Pietà, Kim Ki-duk 2012

Pietà
di Kim Ki-duk, 2012

Gran parte delle (perlopiù sterili) polemiche che hanno fatto seguito all’ultima Mostra del Cinema hanno ottenuto un effetto spiacevole, quello di spostare l’attenzione dall’effettivo valore del vincitore. Vale la pena di ribadirlo: Pietà è uno straordinario, meritatissimo Leone d’Oro, arrivato giusto con qualche anno di ritardo dopo la seccante sequela di argenti nei festival di mezzo mondo; è il film che chiude la lunga crisi creativa e psicologica di Kim, quella che ha prodotto lo sperimentale, autobiografico Arirang; ed è quello che vede tornare nel pieno della sua forma, al suo diciottesimo titolo, uno dei più grandi registi asiatici in attività. Ambientato in un mondo letteralmente inghiottito dal capitalismo, dove i palazzi moderni incombono sui quartieri ai margini della società e in cui il denaro è “l’inizio e la fine di tutte le cose: amore, onore, rabbia, violenza, odio, gelosia, vendetta”, Pietà è una parabola sconvolgente, insieme poetica e terrena, violenta e definitivamente umana, sulle conseguenze devastanti dell’avidità che utilizza il noto meccanismo narrativo, vorticoso e inarrestabile, della vendetta per parlare di dolore e sacrificio in un mondo privato della misericordia, trovando in Jo Min-Soo l’interprete formidabile di un castigo che nella sua estrema determinazione risuona quasi come l’ultimo grido, l’ultimo pianto soffocato di un’umanità sconfitta. Un grande racconto morale in cui ritroviamo anche il gusto geniale del regista per la composizione visiva; più in generale, una clamorosa potenza espressiva: e il film si chiude con una delle immagini simboliche più forti di tutto il portentoso, sbalorditivo, imperdibile cinema di Kim Ki-duk.

3 Thoughts on “Pietà, Kim Ki-duk 2012

  1. Egle on 1 ottobre 2012 at 17:26 said:

    Ho avuto di fianco una tizia che ha pistolato col cellulare per i primi venti minuti, durante i quali ho ripetutamente accarezzato l’idea di segarle via l’avambraccio giusto per farla sentire più coinvolta.

  2. vinz on 1 ottobre 2012 at 18:45 said:

    Adoro Ki-Duk, e mi piaciuto anche questo film, ma non urlo al miracolo.
    Il peccato peggiore e’ il didascalismo: la tematica del film (i soldi) e’ davvero sottolineata in maniera un po’ offensiva per l’intelligenza dello spettatore, cosi’ come alcuni tremendi dialoghi (tipo: una delle vittime al telefono con la moglie “ah partorisci tra un mese?”) .
    A chi ci ha dimostrato che le parole sono inutili (“ferro 3″, “primavera, estate…) davvero e’ difficile perdonarlo.

  3. Che mi dici di scene di violenzas su animali? Devo andare con animalisti e tempo per la mia vita! Grazie.

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