Nameless Gangster (Bumchoiwaui junjaeng)
di Yun Jong-bin, 2012
Siamo a Busan all’inizio degli anni novanta. Per ordine del Presidente in persona, comincia un’intensa e strategica lotta al crimine organizzato. Una delle persone coinvolte negli arresti è Choi Ik-hyun (interpretato da Choi Min-sik), ma un flashback ci rivela subito la verità sulle sue origini: meno di un decennio prima, Choi è un doganiere dagli incerti confini morali che si ritrova tra le mani un carico di eroina, sul quale cercherà di costruirsi una nuova (mala)vita. Uno dei maggiori incassi di quest’anno in Corea del Sud, svolgendosi tutto nel corso degli anni ottanta, sembra inserirsi in qualche modo nel filone nostalgico che ha avuto così grande successo negli ultimi tempi; in realtà si tratta di un robusto gangster movie, scorsesiano più negli sviluppi narrativi che nella messa in scena onesta e professionale di Yun Jong-bin, costruito quasi interamente sull’ambiguità del protagonista: un personaggio diviso tra talento e vigliaccheria, tra sfrontata arroganza e totale passività di fronte agli eventi. Diretto con mano sicura senza mai strafare, limitando al minimo i guizzi di stile e le scene madri (anche se la sequenza in cui Ik-hyun provoca volontariamente il rivale di Hyung-bae per scatenarne la rappresaglia è magistrale) il film lascia spazio libero ai due attori: buona parte del film è infatti incentrata sul rapporto tra il protagonista e Choi Hyung-bae, un giovane gangster lontano parente (intepretato dal favoloso Ha Jung-woo di The Chaser e The Yellow Sea) con cui Ik-hyun crea un’apparente situazione di co-dipendenza. E quella di Choi Min-sik è, ancora una volta, una performance memorabile: ironica, tagliente e sofferta, il ritratto di uno sgradevole perdente il cui cinismo infettivo si cela dietro una maschera innocua e banale, quasi ridicola. Più pericolosa e resistente di qualunque decaduto codice d’onore.
Per il momento del film, uscito a febbraio in patria, esiste solo un’edizione dvd coreana (Regione 3).