Tutti i santi giorni
di Paolo Virzì, 2012
Ciò che sembra distinguere Tutti i santi giorni dal resto della filmografia di Paolo Virzì e del suo fedele sceneggiatore Francesco Bruni è il rapporto tra i personaggi e la sceneggiatura. In Guido e Antonia hanno trovato due figure così immediate e credibili da saper tenere in piedi il film senza dover attingere a meccanismi scoperti, e pur con qualche azzeccato accorgimento (come quello di far iniziare il film in medias res, chiudendo il cerchio alla fine) li hanno svincolati dagli ingranaggi più soffocanti restituendo una gradita sensazione di onestà, piuttosto rara nel cinema italiano. Persino di libertà compositiva, per come si alternano la leggerezza e la tensione, il senso dell’umorismo e la paura che il mondo intero ci crolli addosso. Il trucco c’è, ma non si vede: al centro di Tutti i santi giorni, che come al solito affronta il mondo di oggi soltanto di striscio, c’è soprattutto una linea retta di quotidianità spezzata da un ostacolo, e da ricucire al più presto. Guido e Antonia in tal senso non sono davvero liberi, ma stavolta Virzì e Bruni sembrano osservarli da una certa distanza, forse la stessa nostra, perché hanno fiducia in loro. Questo è il loro film più dichiaratamente, sfacciatamente romantico, ma in una maniera favolosamente ordinaria – un piccolo miracolo. Molto del merito della sua riuscita va però, a monte, ai due interpreti: Luca Marinelli è una bellissima conferma e il suo Guido è uno dei personaggi italiani più amabili e divertenti degli ultimi tempi. D’altra parte, Thony è una scoperta ancora più notevole – non perché è una cantante vera che recita, ma perché è una cantante che recita benissimo: tutt’altro che scontato. Le sue canzoni sono il tocco finale di un film delizioso, autentico e vitale.
bellissimo, anche se ho trovato i personaggi un po’ troppo stereotipati
Allora devo vederlo, non erano solo marchette le altre recensioni che ne ho letto!