L’arte di vincere (Moneyball)
di Bennett Miller, 2011
Il film sul baseball, si sa, vogliono sempre dire un’altra cosa. La vera distinzione è semmai tra i film comprensibili a chiunque passi di lì (il primo esempio che mi viene in mente è L’uomo dei sogni, che infatti è un capolavoro), quelli in cui la comprensione è desiderata ma non necessaria (Bull Durham, per dirne uno) e quelli che chiedono obbligatoriamente un’infarinatura delle regole dello sport*. Estendendo la richiesta ben oltre il formulario del gioco sul campo, Moneyball rientra in quest’ultima categoria, pur se è ben chiaro dove voglia andare a parare e quale sia la metafora di turno. Vantaggioso per la qualità dell’ottima sceneggiatura (a cui Aaron Sorkin ha contribuito, immagino senza metterci granché di suo), uno script intelligente che non vuole certo perder tempo in spiegazioni – perché quella sul baseball è una conoscenza nazionale condivisa, ergo data per scontata – ma un po’ meno per il povero cristo che del manuale del baseball è arrivato a pagina tre, come il sottoscritto. Ciò detto, messi da parte tutti i dialoghi e i passaggi che per colpa di un’eventuale scarsa conoscenza (più che delle regole in sé, intendo del sistema cognitivo e sociale che regola il baseball negli states, quello che Billy Beane è andato a intaccare) non si è riusciti a decifrare, resta una storia di riscatto personale e seconda possibilità tanto ben realizzata quanto prevedibile, diretta da Miller in modo pressoché invisibile quando non piatto, ben congegnata ma in definitiva non proprio stimolante. L’aspetto più interessante di Moneyball sta nel paradosso per cui l’applicazione di una cosa fredda come la matematica fa risaltare l’umanità delle sue parti, ma non si può dire che l’esperimento si rispecchi in modo compiuto nel film; la formidabile performance di Brad Pitt contribuisce a rendere il film più appassionante, ma non a renderlo meno inoffensivo.
*considerazioni iniziali suggerite da un thread su Facebook di UdP, che ringrazio
In realtà più che un’infarinatura delle regole del baseball (che effettivamente tutti gli americani conoscono) per capire bene il meccanismo della trama bisognerebbe capire bene il sistema di funzionamento dei contratti delle Major League di baseball, un argomento che non credo sia chiaro nemmeno all’americano medio. È un po’ la differenza tra il sapere le regole del calcio e avere chiaro il fatto che un centravanti argentino può stracciare il contratto che dura ancora un tot di anni in modo da cambiare squadra e far avere una commissione al suo procuratore…
Il libro con lo stesso nome da cui il libro è tratto è un non-fiction che spiega in modo abbastanza noioso ma dettagliato tutte le storture nel funzionamento delle MLB, i contratti e le incrostazioni storiche (i vecchi scout che si intravedono nel film) che ne sono causa ed effetto, da qui poi parte la spiegazione del “progetto” di Beane. Togli tutto questo, oggettivamente difficile da portare sullo schermo, e resta solo un film sentimentalistico. Ma credo che sia così anche per gli americani, non solo per noi.
Alessio, nel post ho scritto “estendendo la richiesta ben oltre il formulario del gioco sul campo” e anche “più che delle regole in sé, intendo del sistema cognitivo e sociale che regola il baseball negli states” quindi direi che ci capiamo. In ogni caso non sono del tutto certo che per l’americano-medio la comprensione del film possa essere ostica quanto è, non dico per l’italiano-medio, ma per me
prevedibile? tu davvero avevi previsto quei continui ribaltamenti di prospettiva?
Ho avuto la stessa sensazione. Cioè, un film ben scritto, con una bella struttura e un finale/morale forse un po’ prevedibile ma che ho trovatyo comunque non scontato, ma la storia resta troppo americana. Se il baseball uno non lo mastica, e io non ci capisco nulla, buona parte dei dialoghi va nel cestino. E un po’ di noia la si avverte (a partire dal secondo tempo). a me è capitato questo, almeno. fermo rimanendo la bravura di Pitt. ecco forse hai ragione: togliendo Pitt dall’equazione è probabile che il film intero ne avrebbe perduto abbastanza.
Non sono d’accordo;anche io non ne so niente di baseball ma sinceramente non mi sono trovato in difficoltà a capire bene il meccanismo e poi il finale sinceramente è amaro non prevedibile,per me.
Mia recensione qui http://popcornslurp.altervista.org/moneyball/
quanto è vera la prima frase del tuo post!!!