Vita di Pi (Life of Pi)
di Ang Lee, 2012
Una storia che, per la maggior parte della sua durata, ha tre protagonisti: un ragazzo, una tigre, l’oceano. Trasferire sullo schermo un romanzo come quello di Yann Martel non era un’impresa da poco (non solo per questa ragione: lo sa bene chi conosce il funzionamento del libro, che preferisco non rivelare) e ci hanno provato diversi registi nel corso di una decina d’anni, da Shyamalan a Jeunet.
Alla fine l’incarico è toccato ad Ang Lee, un autore con un riconosciuto spirito di adattamento; il regista taiwanese è riuscito a vincere la sfida con grande naturalezza ed eccezionale maestria, trasformando Vita di Pi in un film suggestivo, incantevole ed emozionante. Visivamente, prima di tutto, è uno dei più clamorosi traguardi del cinema americano recente; non tanto per la strabordante ricchezza di colori, luci, stimoli (a partire dai formidabili, semi-documentaristici titoli di testa nello zoo) e non solo per la perfezione micidiale della CGI, quanto per la cura sovrumana della regia: con l’aiuto del direttore della fotografia Claudio Miranda (che si è fatto le ossa con Fincher: è abituato a sperimentare), Lee porta a compimento uno stupefacente paradosso: Vita di Pi è quasi tutto ambientato su una piccola scialuppa, eppure ogni singola inquadratura è una nuova scoperta.
Ma in tutto questo splendore visivo, che talvolta si trasforma in allucinazione, Lee riesce a infondere una sentita e mai banale spiritualità; senza allontanarlo, quindi, dalla natura più profonda della storia, quella di una riflessione sulla ricerca incessante della (propria) fede che va a braccetto con uno studio sulla soggettività della narrazione, manifestato nella parte finale con inattesa durezza. E allo stesso tempo, senza dimenticare la sua dimensione più spettacolare: quella del naufragio, per esempio, è una sequenza a cui difficilmente si arriva preparati, dieci minuti di puro cinema, grandioso e spaventoso, il cui impressionante impatto, per una volta, è valorizzato da un 3D davvero sorprendente.
Perché uno degli aspetti più straordinari di Vita di Pi è la potenza espressiva con cui viene utilizzata questa tecnologia: in un un momento in cui il 3D sembra diventato, in molti casi, un modo per aumentare furbescamente il prezzo dei biglietti, Ang Lee lo sfrutta invece con una destrezza e con un’intelligenza che lasciano spesso a bocca spalancata, restituendo un raro e prezioso senso di autentica meraviglia. Il concetto è chiaro: nessun progresso è buono o cattivo in sé, ma dipende dall’uso che se ne fa – e questo bellissimo film riuscirebbe a convertire anche il più testardo degli scettici. Se dovete vedere anche un solo film in 3D nella vostra vita, fate che sia Vita di Pi.
3D a parte, che purtroppo da me non era disponibile e ne ho sentito la mancanza, visto che la maggior parte delle inquadrature erano fatte apposta per, tu hai visto la versione originale? perchè io francamente ho trovato il doppiaggio particolarmente sciatto, e la mia visione ne ha risentito parecchio in termini di coinvolgimento emotivo …
L’ho visto in italiano. Il doppiaggio era abbastanza sciatto, hai ragione (perché Pi adulto deve avere un accento se Pi giovane parla in dizione?) ma non è bastato a distrarmi emotivamente. Quando vado a vedere un film doppiato, è una cosa che metto in conto nel 90% dei casi.
bisognerebbe sapere se nell’originale “l’accento diverso” esisteva o meno …
potrebbe anche essere stato ideato per “differenziare” le due storie,
la versione onirica da quella orribilmente reale …
Film molto bello,spettacolare, di grande impatto visivo,coinvolgente nelle parti in cui descrive il naufragio,lento in quelle introspettive e di riflessione spirituale,poetico e struggente nella descrizione cinematografica dell’amata terra natia del protagonista,l’India.Nel finale,narrato con sufficiente efficacia,il film ritrova e conclude il percorso introspettivo di Pi.
L’ho visto oggi, ma al Warner (di pomeriggio) avevano solo la versione 2D e per tutto il tempo della visione non facevo che rendermi conto di quanto fosse pensato per la terza dimensione questo film e quanto mi stessi perdendo. Mi sa che devo proprio trovare tempo (e denaro) per una nuova visione con gli occhialini. Per me uno dei film dell’anno, per temi e per realizzazione.