Super
di James Gunn, 2010
Abbiamo visto Defendor, c’è stato il Kick-Ass di Matthew Vaughn e Mark Millar, senza dimenticare Special con Michael Rapaport: quanti film con premesse così simili possono uscire nel giro di pochi anni prima che l’argomento sia da considerarsi esaminato sotto ogni prospettiva? L’ultimo film di James Gunn, simpatico e un po’ folle regista di uno cult movie come Slither, dimostra che dove c’è talento e visione non c’è saturazione che tenga.
La trama di Super è apparentemente risaputa: Frank, interpretato da un allucinato e perfetto Rainn Wilson, ha subito angherie e derisioni per tutta la vita, ultima delle quali l’abbandono da parte della moglie tossicodipendente Liv Tyler a favore del violento spacciatore Kevin Bacon. Da lì alla decisione di indossare un costume da super-eroe passa poco: giusto il tempo dell’ennesima visione mistica della sua vita. La differenza con gli altri film di questa sorta di sotto-genere sta tutta lì: cosa succede quando a vestire la calzamaglia di turno non è un tenero emarginato e/o un individuo dalle ridotte capacità intellettive ma un personaggio che al di là delle buone intenzioni è autenticamente squilibrato?
Nonostante il film giochi dai primi minuti con i meccanismi del cinema indie, titoli di testa animati inclusi, è presto evidente che Gunn vuole fare un passo più in là, o meglio di lato, abbandonando il rassicurante realismo dei dramedy sundanciani per un tono acceso, feroce, quasi surrealista: le danze si aprono con un’allucinazione che mescola hentai e deliri di possessione divina, e continuano con Frank che, non avendo un progetto morale ben chiaro nella sua lotta al crimine, nel dubbio comincia a spaccare crani a colpi di chiave serratubi, quale che sia la colpa. E se il film da principio è così bizzarro da rendersi quasi indigesto, è decisivo l’incontro con Libby (una graziosa e fenomenale Ellen Page), fumettara ventenne squilibrata quanto e più di Frank che trova molto eccitante l’idea che qualcuno abbia indossato sul serio un costume da giustiziere.
A dispetto dei pregiudizi, il film di James Gunn (che si ritaglia il ruolo del diavolo in un’improbabile trasmissione del network cristiano All-Jesus) è quindi tutt’altro che prevedibile: è un film genuinamente disturbato ma spassoso (a patto di avere lo stomaco adatto), estremamente violento eppure dolcissimo, un film radicale e pop al tempo stesso.
Presentato nel 2010 a Toronto e poi al Festival di Torino, il film è nel listino della M2 Pictures e dovrebbe uscire in Italia il prossimo autunno.
Per il momento, si trova già in vendita l’edizione britannica in DVD e Blu-Ray.
ne avevo sentito parlare anche sul blog evil monkey says, però non riesco a trovare una versione con subIta decente.
Speriamo che esca veramente, almeno in dvd.
aspettavo un tuo giudizio. anche a me è piaciuto molto, ma se fosso finito 5 minuti prima (alla dissolvenza in rosso) sarebbe stato un autentico capolavoro.
Non sono un grande estimatore dei film supereroistici, ancora meno di questo sotto-genere per certi versi parodistico, ma per James Gunn farò sicuramente un’eccezione.
Per me ‘i film di supereroi’ (ed intendo Kick-Ass, Defendor e questo) si avviano a diventare come per te i film sui paradossi spazio-temporali. Grazie comunque della segnalazione. Su play.com se ci vado troppo finisco con comprare qualsiasi cosa, con la spedizione gratuita. Spero solo abbia i sottotitoli per il mio inglese buono ma non proprio eccellente.
kekkoz, te lo scrivo una volta l’anno. ti voglio bene. as a brother.
ellen page è una meraviglia vivente!
È il fidanzato di Mya Matsumya, merita il mio rispetto e la mia invidia perenne anche per questo solo fatto.
Ellen Page è gnokka forte
Fantastico.
Lo ho immediatamente comprato in versione originale inglese (non nominava i subs nelle specs, in effetti, ma non se ne diceva neppure sprovvisto; stupido io)… per trovarlo privo del minimo decente urbano sottotitolo.
E poi uno ancora se li compra, i film, nel 2011. Mah!
Visto! E’ piuttosto difficile dare un giudizio complessivo a ‘sto film, proprio perché è come dice Kekkoz, disturbato ma divertente, violento ma dolce, radicale ma pop. Pur essendo ben omogeneo, può essere scomposto e letto in vari stati d’animo.
Il protagonista stesso genera sentimenti di compassione e di sincera repulsione allo stesso tempo. Sensazioni contrastanti li genera pure la sua fida compagna Boltie. (del tipo, sì, è gnocca, ma bassa e con tette piccole – scherzo!).
Direi quindi che l’obiettivo prefissato dal regista è pienamente raggiunto.
La “quasi melensa” parte finale è l’unica che mi ha lasciato perplesso… ma, ripensandoci, anche questa potrebbe essere una cosa voluta, infatti durante lo spiegone, a me sovveniva in mente anche qui un contrasto – Ellen Page nel campo di grano di fronte alla casa del pusher.