Young Adult
di Jason Reitman, 2011
Young Adult è un film ricco di conferme. La prima è la bravura di Diablo Cody, che dopo il successo di Juno aveva fatto un mezzo passo falso con lo svagato e inconcludente Jennifer’s Body e con la deludente serie tv United States of Tara. La seconda è la definita statura d’attrice di Charlize Theron: una che ha vinto un Oscar, ma per il film sbagliato, forse troppo presto. La terza, tra le altre, è il valore di Patton Oswalt, non solo uno dei migliori stand up comedian americani né tantomeno solo un doppiatore, bensì un attore bravissimo e “completo” di cui Hollywood dovrebbe cominciare ad accorgersi.
Chi non aveva nemmeno bisogno di conferme è invece Jason Reitman, che continua a non sbagliarne una: dopo il sorprendente esordio di Thank You For Smoking che allontanava ogni possibile accusa di ingiustificato nepotismo, dopo il caso eclatante del sopracitato Juno e le sei (vane) nomination agli Academy Awards di Tra le Nuvole, il regista canadese azzecca in pieno anche il suo quarto film. Quello meno attraente e vendibile (per dire: una sola nomination ai Globes, nessuna agli Oscar) ma forse quello più onesto, maturo, più coraggioso e – prendendo in prestito un termine troppo spesso abusato – più “cattivo”. La trama del film, di suo, si stende su terreni conosciuti, ma Reitman lascia campo libero ai dialoghi appuntiti e spassosi, crudeli e perfetti, e all’interpretazione eccezionalmente sgradevole della Theron, che riesce a risultare bellissima (come non mai, forse) e al tempo stesso ripugnante.
Forse si perde un po’ dell’empatia che estendeva e universalizzava la parabola sociale di Tra le Nuvole, e nella brutale risoluzione di questo film non c’è traccia del “cinismo gentile” di Juno, un dato che rende Young Adult più difficile da digerire, un dramma psicologico doloroso e spietato travestito da commedia indie: si potrebbe pensare che sia una nuova direzione nella filmografia di Reitman, oppure che, in fin dei conti, è un aspetto da sempre presente nei suoi film. La sua acuta professionalità ci fa ipotizzare che, semplicemente, questa storia e questo personaggio non si potessero raccontare in altro modo.
Bisognerebbe scrivere un post a parte sul trattamento inglorioso che i distributori hanno riservato al film per la sua uscita italiana, limitata a una dozzina di sale in tutto il paese: di fatto, è quasi come se non fosse nemmeno uscito. Le spiegazioni sono diverse, e non tutte simpaticissime, non è la prima volta né sarà l’ultima che accade, ma è davvero un peccato.
Un film così piace solo a chi lo guarda con distacco o anche a chi si ritrova(se riesce a capacitarsene) in qualcuno dei personaggi? Nella protagonista magari? Insomma serve?
Bella domanda ma forse non saprei risponderti. Personalmente non mi sono “ritrovato” nella protagonista, ma va detto che per me l’immedesimazione è un aspetto abbastanza secondario. Cioè, mi piace che i film parlino direttamente a me o di me, ma se non lo fanno non mi offendo.
Kekkoz posso chiederti lumi sulle motivazioni del trattamento distributivo?
sono proprio curioso
_Odd
Charlize Theron è di una bellezza sconvolgente