Anna Karenina
di Joe Wright, 2012
Da un regista che ha legato il suo nome ai virtuosismi, come ormai l’arcinoto e davvero memorabile piano-sequenza in Espiazione (tutt’altro che un caso isolato, vedasi Hanna), ci si aspetta quantomeno una smania di stupire il pubblico che può essere, a seconda delle occorrenze, entusiasmante o tautologica. Oppure entrambe le cose, dipende dai gusti. Con l’aiuto della sceneggiatura di Tom Stoppard, uno che ha lavorato spesso sul confine tra teatro e cinema (e qui ritroviamo un po’ dell’inventiva del suo capolavoro Rosencrantz e Guildenstern sono morti), Joe Wright fa proprio questo per tutta la prima mezz’ora del film: più che l’idea piuttosto curiosa, quella di ambientare quasi interamente il film all’interno di un teatro, solleticando all’istante le papille di migliaia di tesisti di cinema sparsi per il mondo, è la sua realizzazione, furiosa e magistrale, che lascia a bocca aperta. Da un certo punto in poi, il film smette di essere elettrizzante come quello spaventoso primo atto: è come se il motore si fosse avviato e non avesse più bisogno di troppa energia per farlo andare avanti, ma Wright ne conserva quanto basta per mantenere viva, pulsante, moderna una storia che è già stata sullo schermo più di dieci volte, con un’attenzione maniacale nella scelta delle luci e delle inquadrature (la fotografia è di Seamus McGarvey, lo stesso di Espiazione) incomparabile con la media del cinema cosiddetto in costume. In ogni caso, questa bizzarra, intellettuale soluzione tutta d’interni è così efficace che la prima “apertura” (letterale, del sipario) su una pianura innevata toglie quasi il respiro.
Joe Wright è anche noto per essere uno dei pochi registi capaci, sul serio, di dirigere Keira Knightley, di tenere a bada un’attrice il cui problema non è tanto la carenza di talento, come dicono ingiustamente in molti, ma la convinzione di averne più di quanto le possiamo riconoscere. Anche qui, il regista inglese porta a compimento il suo lavoro con onesta caparbietà, e comunque Aaron Taylor-Johnson e Jude Law sono entrambi abbastanza fuori parte da non farla sfigurare al confronto.