Real Steel, Shawn Levy 2011

Real Steel
di Shawn Levy, 2011

L’aspetto più interessante di Real Steel, tratto (molto liberamente) da un racconto di Richard Matheson e da un episodio di The Twilight Zone scritto proprio da quest’ultimo, è senza dubbio l’idea di un futuro prossimo in cui un grande traguardo tecnologico (la creazione di robot antropomorfi) non ha modificato quasi nulla: lo si capisce già dai panorami della provincia americana dei titoli di testa, accompagnati da un brano acustico di Alexi Murdoch. Siamo nel 2020, ma al di là dello skyline che attende il protagonista alla fine del viaggio, potremmo essere nel presente o persino nel passato prossimo: il mondo sembra bloccato a suo modo in una situazione di stallo, e non è un caso che una scoperta che potrebbe cambiare il mondo venga utilizzata in modo relativamente marginale nello sport, per soddisfare il crescente desiderio di violenza del pubblico. Una visione non tanto pessimistica o distopica, come spesso accade, quanto disillusa, probabile figlia della crisi economica globale, e che si oppone a gran parte della fantascienza, più interessata (ragionevolmente) alle conseguenze di un’eventuale singolarità in grado di cambiare finalmente la faccia del pianeta. I tratti originali del film diretto da Shawn Levy finiscono però qui: Real Steel è infatti palesemente e forse anche volutamente costruito con stampini di opere precedenti (il più citato, non a torto, è Over the Top) oltre che con veri e propri blocchi squadrati di cliché sul rapporto padre-figlio o sul riscatto dell’ex campione e, più in generale, quelli provenienti dalla più rigida struttura del “film sportivo”. La sorpresa è che, da un certo punto in poi, non ci interessa granché: il film è raccontato con una professionalità impeccabile, non annoia mai nonostante sia lunghissimo (due ore secche), Hugh Jackman mostra un desiderio di fare le cose per bene che non va data per scontata nel genere, e i robot, pur essendo come abbiamo visto un mero pretesto per parlare d’altro, sono protagonisti di scene di ring davvero spettacolari. Un film che sembra nato per scontentare tutti – troppo tenero per gli amanti dei cinema duro, troppe botte per gli amanti del cinema pucci – ma che in realtà trova una sua dimensione, e la trova proprio nella sua ricercata prevedibilità. Non c’è nulla di male nel seguire le regole, se lo fai come si deve.

4 Thoughts on “Real Steel, Shawn Levy 2011

  1. astarte on 21 giugno 2012 at 17:11 said:

    Vero. L’avevo preso giusto per dargli un’occhiata, me puzzava de cavolata già dalla copertina, però una serata robbbottoni, frittatona con cipolle, famigliare di Peroni ghiacciata e rutto libero ci poteva pure stare.
    Alla fine non succede nulla che non ti aspetti e che non hai già visto, però è fatto tutto molto bene e dopo un po’ stai lì colla Peroni ormai sfiatata a fare il tifo per quell’avanzo di discarica con la marmitta Polini modificata…
    BURP!

  2. Adrianaaaaaaaa

  3. 3pad on 22 giugno 2012 at 16:52 said:

    Io ci sono rimasto quando ho scoperto che per la maggior parte delle scene i robot sono quasi esclusivamente in animatronica.

  4. aldo vecchiocinefilo on 22 giugno 2012 at 17:20 said:

    Dalle mie parti si dice “tre punti in meno perché non si copia dagli asini”, e questa specie di proverbio mi è subito venuto in mente guardando “real steel”, a causa degli evidenti riferimenti a “over the top”.
    Ovvero: ma se sei a corto di idee per girare un film e decidi di “ispirarti” a un altro, almeno scegline uno bello, non “over the top”….”tre punti in meno perché non si copia dagli asini”, appunto.
    Aldo vecchiocinefilo

Rispondi a Fab Annulla risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>

You can add images to your comment by clicking here.

Post Navigation