War Horse
di Steven Spielberg, 2011
Pur nel contesto bellico di uno dei più drammatici spartiacque della storia dell’umanità, quella tra Albert e il cavallo Joey è di fatto una storia d’amore. Un amore travolgente e a prima vista, capace di volare sulle ceneri della fine del mondo saltando di trincea in trincea, di perdersi e ritrovarsi sfidando il caso con la potenza magica del sogno e, perché no, della speranza. In fondo i “buoni sentimenti” che il film veicola e che, come spesso accade nel cinema di Spielberg, possono trarre in inganno se isolati dal contesto, non sono che una reazione davvero violenta e incisiva a una Storia tutt’altro che gentile, sono l’ultimo baluardo che ci permette di rimanere umani. Spielberg racconta l’ennesima storia sulla perdita dell’innocenza – che non torna a casa con i sopravvissuti, no, lei rimane nelle trincee vuote, e nell’accampamento violato tra decine di cavalli sacrificati – rimettendosi ancora una volta allo stupore di fronte alla bellezza del mondo, unica arma contro la corruzione dello spirito. E utilizzando il cavallo e la sua imperitura e testarda grazia, quasi più che come metafora, come perno narrativo di un’epica profondamente e deliberatamente inattuale, di una messa in scena spettacolare e di uno stile fiammeggiante che si rifanno ai classici, tra silhouette stampate su tramonti rosso fuoco e commoventi dolly che aprono lo sguardo su pianure e colline destinate a diventare terra bruciata. Facile storcere il naso di fronte a un’operazione così meravigliosamente anacronistica, ma la verità è che Spielberg qui è davvero all’apice della sua forma: usando la rarità e il coraggio di essere “gentili” come motore pulsante della storia, riesce sempre a regolare i toni di un racconto assolutamente lineare eppure ambizioso e complesso per come moltiplica le storie e i personaggi con una sapienza magistrale (basti pensare a come si alternano l’intensa sequenza della fuga di Joey nella terra di nessuno a quella, così lieve eppure così terribilmente sublime, della sua liberazione da parte dei due soldati nemici) ma sa anche regalare momenti di cinema semplicemente grandissimo, bilanciando con professionalità inattaccabile (coadiuvato dai soliti Williams, Kaminski e Kahn) l’istinto innato alla grandiosità e il pudore di fronte al dolore e alla morte. Ovviamente è necessaria una certa predisposizione: ma del resto, non è necessaria per qualunque film? War Horse , nella sua spudoratezza, nella sua vigorosa e virulenta emozione, è un film sostanzialmente perfetto.
praticamente d’accordo in pieno su tutto. Un grandissimo filmone come non se fanno più. Contentissima che ti sia piaciuto così tanto, di leggere stroncature davvero non ne potevo più!
mia recensione qui:
http://firstimpressions86.blogspot.com/2012/02/war-horse.html
Presto, prima che arrivino i troll!
Il prequel di Mr. Hands !!!
Il primo commento scritto maluccio da quando leggo il suo blog, peccato. Ho l’impressione che nel tentativo di omaggiare il maestro abbia perso di vista l’oggetto. Per questo non sono per nulla invogliato alla visione del film, come al contrario capita quando leggo le sue recensioni positive sulle ultime uscite.
Cordialità
Per la prima volta non sono completamente d’accordo con te kekkoz.
Premetto che ritengo “giuste” le cose che hai scritto, le riflessioni sono condivisibili MA
1) La fotografia, per la prima volta nella carriera di Spielberg, mi lascia perplesso in più momenti del film. Spesso si vedono le ombre degli attori sul fondo, e c’è proprio la sensazioni che questi abbiano dei riflettori puntati in faccia (a volte è proprio inverosimile la luce). Nelle scene di guerra alcune riprese sono contrastate, altre estremamente sfocate, con variazioni anche cromatiche. Questa incoerenza visiva, per chi come me ama alla follia il cinema di Spielberg, “is a pain in the ass”.
2) A volte gli attori davano la sensazioni di recitare in modo esageratamente grottesco e caricaturale, con un pathos portato davvero all’eccesso (al contrario di Salvate il soldato Ryan e altri capolavoro spielberghiani nei quali la recitazione, al contrario è realistica anche se, allo stesso tempo, estremamente ‘emotiva’).
3) La sceneggiatura è (quasi) totalmente priva di dialoghi avvincenti o battute memorabili, condannando questo film, purtroppo, a non essere ricordato per le battute, ma al massimo per le emozioni (che non è poco, sia chiaro, ma questo “problema” impoverisce il film).
4) Autocensura! Questo da Spielberg proprio non me l’aspettavo. Una scena di guerra quasi “epica” in cui non si vede una goccia di sangue e in cui la camera non può osare troppo nei movimenti perché il film dev’essere godibile da “grandi e piccini”
5) Scene improbabili. Feriti gravi su barelle improvvisate, un medico che si deve occupare di tutto… Un minuto dopo tutti pensano al cavallo e persino le infermiere vengono coinvolte. E i feriti? Riposano nel frattempo?
Altre cose del film non mi hanno convinto, come l’amico del protagonista che fino ad un certo punto del film non fa altro che ridere come un ebete. Praticamente un archetipo dal “Viaggio dell’eroe” senza sfumature”. L’eccessiva retorica di alcune scene inoltre le rendeva improbabili.
Peccato, le potenzialità di questo film sono evidenti, ma da Spielberg mi aspettavo decisamente di più.
appena visto. lacrimoni.
mah, a me non ha convinto granchè…
certo, è quello che mio padre definirebbe un “filmone”: altissimo budget, curatissimo nei dettagli, tono epico, buoni sentimenti ecc., ma è anche banale, scontato, retorico…
di molte scene si sa già come andranno a finire non appena sono iniziate, i personaggi non hanno sfumature ecc. ecc.
insomma, sembra più un film anni ’50 che un film del 2012…
Grazie a questa recensione ho deciso di andare a vedere il film, e posso solo ringraziarti. Film perfetto, un’esperienza meravigliosa.