The Unjust, Ryoo Seung-wan 2010

The Unjust (Bu-dang-geo-rae)
di Ryoo Seung-wan, 2010

La polizia è a caccia di un serial killer di bambini che terrorizza la popolazione coreana, ma dopo che il maggior sospettato viene ucciso per sbaglio durante un inseguimento i piani alti della polizia di Stato (per conto del Presidente in persona) decidono di affidare al durissimo (e non proprio integerrimo) Capitano Choi un compito ingrato, in cambio di una promozione a lungo agognata: dovrà scegliere un altro individuo sospetto, attribuirgli i delitti e arrestarlo, per placare l’opinione pubblica. Per farlo si avvale dell’aiuto di un boss, ma a mettergli i bastoni tra le ruote c’è l’ambizioso (e nemmeno lui proprio integerrimo) procuratore cui viene stato affidato il caso.

Se nei suoi suoi più noti film precedenti si era in qualche modo specializzato sullo scontro fisico (le botte di No Blood No Tears, il super-eroismo con arti marziali di Arahan, la street boxe di Crying Fist, le risse coreografate di The City of Violence), con il suo ultimo film Ryoo Seung-Wan sembra voler iniziare un capitolo del tutto distinto della sua carriera, lasciando quasi del tutto da parte l’azione e le botte (anche se Choi è un judoka spaventoso) con un film più adulto e dai contorni quasi politici: The Unjust è infatti un’opera definitivamente cinica e disillusa, che a partire da meccanismi del noir poliziesco metropolitano, rappresenta un mondo in cui le distinzioni tra buoni e cattivi non hanno quasi più senso, in cui ciascuno fa esclusivamente il suo interesse – con conseguenze letali, non soltanto per i pochi malcapitati che si trovano a difendere gli ultimi residui di onestà, ma per l’intero sistema della giustizia.

La sceneggiatura (di Park Hoon-Jung, lo stesso di I Saw the Devil: è il primo film di Ryoo scritto da qualcun altro) incespica e si avvolge un po’ su se stessa nel raccontare il funzionamento dei rapporti politici e burocratici tra polizia, mondo degli affari e mafia, finendo per impallare spesso il film, che a tratti risulta troppo complicato e persino noioso, ma che si riprende alla grande nel rendere i conti della corruzione e dell’amoralità diffusa. E se l’assenza di un riferimento rende in qualche modo disturbante l’esperienza del film (Ryoo ci prova gusto, utilizzando tra l’altro in modo spregiudicato l’enfatica ed esagerata colonna sonora) l’intervento tardivo del Caso beffardo e una parte finale violentissima e infine (a suo modo) catartica chiudono in modo esemplare la sua nerissima e crudele parabola.

Il film è uscito in patria nell’ottobre 2010, ed è stato presentato l’anno scorso a Berlino nella sezione Panorama, prima di fare un giro di festival tra cui il Far East Film di Udine.

Per il momento il film è disponibile in dvd nell’edizione coreana (Regione 3).

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