La madre (Mama)
di Andrés Muschietti, 2013
Non è la prima volta che un lungometraggio viene tratto da un corto, ma Andrés Muschietti è al centro di un’operazione leggermente diversa: Mama non amplia la premessa dell’originale (spaventoso gioiello lungo solo tre minuti, datato 2008), bensì ci costruisce un intero film intorno. Letteralmente: il corto in questione viene praticamente replicato a metà della corsa. Per fortuna il talento del regista argentino “scoperto” da Guillermo Del Toro, che patrocina questo suo debutto, non era un abbaglio: Mama non eccelle in compattezza e prende a piene mani a destra e a manca (l’impianto narrativo e tematico arriva dritto dai migliori anni del j-horror), ma Muschietti dimostra un talento visivo straordinario (il suo direttore della fotografia è Antonio Riestra) e una notevole sapienza nella costruzione di personaggi che non sembrino le solite pretestuose macchiette il cui unico scopo è occupare il tempo tra uno spavento e l’altro. Lo aiuta avere per le mani un co-sceneggiatore come Neil Cross e soprattutto un’attrice come Jessica Chastain: la sua Annabel è un personaggio interessante, tutt’altro che “gradevole”, decisamente in controtendenza rispetto al cinema horror, e fa la fortuna del film.
secondo me invece dopo la buona premessa il film si sfalda completamente nella noia. è tutto un saltino (banale) dalla sedia ogni tot con un finale che vuole essere buonista (alla orphanage) ma che non ci riesce. quasi tutto quello che di buono è nel film era già presente nel corto di partenza.
Sono d’accordo sul personaggio di Annabel, molto umana nei suoi limiti, e per nulla esasperata.
A me piace il modo in cui il gotico e il fiabesco si commistionano nel contemporaneo per raccontare la maternità, traumatizzata, inattesa, abbracciata e subita dalle piccole protagoniste.
Mi piacciono poi le soluzioni sfiziose utilizzate per segnalare la presenza di Madre.