Dredd
di Pete Travis, 2012
“Negotiation is over. Sentence is death.”
C’è questo grande palazzo-quartiere, dominato da un villain che vive nei piani più alti. L’eroe entra nell’edificio, il villain invita apertamente gli abitanti a trasformarsi in armi, a ucciderlo prima che possa risalire. Suona familiare? Bastava il trailer a intuirlo, ma la visione del film lo conferma: il meccanismo narrativo, nella sua semplicità, è pressoché ricalcato da The Raid: Redemption, travolgente film indonesiano di Gareth Evans che è divenuto uno dei nuovi punti di riferimento del cinema action mondiale – e, immagino, uno dei più invidiati dai colleghi. Purtroppo il film del regista britannico Pete Travis, girato interamente in Sudafrica, non possiede la medesima forza rivoluzionaria, ma si difende bene: forte di un confronto piuttosto facile da vincere (quello con il Dredd del ’95 con Stallone), la pellicola fotografata da Anthony Dod Mantle (collaboratore fisso di Danny Boyle) possiede una sua personalità e una sua inflessibile coerenza che si manifesta bene nell’idea di non levare mai il casco dalla testa di Karl Urban, che infatti recita tutto il film solo con la bocca e un vocione tra Eastwood e Batman.
Violentissimo e fracassone (gli effetti speciali più sanguinari sono spesso pensati per la visione in 3D), Dredd è stato un autentico flop al box office americano. Ma è un peccato, perché le idee non mancano: il design di una città di centinaia di milioni di abitanti, costretta quindi a svilupparsi in verticale, è inquietante e suggestivo; la droga di turno si chiama “slo-mo” ed è un’ingegnosa giustificazione per ridare un senso diegetico all’abuso dei ralenti; lo script di Alex Garland (quello di Never let me go) mette un po’ da parte il potenziale satirico ma è divertito, pieno di “one-liner” vecchio stile, e ha la dote di non prendersi mai troppo sul serio; infine, quello che Urban toglie con la sua voluta assenza di espressività, backstory o scavo psicologico, il film lo riprende grazie ai due personaggi femminili: la deliziosa Olivia Thirlby nei panni di una fragile recluta con poteri psichici che deve imparare a diventare cazzuta come il mandibolato collega, ma soprattutto Lena Headey nel ruolo di Ma-Ma. Quest’ultima, ex prostituta sfregiata che si è vendicata del suo torturatore strappandoglielo a morsi (esatto) e diventando così temuta e rispettata, è un cattivo feroce e davvero memorabile: come motivo per vedere il film, lei basta e avanza.
A me non è dispiaciuto, l’ho trovato godibile e in fondo ben fatto, anche se il richiamo di The Raid era fortissimo…non so, forse è una mia impressione, ma l’eroe eponimo m’è parso più comprimario che protagonista…sarà il casco, che lo ha ridotto a un Robocop qualunque ;-)))
@Sol : A mio avviso è Robocop che, di fattò, è un personaggio ispiratissimo a Dredd. Quindi ci stà che possano somigliarsi.
Per il resto daccordo su tutto. Superato l’inevitabile confronto con The Raid il film decolla sostituendo i calci del primo con le pistole del secondo non lesinando di violenza. Di certo non un capolavoro ma non si meritava affatto il flop che ha avuto. Avrebbe meritato qualcosina in più e, perchè no, anche un seguito che avrei visto più che volentieri.
Che poi diciamocelo, è arrivato dopo The Raid, ma non è detto che non l’abbia pensato prima. Questo comunque c’ha un budget da 50 mln e dei tempi diversi da una produzione indonesiana girata al volo.
Poi, a dirla tutta, ce ne frega il giusto: personalmente ho apprezzato un ritorno all’essenziale ultraviolenza, senza particolari fronzoli nelle coreografie, e la cura dell’immagine.
E poi, soprattutto, mi sono divertito come un deficiente.
Anche io l’ho gradito tantissimo!!!! peccato che sia andato male negli USA e probabilmente uscirà tra due anni qui in Italia!
Per Non Dimenticare: