Ruggine
di Daniele Gaglianone, 2011
Alla periferia di una grande città, un gruppo di bambini di regioni e accenti diversi, asserragliato dentro un castello di lamiere e ruggine, deve affrontare la scoperta del male; molti anni dopo, tre di quei bambini sono diventati grandi, ma portano nello spirito il peso e sul corpo i segni di quell’estate.
Daniele Gaglianone, attraverso un montaggio parallelo scritto senza alcuna delle insopportabili enfasi della sceneggiatura all’italiana, racconta una fiaba nera e cupissima sulla perdita dell’innocenza e sui corrosivi sedimenti della paura: Ruggine non è un film impeccabile, non sempre riesce a trovare un equilibrio tra le sue parti che ne giustifichi del tutto la struttura (prima di tutto perché quella ambientata nel passato è inevitabilmente più forte e più radicale), eppure è un film prezioso e imperdibile, ai di là della confezione in cui spiccano la fotografia e le musiche: prima di tutto perché Gaglianone (come già aveva dimostrato in Nemmeno il destino) è un grande direttore di giovani attori e qui i bambini, piccolo esercito di facce sporche di polvere e sudore e lividi di cinture, sono assolutamente perfetti, tanto da metter in ombra i colleghi più adulti e scafati; e poi ha il talento di saper saltare dal punto di vista dell’ingenuità infantile che svanisce di fronte alla morte a quello del male puro, spesso mostrando la distorsione del reale da entrambe le prospettive, e di spingersi al di là dell’orrore, dentro la tana del lupo – con un coraggio raro nel cinema italiano, ma anche con un rigore morale, che si dissolve semmai gradualmente nella consapevolezza che l’orrore reale è più terrificante di qualunque storia di paura.
Dall’altra parte del tempo gli adulti interpretano in tre unità di tempo e spazio un lampo del loro destino: Accorsi è quello più in difficoltà, un po’ per la natura stessa della sua parte e un po’ perché è l’elemento più debole del cast; la Solarino interpreta con grazia e sensibilità il segmento più esplicito e duro; Mastandrea è semplicemente bravissimo, anche fuori dal suo accento naturale, e ha la responsabilità di far respirare il pubblico con riusciti tocchi ironici, anche se in verità la sua parte è la più profondamente drammatica. La parte del gigante, in tutti i sensi, la fa però Filippo Timi: seppur affrontando un paio di (perdonabili) forzature dei dialoghi, regala un orco nero di indimenticabile cattiveria, un villain terrificante che non concede spazio all’empatia o alle sfumature, un’incarnazione del male dai contorni horror, e almeno due scene da antologia - una di queste, quella in cui canta Una furtiva lagrima rivelando nella mano la traccia del suo delitto.
Purtroppo è distribuito alla meno, pochissime copie in giro per l’Italia.
Gaglianone è un grande che ha bisogno di maggior fiducia.
Bella rece. Non vedo l’ora di vederlo.
su Timi no, alcuni sguardi, alcuni momenti (quando guarda la bambina in ambulatorio soprattutto) sono decisamente sopra le righe che bagnano un film altrimenti – legittimamente – asciutto.
ps- gran film. Gaglianone è davvero “regista” di una storia, controlla davvero le scene fatte non solo di immagini, ma anche di suoni, musica, luce e inconscio dello spettatore.
Milton, Timi è bravo proprio per quegli sguardi e quei momenti, decisamente sopra le righe, forse, ma principalmente perché è il suo personaggio a “scavalcare” quelle righe, righe che sono un abisso di male a cui non riesce a sottrarsi, nonostante i ripetuti tentativi di ripulirsi e ripulire la sua immagine borghese, in una parabola discendente che parte da quando al bivio prende la strada giusta e sempre più velocemente culmina nella sua scena finale.
E più di così credo di non poter dire, che spoilerare proprio non mi va.
“Ruggine” è un film bello, non perfetto ma bello. Una perla, nel panorama italiano.
io son d’accordo con milton.
Timi e’ enfatico e teatrale; in alcuni momenti mi veniva da ridere.
Non credo che un pedofilo nella realta’ appaia come Satanasso.
Le persone sono un po’ piu’ complesse di cosi’. Diciamo che quel personaggio e’ come vorremmo fosse un pedofilo.
Anche mastandrea, secondo me esagera.
E poi, Gaglianone: un po’ meno di fuorifuoco, grazie. La stoffa c’e’ ma bisogna asciugare molto.
Bravo vinz! Anche meno pippe nel montaggio (quante volte usa l’immagine nera?!), grazie. Secondo me il regista si nasconde dietro a tutti questi artifizi – oh immagini belle ce ne sono per carità – ma non sa raccontare la storia. Poi vogliamo parlare degli attori? La Solarino è penosa, Accorsi non commenterei nemmeno, Timi ha rotto i maroni manco fosse Marlon Brando. Film pretenzioso, vuoto e insopportabile.
finalmente qualcuno fuori da coro come me! forse io sono meno estremo di te matteo…ho pensato “che peccato, c’erano tutte le premesse per un ottimo film e non ce l’ha fatta”. ma confido in Gaglianone.
Quando eliminera’ queste leziosita’ da esordiente, imparera’ a dirigere gli attori(adulti) e usera’ attori che non recitino preoccupati solo di far vedere quanto sono bravi, sara’ fatta!
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purtroppo sono d’accordo con vinz. mi è sembrata un’occasione sprecata. se nella prima parte del film, esageratamente lunga e tirata per le lunghe, non succede quasi nulla, nella seconda il film e i personaggi sembrano voler correre ai ripari dicendo troppo e in maniera esageratamente esplicita: il dottore orco che canta e vaneggia come un pazzo con i pantaloni calati, in pieno giorno, è una macchietta grottesca e poco verosimile, non riesce nemmeno più a fare davvero paura; il personaggio della Solarino, timido e catatonico per 3/4 di film, improvvisamente si lascia andare a considerazioni taglienti e un po’ fuori luogo. Mastandrea è bravo come sempre, ma il suo personaggio sembra sia stato messo lì un po’ per caso.
Le persone sono un po’ più complesse di così, sia gli adulti che i bambini, come è stato giustamente già detto. peccato, poteva andare molto meglio.
Sul film ho detto più o meno già tutto (e vi ringrazio per l’educazione nonsostante le opinioni siano così discordi), ma in risposta a Laterall e vinz vorrei solo aggiungere che la cosiddetta verosomiglianza del pedofilo-Timi è una dote che non ho proprio preso in considerazione, forse per via della cara vecchia sospensione dell’incredulità o forse perché il Cinema e la realtà sono due cose distinte. Timi assomiglia davvero a un pedofilo? Sono davvero così i pedofili? Sono davvero così i bambini? Non mi interessa granché. In qualche modo però è una doppia trappola: utilizzando anche dei linguaggi da cinema “realistico” si è portati a pensare che pure i personaggi debbano esserlo, realistici, o addirittura reali.
Ma più che altro, e lo chiedo senza polemica, ho due domande:
1. Avete letto il libro da cui è tratto il film? Certo, la trasposizione non deve essere per forza pedissequa, ma inquadrare il personaggio di Timi aiuterebbe molto nella discussione
2. (E lo ammetto, questa è un po’ polemica) Davvero credete che la figura del pedofilo sia così monolitica? Viscida, subdola, con una facciata pulita dietro cui si nasconde il mostro? Non è un po’ troppo americana, come immagine? Non è l’immagine a cui ci hanno abituato telegiornali e fatti di cronaca eclatanti? Eppure nessun pedofilo è così archetipico, non tutti i pedofili sono uguali. Ciò che li accomuna è la passione perversa, psicotica per i bambini… E null’altro. Che il personaggio di Timi accompagnasse la sua pedofilia a dei disturbi ben più gravi è evidente in tutto il film.
Più in generale, io ho trovato quasi tutti i personaggi psicologicamente e sociologico/storicamente credibili (non dimentichiamoci il contesto fatto di poverta ed immigrazione). Fra i tre adulti, per altro, quello che mi ha convinto di più è stato quello della Solarino, mentre i personaggi di Accorsi e Mastandrea sembrano più abbozzati, meno coerenti con il percorso.
Ma il cinema è anche questo.
kekkoz, ma io sono d’accordissimo sul fatto che Cinema e realtà siano due cose distinte, così come credo (e spero) che lo siano cinema e letteratura, per esempio. non conosco il romanzo Ruggine, mi chiedo: è un buon romanzo? è ben scritto? boh, ma che importa, se sei bravo riesci a tirare fuori un buon film anche da un soggetto traballante. in questo caso, sembra che il film e la storia siano semplicemente un po’ sfuggiti di mano a tutti, ed è un vero peccato, date le potenzialità della sceneggiatura e soprattutto degli attori. io amo la teatralità di Timi, solo che mi sembra interferire, in questo caso, con la rappresentazione del personaggio.
grazie delle recensioni e dei pregiudizi, in ogni caso, anche quando le opinioni sono discordi!
certo kekkoz, il cinema mica e’ un documentario sociologico…ma come dici giustamente tu, dipende dal taglio che dai al film. Ad esempio, Il lavoro di fino fatto per rendere l’ambientazione anni ’70, non trova un riscontro del disegno dei personaggi. .Mi sta benissimo che non mi fai un pedofilo verosimile, ma fammelo ORIGINALE. Mettici uno straccio di idea, visto che e’ il fulcro del film, e non farmi un orco standard. E’ la grossolanita’, che non perdono.
Forse Gaglianone poteva chiedere una consulenza a Solondz…..eh eh eh
Perdona l’ennesima domanda, ma com’è fatto un “pedofilo originale”?
Beh e’ semplice: una qualsiasi versione senza la coda, le corna e la puzza di zolfo intorno.
Per esempio Todd Solondz, ha una sua visione molto personale della cosa. Una della tante possibili.
Mi unisco al coro, (che poi è un tutto superiore alla somma delle parti capite?), di chi è rimasto deluso dal film e purtroppo ci vede molti sintomi del brutto cinema italiano.
Perfettamente d’accordo con Vinz nel dire che Timi è un pedofilo come vorremmo che i pedofili fossero. Questo cade in lapsus freudiani, abbaia quando è in difficoltà, cita Hitler nei suoi monologhi e canta arie liriche con l’occhio spiritato.
Ma lasciando stare Timi e l’eccessiva teatralità dell’incipit coi bambini (che sono sicuramente la cosa migliore del film), quello che emerge dal film a mio parere è proprio un’incapacità di suggerire per immagini (o meglio la paura che senza imboccarlo, il pubblico non capisca):
tutto viene ribadito, ripetuto all’infinito: da Accorsi che deve scherzare col figlio in inglese per ricordare che è un interprete alla scena finale, mimata per minuti da mastandrea e poi mostrata nel flashback, passando per la Solarino che pensa ad alta voce al ritornello giocare/chiavare.
Ecco, se i tuoi personaggi (praticamente tutti) devono pensare ad alta voce, secondo me c’è qualcosa che non va nel modo di fare cinema.
Quindi il cinema è cinema soltanto quando rappresenta personaggi non affetti da disturbi mentali, che non recano traumi alle spalle, che non sono sconfitti?
Non so: mi sembra di voler cercare il difetto per forza in un film tutto sommato molto ben fatto. E di solito quello che fa queste robe sono io.
Non mi pare proprio di aver detto niente di tutto quello che mi imputi.
I disturbi mentali di Timi sono teatralizzati tanto da cadere nell’inautentico, nel posticcio , sensazione che in molti altri hanno avuto in questi commenti e al di fuori di questo blog. Io sono d’accordo con loro, non pretendo di dire verità assolute o di separare cinema e non-cinema.
Mi pare inoltre che ,in un film dove alcuni dei temi centrali sono il silenzio complice, il non detto e l’emersione del rimosso, il fatto che tutto venga spiegato, mostrato, ribadito ad alta voce da personaggi che parlano a loro stessi sia una pecca piuttosto grave.
Io i personaggi sconfitti di solito li lovvo, li bacerei tutti sulla fronte (dove sta scritto che questi non mi piacciono perchè sono sconfitti?). Ma Ruggine mette in scena nei personaggi adulti un bigino del trauma, che per essere tale, a mio parere, difficilmente emerge in maniera così chiara e palese nelle persone. Certe uscite di Mastandrea, Accorsi e Solarino mi sono sembrate messe lì più per un banale effetto enfatico che per aggiungere qualcosa a quello che già si era capito del personaggio. Secondo me è una via facile che indebolisce la fatidica sospensione di incredulità.
Liberissimo tu di pensare il contrario.
Condivido sulla recitaizone un po’ troppo teatrale di Timi che stona nel contesto narrativo. Per il resto mi sembra che meriti l’attenzione del pubblico