Silent House
di Chris Kentis e Laura Lau, 2011
Firmato dai due coniugi registi di Open Water, Silent House è un caso limite di “instant remake”: erano passati solo otto mesi dalla proiezione del film originale a Cannes nel 2010 quando il rifacimento venne presentato al Sundance. Il nuovo film è apparentemente identico all’interessante e irrisolto horror uruguayano, ma in realtà nel passaggio a una produzione (pur indipendente) americana cambiano molte cose già a livello progettuale: 4 giorni di riprese e 6 mila dollari di budget da una parte, qualche settimana e 2 milioni dall’altra. La premessa però è la medesima: il film è girato come se fosse un unico piano-sequenza (in realtà in entrambi i casi si tratta di segmenti di un quarto d’ora al massimo, Kentis e Lau sono stati molto più schietti di Hernández nel dichiararlo) ambientato quasi interamente all’interno di una vecchia casa, dove viene gradualmente rivelato un inquietante segreto sul passato della protagonista. Ma le differenze maggiori tra i due film (entrambi girati con una Canon EOS 5D Mark II) non riguardano tanto i risultati tecnici, quanto la sceneggiatura della stessa Lau: quando la verità sulla casa e sul personaggio di Sarah comincia a venire alla luce, il film butta tutte le soluzioni in faccia allo spettatore, dando purtroppo credito a uno dei più ritriti pregiudizi sui remake all’americana. Per il resto, l’idea del film porta con sé ancora una volta una riflessione interessante sul suo stesso principio di realtà – e sul cinema come illusione, sogno e menzogna – ma d’altro canto porta con sé anche interminabili minuti in cui non succede nulla e ci si annoia a morte: è un peccato che Silent house funzioni meglio come esercizio teorico (del tutto inutile) che come esperimento di genere (del tutto innocuo). L’unica cosa davvero convincente del film è la formidabile Elizabeth Olsen, e non soltanto per la sospetta tendenza dei due registi a indugiare sulla sua scollatura.
“non soltanto per la sospetta tendenza dei due registi a indugiare sulla sua scollatura.”
e meno male che non l’ho notata solo io…