Cars 2
di John Lasseter e Brad Lewis, 2011
Ci vuole una sola parola per spiegare come mai, tra tutti i progetti possibili, Lasseter e soci abbiano deciso di produrre un sequel del loro film meno amato: merchandising. Forse, da un’altra ipotetica prospettiva, questo è il primo momento della loro storia in cui dietro alle decisioni degli straordinari Pixar Animation Studios appare l’ombra del compromesso: se volete fare un film come Brave, in arrivo tra un anno, vi conviene fare cassa. E fare cassa nelle sale non basta.
Ma il problema di Cars 2 non è questo: Toy Story 3 (e l’eventuale venturo quarto capitolo) sembrava nato sotto le medesime direttive, eppure si è rivelato persino il migliore dei tre, un capolavoro. Il problema di Cars 2 è che per la prima volta la Pixar si è “accontentata”, rinunciando a sperimentare, limitandosi a proporre meccanismi oliati che dovrebbero funzionare da soli: in un certo senso è così, perché il film scorre bene e con grande facilità – ma il carisma, il cinema, il cuore, stanno da tutt’altra parte. Vero è che la distanza dal primo film, opera senza dubbio minore ma spesso ingiustamente sottovalutata, proviene da un’intrinseca voragine tematica: il contrasto forte tra città e campagna del predecessore diventa qui un banale messaggio di comprensione e accettazione della propria natura inserito in una trama che si rifà al cinema spionistico – come se un personaggio di Peter Sellers fosse finito per sbaglio in un film di James Bond – e mescolato a una riflessione ambientalista spiccia e infantile. Ma se anche Cars era molto semplice, Cars 2 è più che altro semplicistico.
In ogni caso non si tratta certo di un film “brutto”, parola assente dal dizionario della Pixar: tecnicamente ineccepibile, con diverse ottime trovate e un’anima “action” che è indubbiamente la più riuscita (anche se dispiace che ci siano così poche corse e così tanti inseguimenti), il film annoia però ogni volta che sceglie di rallentare e soprattutto – ahinoi – arranca pietosamente quando si sforza in tutti i modi di rendere simpatici i suoi personaggi. Umanizzare macchinine di metallo, nella linea della tipica malinconia pixariana, è un piccolo miracolo che era riuscito a Cars; qui invece ci si concentra solo sul carro attrezzi Mater/Cricchetto, facendo fuoriuscire l’inutilità (quando non l’antipatia) del resto del cast: un’ammaccatura che rovina tutta la carrozzeria.