i personaggi messi alla prova di fronte all’assurdità stupefacente della vita e della morte e chiudendo il film con una sequenza misteriosa e affascinante, tra Lost e Fellini, al di là del mondo – o forse al di là del film, dei personaggi, e dei ruoli. E il modus operandi del regista texano non ha nulla a che fare con il cinema contemporaneo: non solo per la struttura narrativa, che con un trucco che ha illustri precedenti fa precedere l’assenza al presagio, facendo camminare i fantasmi sulla Terra; e non solo per la scelta suddetta di alternare la vicenda umana dei suoi personaggi a una stupefacente e frastornante storia dell’universo, dal Big Bang all’esplosione del sole, ma perché segue soprattutto intuizioni del ricordo selettivo che hanno più a che fare con la costruzione musicale e sinfonica che con la narrazione tradizionale. E il film si dipana proprio così, trascinando il pubblico in movimenti musicali e inconsci – in cui il montaggio è tutto, per il modo magistrale in cui sequenze e inquadrature vengono riarrangiate in favore della colonna sonora e non viceversa, e in cui il materiale viene rimodellato, troncato, rimescolato, in modo totalmente estremo dalle mani esperte del regista. Che trova soprattutto nella prima metà del film un culmine del sistema sperimentato nei due film precedenti, ma che non può che scontrare, e forse lo fa volentieri, le sue enormi ambizioni contro le limitazioni del mezzo: tutto sommato  The Tree of Life è un film sostanzialmente irrisolto, ma mai e poi mai irresoluto, perché Malick fa dei propri limiti un vanto, e ha il coraggio di alzare la testa, di porre delle domande, di fornire persino delle risposte, e sa mettere un quadro e una prospettiva vera intorno ai personaggi e all’umanità, e di fare cinema in modo furiosamente personale, come pochi altri. Questo è il (piccolo) prezzo che il film deve pagare: la spettacolare trivialità di una vita qualunque, banalità resa epica, minuscola traccia di sé resa Universo, non avranno mai la potenza espressiva e l’impatto emotivo di un mondo che nasce e muore.

37 Thoughts on “The Tree of Life, Terrence Malick 2011

  1. Dembo on 22 maggio 2011 at 12:05 said:

    Primo!
    Ma vale?

    Non so, io l’ho trovato abbastanza ostico. Più di qualsiasi altro suo film, bellissime inquadrature e musiche, ma poca empatia.
    Forse lo riguarderò.
    Forse tra qualche anno verrà osannato come 2001.

  2. E’ la prima volta che sento la critica così d’accordo su un film di questa portata. Tutti parlano di film irrisolto per la sua grande portata, ma nonostante questo di grande attrattiva.
    Non vedo l’ora di vederlo.

  3. giulio on 22 maggio 2011 at 12:55 said:

    mmm, l’impressione all’uscita è quella di aver guardato un trailer di the Tree of Life lungo due ore e quindici.
    Qui Malick ha messo alla prova non solo la fede dei suoi personaggi ma anche quella del suo pubblico.
    Non è un film facile da guardare. Soprattutto nel momento in cui ti rendi conto che le cose che dicono le voci fuori campo non ti interessano (io non credo e quindi applico di default un filtro rumore a qualsiasi riflessione mistico cristiana).

    Se in The New World il discorso “spirituale” poteva essere un mezzo (per me, a questo punto) per avvicinarmi al mondo (nuovo) esotico nativo americano, qui mi trovo di fronte a un mondo conosciuto letto attraverso una visione che non puo’ essere più distante dalla mia.

    E’ stato un film doloroso da guardare, mi ha messo davanti agli occhi il mio razzismo religioso, la mia difficoltà di apprezzare un opera (esteticamente strabiliante: da farti strappare i bulbi oculari ogni sequenza) un’opera cosi’ spiritualmente radicale.

  4. Biff Diggerence on 22 maggio 2011 at 15:46 said:
  5. Non credo ci sia bisogno di essere credenti per “interessarsi” alle voci fuori campo… Qualche domanda esistenziale ce la siamo fatta tutti, prima o dopo.
    (Poi, oh, magari uno è fortunatissimo e non ha mai avuto a che fare con morti, perdite, caos familiari e simili)
    Applicare un filtro rumore è una pessima idea a prescindere dalla voce al quale lo si applica, secondo me.

  6. valentina on 22 maggio 2011 at 19:01 said:

    malick fa apologia del nazismo secondo elisa battistini http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/05/21/molto-malick-grazie/112823/#comments

    (bestemmioni random qui)

  7. Malick non pensa affatto che la vita sia assurda. La vita (quella umana, qui, per la prima volta nel suo cinema) è Natura, e la Natura non ha niente a che fare con la Grazia, anche se in loro scorre lo stesso sangue, come per Jack e suo fratello.
    Inoltre, da che mondo è mondo, un’opera filosofica che sia passibile di seconda/terza/quarta visione per essere capito fino in fondo (o per essere capito a sufficienza) non può dirsi carente, tutt’altro. Il fatto che non ci sia alcun appiglio realistico in una storia pur ambientata in un luogo e un momento storico precisi trova la sua motivazione nel fatto che “Tree of Life” tratta innanzitutto di metafisica, e quindi l’interpretazione che se ne da dovrebbe partire da questo dato.
    Non capisco come si possa dire che “Tree of Life” non è facile da guardare: al mondo c’è il cinema, e poi ci sono i film. “Tree of Life” è cinema, come Kubrick o, che so, come tanto Herzog. Si entra in sala consapevoli e se ne esce arricchiti, o magari con la voglia di rientrare subito: per devastare lo schermo, o per assistere di nuovo alla proiezione.

    L’articolo di Elisa Battistini è interessante, ma può essere letto come la frustrazione di una fan di Von Trier che già sa che il suo beniamino resterà a bocca asciutta.

    • Biff Diggerence on 22 maggio 2011 at 20:38 said:

      va bene tutto finché non si dice che un film veicola ideali nazisti perché (facendo un’analisi megasuperficiale) c’è un elemento che sarebbe piaciuto ad Adolf Hitler (LOLOCAUSTO qui ci sta bene). Cioè robe da internarla a vita, su.
      Poi cazzo ci frega di cosa avrebbe pensato Hitler dei film a Cannes?

      Von Trier per quanto mi riguarda può essere nazistissimo, scoparsi i bambini e leggere fabio volo, frega un cazzo,basta che la smetta di girare film

  8. “Già! Verissimo! Poi un altra cosa: Brad Pitt è bianco e non ebreo. E indovinate un po’ chi era a favore degli uomini bianchi e non ebrei? HITLER!!! Hitler ed il terzo reich avrebbero amato alla follia Brad Pitt.
    Non so invece che posizione avrebbero avuto su le volpi parlanti. Spero l’autrice del post approfondisca la questione.
    Vorrei una rubrica dedicata solo ai potenziali gusti cinematografici di Hitler. Che ne penserebbe Hitler di Transformers 3?”
    (cit.)

  9. kekkoz on 22 maggio 2011 at 19:30 said:

    Sì Valentina, era già stato segnalato due commenti più su ;)

  10. sciutti on 22 maggio 2011 at 20:41 said:

    kekkoz che fa la recenzione pre-Palma d’oro di un film Palma d’Oro.

    Bellissimo pezzo!

  11. Michele Carbone on 22 maggio 2011 at 20:47 said:

    Secondo me state polemizzando un pò troppo con la Battistini, ha espresso un concetto partendo da una frase scomoda di Lars Von Trier, e l’ha utilizzato per parlare di un film che poi, come aveva previsto, ha vinto la palma d’oro.
    Però sarà che adoro Von Trier, ma l’impressione è che il film di Malick sia insincero…ma attenderò la visione!

    • Biff Diggerence on 22 maggio 2011 at 22:04 said:

      Cosa vuol dire “insicero”?
      La Battistini ribadisce che il film di Malick è “CRIPTO-FASCISTA” basandosi su…su… SU UNA CIPPA DI NULLA.
      Il resto è fuffa.

      • Michele Carbone on 22 maggio 2011 at 23:31 said:

        Ma tutta l’impostazione della recensione nasce dal commento fatto su Lars Von Trier! E’ soltanto un punto di vista come un altro che, tra l’altro, parla anche direttamente della qualità filmica.

  12. Il pezzo scritto dalla Battistini, commentatrice de Il fatto quotidiano, oltre a non essere minimamente interessante o stimolante per un interlocutore che abbia opinioni diverse dalle sue, è inquinato dalla ideologia di chi è vede la riflessione spirituale di un essere umano come un attacco proditorio e “nazista” all’ateismo. Non rendendosi conto che quello di cui un critico dovrebbe parlare è ciò che il film è, la visione del regista. Il fatto che il critico non sia d’accordo con questa visione, francamente è poco interessante.
    Nessuno attaccherebbe 2001: Odissea nello spazio perché postula che la coscienza degli esseri umani non sia frutto dell’evoluzione ma dell’intervento di qualcosa di “alienum”.
    Quello che il film senz’altro stimola a fare, e lo consiglierei anche alla blogger del Fatto quotidiano, è spegnere per un momento tutte le fonti di rumore che ci circondano e sedersi a pensare. A se stessi, al proprio posto nel mondo, a quale percorso di vita vogliamo fare.
    Si tratta di una riflessione difficile, dolorosa e drammatica per molti versi.
    Ma farsi delle domande è molto più importante che trovare le risposte.

  13. patroclo on 22 maggio 2011 at 22:25 said:

    8 commenti su 14 su un articolo di un’ignoranza penosa che non dovrebbe proprio avere considerazione, quando c’è un post scritto da kekkoz che ne parla bene. Caduti nella trappola, bravi.

    • Michele Carbone on 22 maggio 2011 at 23:44 said:

      A tal proposito mi piacerebbe avere dei ragguagli sulla recensione, alla fine non ci ho capito molto. Ho capito però che il film ha rapito il buon kekkoz.
      Vorrei vederlo presto anche io.

    • Biff Diggerence on 23 maggio 2011 at 01:49 said:

      hai ragionissima, e mi scuso con Kekkoz, ma sono furente :)

  14. Biff Diggerence on 23 maggio 2011 at 01:49 said:

    rispondevo a Patroclo

  15. In quale trappola sarebbero caduti costoro (temo di esserci caduto anche io, allora)? E chi l’avrebbe piazzata questa trappola?
    Se lo scopo di questi commenti fosse solo “bravo Kekkoz”, ci risparmieremo di farli. Anche perché lo sappiamo tutti (almeno io lo so) che Kekkoz è bravo, scrive bene, e io sono quasi sempre d’accordo con lui (almeno con riguardo ai film che abbiamo in comune). E lui lo sa. E gli apprezzamenti che ho per la sua capacità di scrivere “a caldo” su un film preferisco farglieli in privato.
    Detto questo, credo fermamente che un pezzo pubblicato su un quotidiano di riferimento per la sinistra vada e debba essere commentato, diffuso, discusso.
    Così come non può passare sotto silenzio il fatto che Curzio Maltese sia il nuovo critico cinematografico di Repubblica.
    La politica del silenzio credo e spero che sia finita.
    Non è col silenzio che si vincono elezioni, che si cambia il modo di scrivere sui film, che si cambia il pubblico.
    Senza polemiche, naturalmente, ma “usare” un articolo scritto su un quotidiano che molti cinefili apprezzano (per gli altri suoi contenuti), al fine di discutere NON dell’opinione del critico, ma, più in generale, della difficoltà del critico (e di riflessio di tutti noi come pubblico) nell’affrontare un film complesso e difficile che richiede tutta la nostra attenzione, penso sia salutare.
    Più che di sterile polemica si trattava infatti di verificare, usando quel pezzo come esempio, la difficoltà per la stampa (vedi anche il caso Von Trier) di chi affronta un film come questo, che genera un grande turbamento nello spettatore attivo (quello passivo è già morto) che spinge a mettersi in gioco (il cinema di Malick affronta la pazienza e la disponibilità del pubblico – e si deve decidere se giocare o meno – un po’ come quando un amico sincero che ti vuole bene ti dice esattamente ciò che sei e tu devi decidere se tiargli un pugno o abbracciarlo).
    Chiudo con una nota sulla recensione di Kekkoz. Quando parla di film irrisolto, a mio parere dice una cosa giustissima facendo anche un gran complimento alla pellicola. Un film che fa domande e non dà risposte è quello di cui abbiamo bisogno oggi, perché è esattamente il contrario di quello che ci viene venduto ogni giorno. Risposte senza domande.
    Buona giornata.

  16. Lollo on 23 maggio 2011 at 11:48 said:

    Tempo fa ho visto Dogville, da allora qualsiasi altro film mi sembra bello.

  17. Mi sento molto intelligente ora che ho letto la tua recensione ed è in linea con quello che avevo recepito io!^^

  18. Ho visto il film ieri sera.
    A un certo punto, ci sta una scena in cui ci sono gli storni che svolazzano allegramente, facendo le loro acrobazie. Mi è sembrato di riconoscere il laghetto dell’EUR, dove in effetti abbondano.
    Qualcuno può confermare?

    Per inciso, da non credente quale sono, il film non mi ha dato alcun fastidio!
    saluti

  19. Pingback: Malick dopo la Battistini :: albertodifelice.com — Blog di Cinema, Film e Critica

  20. meraviglioso. concordo. concordo anche sulla parola che ho cercato inutilmente per il mio post: sineddoche

  21. nicola m. on 26 maggio 2011 at 16:48 said:

    e nessuno di voi ha fatto caso alla breve sequenza nel parco dei mostri a Bomarzo (Viterbo)? Io ci sono stato e merita una visita…

    http://www.tamburinoviaggi.com/web/sites/default/files/BOMARZO_1.jpg

  22. Bel pezzo! Complimenti. Soprattutto le ultime tre righe. Il film va analizzato in quanto epopea del genere umano prima che per la microstoria in sé ambientata in un determinato spazio/tempo. Un tutto che contiene una parte, la quale a sua volta riassume il tutto. Difficile tradurre tutto ciò in immagini. Mallick ci riesce!
    Ti aggiungo tra i link amici:)

  23. Malick fa cinema, non un film. E questo è fascino e rovina per la sua pellicola. Un’opera che come dici te kekkoz è irrisolta, ma perchè non arriva al pubblico. Super Quark, bel montaggio, ottima fotografia, personalissima la regia, bravini anche gli attori (escluso Sean Penn). Ma alla fine cosa ci resta? Nulla.. l’emozione non c’è. L’opera di Malick è e di Malick resta, in modo autoreferenziale, orgoglioso, megalomane. Ne parlo qui, sul mio blog: http://onestoespietato.wordpress.com/2011/05/28/the-tree-of-life-malick-delude/ forse lo rivedrò… o forse anche no…

  24. “Al costo di giungere ai titoli di coda con la palpebra affaticata e la sensazione di aver buttato via i soldi. Un’opera lirica, poetica, ma lontana dai gusti degli spettatori. ”

    A me queste considerazioni mi fanno un po’ incazzare perchè fondamentalmente rivelano che al recensore il film ha rotto il cazzo ma non ha il coraggio di dirlo…

  25. filippo on 3 giugno 2011 at 13:03 said:

    è un film cristiano. ma non credente. legge la cristianità come una storia di rassegnazioni.
    speranza, fede e amore sono le tre grandi rassegnazioni a cui l’uomo deve assoggettarsi.
    il rapporto padre e figlio, madre e figli, fratello e fratello sono legami di soggezione e suggestione.
    come la storia dell’universo, così l’uomo deve imparare ad assoggettarsi o a suggestionare.

    il film è comunque noioso per lo più.
    e gli attori non sembrano granchè, i bambini hanno sempre facce da adulti ( pensierosi e incazzati), i genitori son sempre perplessi, sean penn pensa di star girando la pubblicità di un dopobarba.

  26. Ciao a noi piace seguire anche chi prova a sperimentare una strada coraggiosa e impopolare, però non si può dire che non abbia fatto parlare di se.

  27. ninorn on 6 giugno 2011 at 15:06 said:

    “è un film che ce si capisce e non ce si capisce……”
    ecco

  28. Matteo on 12 giugno 2011 at 08:10 said:

    …per avere la certezza matematica d’averlo visto a rulli invertiti in quel di Bologna, dovrei rivederlo. Ma anzi lo farò.
    In ogni caso, quoto l’articolo: difficile accorgersene, essendo preparato più o meno a tutto.

  29. Era da tempo che il grande schermo non ci offriva un film di tale importanza.

    Un terribile ritratto di padre-padrone, un quadro sconvolgente di ciò che l’american-dream nasconde, un acuto esame del nostro recente passato… Ma non solo. “The Tree of Life” esplora il mistero della nascita della vita, quella universale e quella individuale, s’interroga sul significato del nostro esistere, pone innumerevoli interrogativi che spaziano dalla filosofia alla religione tentando di comprendere in cosa consista il vivere e cosa questo composti. L’arte cinematografica del XXI secolo ha trovato il suo “2001 Odissea nello spazio”.

  30. stefano on 3 settembre 2011 at 23:06 said:

    Se vi fidate, io sono molto sensibile… e me ne sono dovuto andare dopo circa un’ora.
    Così poco rispetto per lo spettatore lo avevo visto raramente..dopo un buon inizio il suo trip visionario diventa inesorabilmente e brutalmente noioso..Ma quello che colpisce non è tanto questo, quanto il fatto che l’autore sembra non rendersene minimamente conto…Immaginate come un vecchio ( neanche tanto saggio) che ispiratissimo ci mette mezz’oretta per dirvi un concetto semplice. Ecco.

    Entrando più nel merito del film davvero mi rifiuto di credere che per parlare del mistero della vita e della sua grazia/brutalità/mistero si debba essere così irrimediabilmente PALLOSI.

    Secondo me il mistero della vita è avvincente, avventuroso. Non cogliere questo aspetto non credo sia di poco conto. Povero Malick, ho avuto spesso la sensazione che la gente sopporti quasi per compassione e rispetto di questo povero vecchio ( riprendendo la metafora di prima) che oramai si straparla addosso.

    Mah, davvero dopo un’ora non ce la facevo più, TUTTI i luoghi comuni e la fotografia più sputtanata erano già passati senza ritegno sullo schermo, perchè sopportare oltre per un autore che voleva dire un paio di cose interessanti ma che per farlo ha speso una masnada di tempo regalandoci una storia piuttosto banale??
    Mah

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