John Carter
di Andrew Stanton, 2012
È successo qualcosa di curioso, con l’uscita di John Carter: molti l’avevano già condannato – artisticamente ma soprattutto commercialmente – ben prima che uscisse o semplicemente esistesse; un po’ per la peculiarità di condizioni produttive che l’avevano spinto fino a un budget di (si dice) oltre 200 o 250 milioni di dollari, forse perché l’industria ha bisogno, ogni tanto, di un capro espiatorio da trasformare in esempio per registi o produttori troppo ambiziosi.
L’ambizione di Stanton, tra i registi di punta della Pixar, già responsabile infatti della regia di film come Alla ricerca di Nemo e WALL-E, era in verità piuttosto trasparente: portare sullo schermo una storia letteralmente secolare (e sul tavolo di Hollywood più o meno da quando c’è il sonoro) com’è la “saga di Barsoom” di Edgar Rice Borroughs e renderla appetibile a un pubblico che nel frattempo ha divorato e digerito ogni possibile derivazione, clonazione e mutazione di quel tipo di storia.
Il problema maggiore del film non è però, come temevano, uno sfoggio eccessivo di mezzi votati al caos o, peggio ancora, al vuoto, ma ha a che fare con la sua quasi obbligata struttura: John Carter è un film che parte almeno tre o quattro volte prima di partire sul serio, e la revisione di Michael Chabon non sembra alleggerire affatto una prima parte che stenta a ingranare e interessare. Una volta innescato il meccanismo e messo piede a Barsoom, impostate le regole del gioco, ci si comincia a divertire.
E del resto del film, una sua buona parte, è quasi impossibile dire o pensare male: Stanton racconta la storia del soldato disilluso catapultato suo malgrado su un altro pianeta (dove finirà invischiato in un’altro tipo di guerra) cedendo spesso alle angherie degli stereotipi narrativi – non c’è nulla di male se lo fai con questa franchezza – ma il suo tentativo di trasportarvi anche il pubblico si può dire del tutto riuscito: John Carter è un film di avventure ingenuo e appassionante messo in scena con semplicità ed enorme professionalità.
Se c’è un film che questo John Carter mi ha ricordato è Stargate: al di là di una certa assonanza della colonna sonora di Giacchino e della somiglianza del percorso narrativo di Carter con quello del colonnello interpretato da Kurt Russell, parlo dell’idea di un cinema che sceglie di essere naif e puramente avventuroso senza passare, come accade per esempio molto spesso in Spielberg (dai Predatori a War Horse), dall’operazione-nostalgia o dalla malinconia prettamente cinefila, quasi del tutto assente in questo film.
Stanton, dalla sua, ha fatto tesoro della lezione in Pixar e forse più in generale in Disney: lo si vede nella costruzione delle sequenze più movimentate (quasi sempre eccellenti), nell’accenno palese a tematiche generalmente ecologiste, ma anche nel tratteggio delle figure secondarie, assai meglio scritte della media (in primis la Dejah di Lynn Collins) mentre il “cane” Woola sembra in tutto e per tutto uscito da un film d’animazione – non a caso è una delle trovate migliori del film, nonché il suo unico, irrinunciabile comic relief.
Tutt’altro, dunque, che il disastro che molti avevano annunciato e che alcuni hanno pure confermato, forse per ansia da prestazione – o forse più semplicemente perché non è stato di loro gusto. E se il debutto di Stanton non è all’altezza dei suoi risultati animati, ci rimane una sequenza – quella battaglia furiosa alternata al tragico flashback sulle “origini” di John Carter – in cui si vede tutta, ma proprio tutta la sua bravura: una sequenza temeraria, bellissima, commovente, da applausi a scena aperta.
Bellissimo film, non ne fanno quasi più di questo tipo…poi secondo me c’è anche un forte problema di “ricezione” nel senso che quando l’ho proposto ai miei amici il commento è stato “mah a me sembra prince of persia…” e cosi viene percepito temo (in italia poi ha avuto pubblicità zero mi sembra….). Certo non si poteva spiegare quanto sia stato importante John Carter come influenze in tante cose (col mio amico giocavamo a trovare riferimenti di star wars durante il film), ma credo sia proprio un marketing sbagliato.
A riprova d ciò, alla prima del film venerdì eravamo…6 in sala
la sequenza che citi alla fine è anche una delle mie preferite. A me è piaciuto tantissimo John Carter, anche più di quant m’aspettassi. Ok è naif, ingenuo, ha un finale un po’ brusco, ma secondo me è un gran pezzo di cinema d’altri tempi.
Visto ieri, ed è stato traumatico.
Nulla da dire su attori, recitazione, effetti speciali, ecc, ma non si può prendere un libro tutto sommato lineare e appiccicarci sopra una sceneggiatura così piena di buchi. Le cose che mi hanno fatto scadere il film sono state Dejah che un momento prima è nel suo palazzo e poco dopo su una nave senza un rigo di spiegazione, gli observer di fringe che saltano da una parte all’altra e manipolano i capi delle varie fazioni senza apparente ragione, lo spiegone del cattivo tratto direttamente dalla evil overlord list, il voler a tutti i costi motivare “scientificamente” il viaggio su Marte, il discorso sensatissimo di Dejah stile “darei la vita per la mia gente, ma la passera perdio no!”, John che nel libro è praticamente l’eroe per eccellenza che improvvisamente non ha voglia di combattere…mah!
Due lire a uno sceneggiatore non le si potevano dare? Un terrestre arriva su marte e nel giro di 2 giorni salva una città e sposa la principessa…ok, è fantasy, ma un minimo di credibilità la si può avere?
Ma la cosa peggiore è che la Disney ha mostrato per decenni principesse buone solo a piangere e cantare: Dejah nei libri passa ore a frignare e nel film me la fai diventare un dannato ninja? Ma perchè???Volevano ferire a morte quelli cresciuti con i libri, vero?