Captain America – Il primo Vendicatore (Captain America: The First Avenger)
di Joe Johnston, 2011
Curiosamente, quando si parla di Captain America si parla soprattutto di The Avengers. La scelta di aprire e di chiudere il film in questo modo, se non altro, rende inequivocabile come in nessun altro dei film precedenti la sua natura episodica all’interno di un progetto seriale, ed è piuttosto inutile a posteriori mettersi a fare ulteriori riflessioni su quanto sia maggiore l’appeal di un film sui Vendicatori di Joss Whedon rispetto a un film su Capitan America diretto da Joe Johnston – che, dal canto suo, fa un lavoro onesto anche se pressoché invisibile. Tutto il film che sta in mezzo tra il suggestivo incipit e quel finale tronco ed emozionante, con una frase lanciata su stacco al nero che è anche l’unico vero guizzo della sceneggiatura di Markus e McFeely (gli stessi della saga di Narnia), è approssimativamente quel che ci si poteva attendere ma allo stesso tempo è una virata necessaria dallo stile dei predecessori. Captain America dialoga soprattutto con il linguaggio del cinema di guerra più che con quello del film di super-eroi, scansa le tentazioni goliardiche e ammicca il meno possibile (anche se lo Stark senior di Dominic Cooper è divertente), si mantiene su un registro semiserio che rispecchia la gravitas del suo protagonista, e sembra volersi rifare a un intrattenimento più “classico”, tra virgolette, pre-Iron Man per intenderci, con la presenza di un respiro patriottico meno calmierato dal sarcasmo (ma anche meno insistito di quanto si dica in giro), oppure la costruzione di gran parte dei personaggi, la “hawksiana” Peggy Carter di Hayley Atwell o Tommy Lee Jones, un soldato duro-dal-cuore-morbido fatto a occhi chiusi. L’elemento di disturbo è ovviamente il Teschio Rosso di Hugo Weaving, stilizzato e quasi surreale, una macchia saturata sbattuta sullo sfondo di un film fantabellico che senza di lui avrebbe sofferto di allergia alla polvere. In definitiva, il film di Johnston regala un intrattenimento validissimo, meno sbruffone e compiaciuto della media e del tutto accettabile – se non ci fossero stati, a così breve distanza, Kenneth Branagh e il suo Thor a mostrarci che, anche all’interno di un progetto industriale colossale come il Marvel Cinematic Universe, un regista vero fa ancora la differenza.