Ve l’avevo promesso, eccoci: un altro di quei post lunghissimi in cui facciamo le pulci o i complimenti alle serie tv appena iniziate, basato in gran parte solo sul pilota (o sui primissimi episodi) e ovviamente non esaustiva perché non include le serie che mi sono rifiutato del tutto di iniziare – per la precisione, questo mese sono state Guys With Kids, Made in Jersey e The Mob Doctor.
Cominciamo con la prima, sostanziosa infornata settembrina del duemiladodici.
La prima serie è in verità cominciata ad agosto ed è Copper, primo prodotto originale di BBC America, creato dal Tom Fontana di Oz e ambientato nella seconda metà dell’ottocento a New York nel quartiere di Five Points – per capirci, quello di Gangs of New York. La serie applica elementi tipici del procedurale a una brillante ricostruzione storica e a uno sviluppo narrativo quasi totalmente orizzontale, con production values e cast notevolissimi. Intensa e a volte brutale, un must che sta passando un po’ inosservato.
Il destino di gran parte dei protagonisti di Friends è inseguire seconde opportunità sapendo che quel tipo di successo sarà irripetibile: i risultati sono alterni. Matthew Perry ci aveva già provato con Mr. Sunshine e sappiamo come è andata a finire. Stavolta ci si muove su un terreno più solido, infatti Go On (NBC) è partita molto bene ed è già stata confermata per una stagione intera. La comedy racconta la storia di un conduttore radiofonico vedovo e dell’amicizia con il suo gruppo di supporto, composto da un campionario di bizzarrie. Niente di particolarmente originale (c’è persino un sentore di Community) ma l’alternanza tra comicità e lacrimuccia funziona alla perfezione, il cast secondario è quasi tutto azzeccato (in particolare Brett Gelman e Julie White) e diciamolo, Perry è ancora uno di casa.
Una coppia gay decide di avere un figlio, sceglie come madre surrogata una ragazza con figlia a carico, appena scappata dal marito fedifrago e dall’insopportabile nonna. The New Normal (NBC) è la nuova serie di Ryan Murphy e si vede, non solo per i topoi della sua tv (la cattivissima Jane Forrest è quasi una cugina di Sue Sylvester) ma in generale per l’approccio sentimentale ai personaggi e alle loro storie. Per fortuna per il momento quello che si vede nella serie è il miglior Murphy: i dialoghi, che sono sempre al centro della scena, sono perfetti e la serie riesce a dare la sensazione di essere sincera, sentita, per nulla artificiosa. Staremo a vedere se sarà così a lungo o se prenderà la piega di Glee, per ora è uno spasso.
Una delle serie più attese della stagione (creata da Eric Kripke di Supernatural, prodotta da J.J. Abrams che non ha più bisogno di un biglietto da visita da un pezzo: ma attenti a non ribaltare i ruoli) si è rivelata una sonora fregatura: molti fallimenti recenti come FlashForward hanno mostrato che una buona premessa (un bel giorno smette di funzionare tutta l’elettricità del mondo, sarà mica stato Snake Plissken?) non basta per realizzare una serie appassionante – anzi, spesso può essere controproducente. Complice un cast tutto sbagliato (tranne Giancarlo Esposito ovviamente, ma non basta), Revolution (NBC) è un clamoroso, noiosissimo colabrodo di nessun interesse. Ovviamente, già confermato per un’intera stagione.
Pur trattandosi di un “multiple-camera” (tipologia in cui è sempre più difficile trovare esemplari di qualità) Partners (CBS) aveva diversi punti di interesse, soprattutto perché ideata da David Kohan e Max Mutchnick, i creatori di Will & Grace. Ma i due non sembrano aver notato il passaggio del tempo: è una sitcom vecchiotta e irritante in cui si salva giusto la raucedine di Sophia Bush. Non orribile, semplicemente inutile: il tipo di serie che guardi quando hai finito tutto il resto. Per fortuna le alternative non mancano.
Ben and Kate (Fox) sono due fratelli: lei è cresciuta troppo in fretta (ha avuto una figlia da giovanissima) mentre lui non è cresciuto affatto. La premessa creata da Dana Fox, sceneggiatrice abbonata alle commedie romantiche, è piuttosto fragile e infatti la serie fa interamente leva sul cast. Scelta vincente: Dakota Johnson è una deliziosa rivelazione, Nat Faxon fa ridere, e poi c’è Lucy Punch, tra le migliori caratteriste comiche in circolazione. La nuova serie più pucci dell’anno: impossibile dirle di no.
Secondo alcuni, Mindy Kaling (per chi non lo sapesse, viene da The Office di cui è stata sceneggiatrice e attrice, e ha già pubblicato un libro autobiografico) potrebbe diventare l’equivalente sui network di ciò che Lena Dunham è stata per il cavo, per quanto riguarda l’imposizione di un modello femminile diverso dalla “norma” anche a livello produttivo e artistico – la serie è ideata e scritta da lei stessa. Ma al di là di ciò che rappresenta, fermiamoci a sottolineare quello che The Mindy Project (Fox) è già: in buona sostanza, il miglior pilot della stagione. Una serie comedy intelligente, arguta, aspra e divertentissima con una protagonista favolosa e una produzione decisamente sopra la media. Amore a prima vista.
Ci sono serie che semplicemente non riescono a interessarmi: Vegas (CBS) è una di queste, nonostante sia creata da Nicholas Pileggi, sceneggiatore di Quei Bravi Ragazzi e Casino. A dire il vero sono convinto che sia un problema mio: il pilot diretto da James Mangold è valido e professionale, il cast (Dennis Quaid, Michael Chiklis, Carrie-Anne Moss) è indubbiamente ottimo, eppure ho spento prima di arrivare alla fine, intorno al minuto 31, perché avevo cominciato da un pezzo a pensare alle margheritine. Noia.
Ogni anno c’è una serie tv che ottiene il record di minor tenuta nel mio soggiorno, quest’anno l’ha vinto Animal Practice (NBC), una comedy ideata da Brian Gatewood e Alessandro Tanaka (sceneggiatori di The Sitter) il cui protagonista è un veterinario tanto antipatico, cafone e donnaiolo quanto talentuoso eccetera. Chi per anni ha seguito Weeds sognando una serie tutta per Justin Kirk dovrà ricredersi di fronte alla densissima quantità di buffe gag con la scimmietta. Terribile, terribile.
Prima del suo esordio siamo stati avvertiti da ogni direzione: The Neighbors (ABC) è la serie più scema della stagione. State lontani. È scema. Io non ho dato ascolto a questi consigli e ho guardato il pilot. Che dire? Hanno ragione, è scema. Ma è così scombiccherata e demenziale che, se uno entra nella prospettiva, ci siamo capiti. Il creatore Dan Fogelman ha il cervello (ha sceneggiato Rapunzel e Crazy Stupid Love), in un certo senso sono curioso di vedere come riuscirà a non farla affogare nella sua stessa idiozia. Impossibile non dare almeno un’occhiata per vedere che fine ha fatto Jami Gertz.
Se The Mindy Project è la migliore comedy della stagione, il premio per il miglior pilot tra i drama va senza troppi dubbi a Last Resort (ABC), la nuova serie di Shawn Ryan, creatore di The Shield e anche della recente, bellissima e sfortunata serie poliziesca The Chicago Code. E dire che mi riusciva difficile credere che una serie sulla ciurma di un sottomarino potesse essere la mia fetta di torta, ma i primi 40 minuti (diretti da Martin Campbell) mi hanno fatto ricredere: gli innumerevoli personaggi sono interessanti e terribilmente immediati senza svaccare troppo nei cliché, la produzione è ricca e spettacolare, l’ambientazione complottista assicura una lunga tenuta. Insomma, una bomba. Letteralmente.
Ammettiamolo, quando abbiamo sentito che la CBS avrebbe realizzato un nuovo Sherlock Holmes ma ambientato nella New York odierna e con Lucy Liu al posto di Watson, abbiamo tutti storto il naso: come si fa a competere così sfacciatamente con Sherlock? Tra l’altro scegliendo proprio Jonny Lee Miller, che ha diviso a lungo il palco proprio con Benedict Cumberbatch nel Frankenstein di Danny Boyle. Senza contare il rischio saturazione: dopotutto House non era che una variazione sul tema, e non dimentichiamo che in giro c’è pure una saga cinematografica di enorme successo. Insomma, le premesse erano quantomeno sospette. Invece Elementary (CBS) potrebbe essere davvero una bella sorpresa: per ora si può dire che il pilot è riuscitissimo e che i due protagonisti sono perfetti. Adoro essere smentito dai fatti.
Una coppia di professionisti senza un quattrino viene assunta in bellissimo ed elegante edificio dell’Upper East Side, di cui saranno i custodi. Peccato che il proprietario del palazzo sia il diavolo, o qualcosa del genere! E non solo: è John Locke! 666 Park Avenue (ABC) riporta un po’ di horror sul network facendo tesoro in qualche modo dell’esperienza di American Horror Story (ma è assai più morbido) e per il momento ha portato a casa un ottimo pilot, divertente, teso, misterioso e girato come dio comanda, in cui i mefistofelici Vanessa Williams e Terry O’Quinn bilanciano bene l’inutilità di Rachael Taylor e Dave Annable. A quanto pare è andato maluccio: cancellazione in vista? Speriamo di no, anche se non riesco a immaginare come una simile premessa possa far tirare avanti una serie oltre la dozzina di episodi.
Questa era l’infornata settembrina americana.
Faccio un’eccezione al seminato stagionale per la prima stagione di Bunheads, composta da 10 episodi, andata invece in onda su ABC Family tra giugno e agosto: è la nuova serie di Amy Sherman-Palladino, la creatrice di Gilmore Girls, che qui riprende molto del suo stile inconfondibile, i dialoghi serrati, l’apologia della provincia americana. Data la sua sistemazione estiva in un canale spesso trascurabile, non ha avuto l’attenzione che merita, ma è veramente irresistibile. Recuperatela.
Prima di chiudere, un saltino veloce nel Regno Unito.
Protagonista dell’indimenticabile The IT Crowd, l’irlandese Chris O’Dowd si sta costruendo una bella carriera di caratterista nella commedia americana, soprattutto grazie al successo di Bridesmaids. Ma ha avuto il tempo anche di coltivare un progetto più personale proprio nel Regno Unito: Moone Boy (Sky1) è una serie da lui scritta e interpretata, forse parzialmente autobiografica, in cui interpreta l’amico immaginario di un ragazzino vessato dalla famiglia e dai coetanei nella provincia irlandese alla fine degli anni ottanta. Il primo episodio è incantevole, esilarante e tenerissimo. Non fatevela sfuggire.
Un’altra piccola segnalazione dal Regno Unito, pur se tardiva: andata in onda alla fine di agosto, A Touch Of Cloth (Sky1) è una miniserie in due parti co-ideato da Charlie Brooker, geniale autore televisivo (la definizione è riduttiva) creatore tra l’altro di due meraviglie come Dead Set e Black Mirror. La mini è una parodia dei procedurali britannici che può ricordare, come metodo, il classico Police Squad!, e che abbina una comicità “meta” e più sottile a giochi di parole e gag decisamente demenziali. Ritmo di sciocchezze per minuto senza precedenti, io mi sono pisciato addosso ma forse non è per tutti i palati.
(Ne approfitto per dirvi che Black Mirror arriva in Italia il 10 ottobre, per il momento su Sky. Se potete non perdetevela, è una delle cose più belle andate in onda in tv negli ultimi anni.)
Questo è quanto, per ora. Per tutto il resto, ci sono gli amici di Serialmente.
elementary di per sè non è tanto male, ma è troppo esangue e inutile per andare oltre il pilot. http://www.serietv.cinefilos.it/elementary-altro-sherlock-holmes-cerca-dautore-16413
La serie di O’Dowd mi ispira parecchio, vedo di darle un’occhiata. E a questo punto, anche The Mindy Project… eppure non so, non mi convinceva tantissimo dal trailer.