This Must Be The Place, Paolo Sorrentino 2011

This Must Be The Place
di Paolo Sorrentino, 2011

Da quando abbiamo deciso che Paolo Sorrentino sarebbe stato l’unico (o il più probabile) regista italiano a potersi confrontare non solo con la qualità ma anche con lo stile e – perché no – con la vendibilità dei maestri del cinema americano, una domanda, anche alla luce dei riconoscimenti, è balenata in molte delle nostre menti: come si troverebbe Sorrentino in una produzione di quel tipo? This Must Be The Place è la risposta: un film quasi interamente italiano, ma recitato in inglese, interpretato da una star, con un budget sostanzioso (poco meno di 30 milioni di dollari) e ambientato all’estero – in Irlanda, e ovviamente negli Stati Uniti.

La soluzione di questa curiosità è però, purtroppo, abbastanza deludente. Il problema di This Must Be The Place – lo avrete letto e lo leggerete ovunque - è soprattutto una questione di misura: Sorrentino è sempre stato un regista virtuosistico e baldanzoso, lo dimostrano i clamorosi pezzi di bravura disseminati nei suoi film precedenti e che non mancano nemmeno qui, ma in questo film il regista e il solito Luca Bigazzi (che fa però un lavoro davvero ammirevole intorno agli spigoli e nel cuore del mito estetico dell’America on the road) perde spesso il controllo del mezzo tecnico, in un profluvio inarrestabile di dolly e di carrelli; che però, purtroppo, sembrano non procedere insieme al personaggio, né verso alcuna direzione a dire il vero, danzandogli piuttosto davanti in un’altalena vertiginosa; il regista sembra dimenticarsi il potenziale trasporto emotivo di un movimento di macchina trasformandolo in una fiaccante chinetosi.

Certo, il film non è tutto qui: c’è la riuscita e peculiare interpretazione di Penn (pur rovinata irrimediabilmente dal doppiaggio italiano), c’è la colonna sonora di David Byrne (intorno a cui Sorrentino costruisce l’immancabile pezzo di bravura, vedi sopra), c’è un’ironia sorniona e quieta che a tratti riesce a conquistare – ma l’esuberanza formale rimane in primo piano, nascondendo frequentemente (basti pensare ai tre lenti ed elaborati carrelli circolari con cui è girato il lungo monologo di Aloise Lange, sotto ai quali le parole – pur pesanti e provocatorie – perdono di rilevanza) molte delle difficoltà e le debolezze della sceneggiatura, decisamente meccanica (la risoluzione finale del personaggio), spesso indecisa (per esempio nel tratteggio di personaggi secondari solo in funzione del protagonista) e forse persino un po’ pretestuosa.

Va detto però che questo film (che non è un brutto film in senso assoluto, diciamo che si tratta di una questione di prospettive) rappresenta un punto di svolta importante per il cinema italiano: una produzione nostrana che ha investito capitali ingenti, non solo economici, su un vero Autore che non ha paura di mettere nel film tutto se stesso, tutte le sue capacità, a manciate, a badilate, senza paura di fallire – o meglio, anche a costo di fallire. Sorrentino avrà preso male le misure e si sarà fatto trascinare troppo, ma è ancora il regista di cui si parlava all’inizio: l’unico in grado di competere davvero con i maestri, e di vincere. Un esempio per tutti, persino in un film sommariamente sbagliato come questo.

21 Thoughts on “This Must Be The Place, Paolo Sorrentino 2011

  1. Gorenfield on 25 ottobre 2011 at 09:56 said:

    aspettavo con ansia una tua recensione di questo film, ma è arrivata dopo averlo visto, e forse è meglio così (probabilmente dopo la recensione non ci sarei andato).

    Purtroppo sono uno “spettatore orfano del regista”, e quando nel finale non riesco a capire il film, rimango molto deluso. Questa premessa introduce una domanda, che mi rendo conto essere stupida se posta a un cinefilo come te:
    mi riesci a spiegare quale era il rapporto di Cheyenne con la Signora Bionda? senza capire questo non mi torna il sorriso finale che lei gli rivolge, quando lui torna, dato che lei stava aspettando ben altra persona.

    Ti ringrazio per l’aiuto.

  2. C’è un errore di battitura, perisno invece di persino.

  3. più o meno quello che ho pensato io vedendo il film

  4. Pienamente d’accordo.
    Un film che si riassume nelle scena del concerto di Byrne. Bello ma fine a se stesso.
    Ti ringrazio per aver accennato anche te all’eccessivo uso del Dolly… non l’ha scritto nessuno ma era di un’evidenza clamorosa. Uguale per la marginalità dei personaggi secondari.
    Come sempre un’ottima recensione.

  5. corado on 25 ottobre 2011 at 17:37 said:

    a me è piaciuto, ma a parte il giudizio su questo film e tutte le altre problematiche che in parte condivido, la questione dei dolly e dei movimenti di macchina “ad minchiam” sorrentino se la porta dietro da sempre, mi pare. io ricordo che già ne le conseguenze dell’amore mi avevano infastidito, ogni tanto mi pareva lo spot di un’automobile.

  6. Serena on 25 ottobre 2011 at 22:43 said:

    in certi momenti mi girava la testa. e in tutta quella giostra di movimenti di macchina mi chiedevo se si stava andando da qualche parte e perchè. tante cose abbozzate, tante ambiguità in parte inutili ma anche molta energia e coraggio. in ogni caso da vedere.

  7. paolie on 26 ottobre 2011 at 00:03 said:

    Il miglior momento del film, il concerto di Byrne, è l’unico in cui Sorrentino tiene la camera immobile. Speriamo che se ne accorga…
    Non sono però così negativo sul film, l’ho trovato molto migliore dell’Amico di Famiglia, che dietro alle atmosfere alla DeChirico nascondeva un plot da telefilm austriaco. Il protagonista è un concentrato perfetto di tutte le pop star degli anni 80 (molto più Michael Jackson di Robert Smith), le invenzioni di stile non mancano. Per qualche oscuro motivo, mi ha ricordato Dead Man di Jarmusch.

    • @Paolie … ehm … veramente quella sequenza inizia con un primo piano di David Byrne, e, piano piano, un lento movimento all’indietro, allarga il campo, fino ad inquadrare tutto il palco …
      Detto questo, che mi sembrava doveroso, personalmente ho adorato tutti gli eccessi bulimico-stilistico-formali di Sorrentino in questo film.
      Il Cinema di Sorrentino ha questa cifra, ed è innegabile che è una cifra che, magari cita, ma, certamente, non è accostabile a nessun altro regista.
      Senza parlare della sua capacità di dirigere gli attori, che, peraltro, non stima, in genere.
      Anche se per Sean Penn e Tony Servillo, si è sempre espresso con toni entusiastici.
      Comprendo, in parte, la delusione di Kekkoz, ma più penso a questo film, più scopro cose che me lo fanno apprezzare.
      Rob.

      • paolie on 27 ottobre 2011 at 12:07 said:

        Hai ragione, io mi riferivo in particolare al momento in cui la scenografia sullo sfondo inizia a muoversi. La camera resta immobile fin quando non si volta per andare a cercare Cheyenne tra la folla.

  8. Ah sul mio blog ho fatto un ritratto del suo modo di fare cinema e in questo post c’è tutta la sua filmografia
    http://dino-freezone.blogspot.com/search/label/Personaggi

    @giovanecinefilo Il tuo blog è bello per contenuti e anche per forma, molto bella l’immagine della testata. Sto facendo ora un blogroll e ti inserisco tra i siti che parlano di cinema. Se ti va inserisci anche il mio nel tuo blogroll (marchetta ihihih).
    Io sono MrShake e mio blog Cinepolis: http://dino-freezone.blogspot.com/

    Scusa se ti scrivo qui per questo ma non ho trovato email di contatto Ciao

  9. vespertime on 26 ottobre 2011 at 23:57 said:

    anche io non sono molto daccordo con la recensione. come ha detto qualcuno il virtuosismo di sorrentino in quanto a movimenti di macchina si era già espresso altrove e trovarlo in modo esponenziale in un film del genere con una produzione e mezzi superiori al suo solito mi è sembrato scontato. Personalmente trovo che qualcosa da dire ci fosse e che il personaggio di Penn fosse l’unico protagonista, il resto era volutamente di contorno (così come la storia che è fondamentalmente inutile). Il personaggio era ben caratterizzato e visto che le cose dette erano reali anche se ricoperte da eccessivo manierismo visivo avevano comunque il loro valore. Non ci ho visto niente di male in questo. L’unica cosa che probabilmente mi ha deluso riguarda il finale del film dove, il nostro, poteva benissimo chiuderla con la scena della “sigaretta”. Bastava ed avanzava a far capire molte cose , sopratutto in un film che fino ad allora giocava su piccoli gesti. Lo “spogliarsi” nel finale l’ho trovato superfluo e, probabilmente, anche un po’ bigotto. come se quel gesto così drastico abbia in qualche modo a che fare con il “crescere”. Da un regista come Sorrentino sinceramente non me lo aspettavo. Quell’ultimo minuto fa calare un pochetto il mio giudizio finale.

  10. Sono d’accordo con la recensione. Anche io, e ne parlo sul mio blog, ho riscontrato questo scarto tra virtuosismo tecnico e zibaldone di contenuti buttati lì e non amalgamati… Detto questo è un film da vedere, a costo di dire “non mi è piaciuto”… E sono tendenzialmente d’accordo anche con il finale del tuo pezzo… saggio direi…

  11. Condivido ancora con te gran parte della critica.

    Penso però che la recitazione di Penn non sia stato tanta eccelsa. In lingua originale era molto, forse troppo, simile a quella di I am Sam.

    Di Sorrentino adoro il suo occhio sempre originale sulla scena e i movimenti di macchina, appoggiando la tua visione sull’uso fine a se stesso, ma lo condivido poco sulle sceneggiatura.

    Questo è il classico esempio del “nome” a cui è permesso di produrre qualcosa di mediocre a discapito del “nessuno” che vede respinte opere gustose e originali.

    Le minitrame possono avere una loro appetibilità, ma credo abbiamo bisogno di aria fresca e meno narcisismo per anni di gloria oramai andati

  12. Marco on 30 ottobre 2011 at 13:59 said:

    Tutto quello che ho pensato dopo aver visto il film l’ho ritrovato pari pari nella recensione.Aggiungo che il film dal punto di vista emotivo non coinvolge,tiene a distanza,rimane impermeabile…forse proprio per quello stacco tra forma e contenuto.Io penso che questo regista non sia così eccezionale e a volte penso davvero che non abbia un grande controllo della macchina;ma è un mio pensiero.

    Ps:dialoghi imbarazzanti.Ma c’è qualcuno in Italia che sia in grado di scrivere dei dialoghi interessanti e anche un po’ meno espliciti di quelli di una pubblicità?

  13. Damiano Meraviglia on 31 ottobre 2011 at 11:13 said:

    d’accordissimo con vespertime, essere uomo significa capelli corti e outfit da medio borghese?

  14. io alla fine del film non avevo capito se era un capolavoro o una cagata. non sono ancora arrivato ad una conclusione.
    Sorrentino è indubbiamente talentuoso ma è stato molto aiutato da uno strepitoso Penn. peccato che manchi una trama.
    Ho anche io un blog di cinema. spero vogliate leggere anche la mia personale (un pò dura) recensione:
    http://www.clapsbook.com/2011/10/this-must-be-place-sorrentino.html

  15. Io devo dire che vi ho visto qualcosa di particolare in questo film che raramente ho trovato in altri. Ho come avuto l’impressione che Sean Penn protagonista non fosse un personaggio, ma solo un paesaggio. C’è una bellissima inquadratura verso l’inizio quando Cheyenne va per la prima volta a parlare con la madre di Mary in cui la videocamera riprende in controcampo Lei tenendo sulla sinistra la capigliatura di Penn. E’ straordinario, si è creato un effetto ottico che non fa capire bene se lei sia dietro qualcuno/qualcosa o di fronte a uno sfondo scuro… da quel momento in poi tutti quei personaggi secondari e le loro situazioni strane e curiose mi sono apparse come una serie di oggetti che si scontrano con uno spazio si nero, ma rappresentante di innocenza e purezza e che fa da motore per qualcosa dentro di loro, portandoli a cambiare. Un po’ come se Sean Penn fosse il Place della canzone.

    Le altre inquadrature ad minchiam mi sa che fossero state fatte così di proposito, l’occhio della videocamera l’ho visto proprio che giocava, Sorrentino pare che prendesse un po’ in giro esagerando volutamente con tutti gli stereotipi possibili e immaginabili dell’America. Strade immense, Bisonti, Motel a mezza stella, automobili gigantesce, gente che ha successo nella vita inventando cose piccolissime e apparentemente insignificanti… mi è parso tutto un gioco, come un bambino che va in America e vede tutto quello che si aspettava di vedere, come Cheyenne insomma.

    Bel sito – con questa qualità definirlo blog è riduttivo – passerò spesso!

  16. AleComo on 8 gennaio 2012 at 02:31 said:

    Il fatto che nessuno parli dei contenuti che il film è lucidamente e concretamente in grado di comunicare mi fa restare perplesso sulla critica. Frequento da anni cineforum e cinefili, ribadisco il fatto che troppe volte si parla solo del come e mai del cosa.
    La trasformazione,il cambiamento,le possibilità perse… Era molto tempo che un contenuto così bello non venisse comunicato in modo così attuale e chiaro.
    Grande film,grande Sorrentino.

  17. claudio on 15 gennaio 2012 at 23:05 said:

    credo che il messaggio stia in questo: diviene “adulto” (“padre”) chi sa assumersi la responsabilità dell’altro, facendone suo il desiderio (per il personaggio di Penn è il desiderio di “vendetta-giustizia” del padre defunto) e quindi, in un certo senso, DIVENENDO UNA COSA SOLA con l’altro (“salvando” CI SI salva). Infatti, l’ultima scena, che “Gorenfield”, qualche commento indietro dice di non aver compreso, conferma la tesi: la donna sorride a Penn, che in un primo momento pensava fosse suo figlio finalmente ritornato, in quanto, in qualche modo egli E’ DAVVERO suo figlio! Al di sotto di tutta la trama, forse, è anche questo un messaggio nascosto e cifrato che lascia l’autore: TUTTI SIAMO UNA COSA SOLA. Finale magnificamente “Buddhista”… (come lo sono le immagini, “mistiche” e mozzafiato: finestre aperte sull’”Assoluto”!!!!!

  18. @Roberto Bernabò , quoto tutto quello che hai detto….
    Adoro Sorrentino proprio per i difetti che a volte gli si accusano….
    Non penso che sia nè noioso, nè disturbante con i suoi eccessi stilistici e il film penso che sia chiarissimo quasi dall’inizio come la sua fine

    http://dino-freezone.blogspot.com/2012/01/this-must-be-place-2011-di-paolo.html

  19. @Dino Romans ;-) Leggerò e ti dirò da te. Rob.

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