Lawless
di John Hillcoat, 2012
Il terzo film che John Hillcoat ha tratto da una sceneggiatura di Nick Cave dopo Ghosts… of the Civil Dead e The Proposition, tratto da un romanzo di Matt Bondurant che narra le avventure di suo nonno Jack e dei suoi due fratelli nella Virginia degli Anni Trenta, parte da un presupposto davvero particolare: gli anni del Proibizionismo, analizzati dal cinema in lungo e in largo, vengono guardati da una prospettiva differente, quella della Contea di Franklin, un luogo polveroso e marginale, ”alla periferia dell’Impero”, ben distante dal mito di Chicago con i suoi mafiosi in ghette e cravatta, dove la gente fa quello che può per tirare avanti durante la Grande Depressione. La città, quella dove si consumano i crimini che occupano le prime pagine dei giornali, è vista come un demonio da cui scappare (per esempio, dall’ex ballerina Maggie, la bravissima Jessica Chastain) ma esercita comunque un fascino irresistibile sul protagonista, il giovane Jack Bondurant: il motore del film è la sua ambizione urbana, quella di diventare un gangster come il leggendario Floyd Banner, attirato sì dal successo personale e dall’odore dei soldi, ma soprattutto dal contrasto e dal confronto con i sue due fratelli – visibile fin dalla prima rivelatoria sequenza ambientata anni prima, in cui i due ragazzini cercano invano di spingerlo a uccidere un maiale – che gli impedisce di dare un senso alla sua vita e di diventare uomo. Però, nonostante gli sforzi di Shia LaBeouf, Lawless ha la sua forza negli altri due Bondurant: il furioso, incontrollabile e violento Howard di Jason Clarke e soprattutto il Forrest di Tom Hardy. E ancora una volta è l’attore inglese a diventare il fulcro e l’anima del film, con una tattica invincibile: mentre la sceneggiatura lo ricopre con un’aura quasi mitologica, Hardy si aggira parlando appena, bofonchiando e tossendo, con un carisma mostruoso che non ha bisogno di forzature, e alla fine regala una delle performance più bizzarre ed entusiasmanti dell’anno. Hillcoat qua e là prende qualche abbaglio, soprattutto caricando il personaggio di Guy Pearce di una sgradevolezza grottesca, ma la perfezione del resto del cast (inclusa la solita, incantevole Mia Wasikowska) e l’ottimo lavoro sulla fotografia digitale fatto insieme a Benoît Delhomme, fa di Lawless un interessante, avvolgente gangster movie sui generis. Senza dimenticare, ovviamente, l’apporto delle musiche: Nick Cave non si è limitato a scrivere il film, insieme a Warren Ellis (The Bootleggers) ha messo su una band ad hoc e con l’aiuto di ospiti illustri (Emmylou Harris, Mark Lanegan) ha composto una decina di suggestive canzoni, perfette per l’occasione. Se c’è una colonna sonora da conservare nel 2012, è quella di Lawless.
Si, si e ancora si.
Tutto verissimo quello che hai scritto. Io per la verità non ho badato più di tanto alla colonna sonora ma il film a me è piaciuto.
Cast spettacolare per un film che pur non essendo uno di quelli che rimarrà negli annali sotto la voce capolavoro ha moltissimi aspetti per non potere essere trascurato.
L’ho visto qualche tempo fa in lingua originale, ed ho avuto una seria difficoltà a seguirne i dialoghi. Una roba del genere in precedenza mi è capitata solo due volte: con Syriana (che ho visto in italiano!) e con American gangster. Mi stupisco poco che, a tre mesi dal quando ho visto il film, l’unica cosa che mi ricordo di esso è di essermi annoiato parecchio. Tom Hardy a parte, si intende.
AP