The Myth of the American Sleepover
di David Robert Mitchell, 2010
“It’s a myth. Being a teenager. They trick you into giving up your childhood with all these promises of adventure. But once you realize what you lost, it’s too late. You can’t get it back.”
Periferia di Detroit, ultimo weekend estivo prima che inizi la high school. Le ragazze organizzano “sleepover”. I ragazzi pure, ma si vergognano a chiamarli così. Rob incontra una bionda al supermercato e passa tutta la sera a cercarla e schivarla, senza accorgersi che qualcuno è da tempo innamorato di lui. Maggie è improvvisamente sbocciata, a differenza della sua inseparabile amica, e vuole assolutamente baciare qualcuno prima che l’estate finisca. Claudia è arrivata da poco in città e proprio durante uno sleepover scopre un segreto sul conto del suo fidanzato. E poi c’è Scott, un “fratello maggiore” che ha mollato il college dopo una delusione d’amore, e che ritrova una scintilla di speranza in una vecchia foto del liceo.
Lo sleepover, che da noi si chiamerebbe al massimo “pigiama party”, è presentato fin dal titolo come calzante metafora di un momento formativo essenziale e irripetibile, ed è il perno narrativo intorno a cui si danzano le storie di questo racconto corale, vincitore del Premio Speciale della Giuria al SXSW un paio di anni fa. Con questo suo leggiadro, garbato e freschissimo esordio, grazie a piccoli e semplici tratti, spesso senza bisogno nemmeno di aprire bocca (come nella bellissima scena in cui Maggie e la sua amica pedalano per la città accompagnate da Elephant Gun di Beirut), e all’aiuto di una manciata di attori giovani e bravissimi, quasi tutti esordienti o non professionisti, David Robert Mitchell riesce a raccontare molte verità sull’adolescenza, vista come un contrasto evanescente tra la voglia di diventare grandi e la paura che il tempo stesso passi troppo in fretta sfuggendoci tra le mani, come se nell’agognato passaggio all’età adulta fosse già contenuta la malinconica consapevolezza della sua irrevocabilità.
Un bellissimo piccolo film che non ha paura di essere comune pur di essere autentico.
Il film è uscito da tempo in dvd negli USA: ovviamente è Regione 1. C’è anche un’edizione olandese, che è Regione 2 ma purtroppo è priva di sottotitoli inglesi.
Il film è passato anche al Festival di Torino nel 2010. Per il momento non mi risulta sia prevista una distribuzione italiana.
il problema è con certi film mi fai venire una gran voglia di recuperarli. poi scopro che in italiano sono introvabili anche semplicemente sottotitolati e diventi triste trsite al che medito sul fatto che dovrei prima o poi imparare decentemente l’inglese in modo da poter seguirli senza sub. mezza “mia culpa” per uno.
L’ho visto in questi giorni, veramente bello, struggente. Sublime il “fratello maggiore” che parte alla ricerca del momento chiedendosi che diavolo stia facendo.
A.