Un giorno devi andare
di Giorgio Diritti, 2013
Una giovane donna piange guardando la luna che si riflette sul Rio delle Amazzoni: la donna si chiama Augusta, quella luna assomiglia a un figlio che non è mai nato, a un matrimonio finito, a un padre che non c’è più. Augusta un giorno è dovuta andare lontano per trovare risposta al “dolore che la interroga”: la cercherà prima in Dio, poi negli altri, infine in se stessa. Dopo aver raccontato, nello splendido L’uomo che verrà, una dolorosa pagina di storia italiana mescolando il realismo dialettale con il pathos della fiction, una delle firme più sorprendenti del cinema italiano d’autore odierno racconta una storia intima sfruttando, e non poco, la sua esperienza nel documentario. Un giorno devi andare forse non sarà devastante come il lavoro precedente né implacabile come Il vento fa il suo giro, e la parte del film ambientata in un glaciale Nord Italia, con Anne Alvaro nel ruolo della madre di Augusta, non ha (forse volutamente) lo stesso fascino o la forza espressiva di quella girata tra la foresta Amazzonica e le favelas di Manaus, fotografata magnificamente dal collaboratore abituale di Diritti, Roberto Cimatti. Ma riesce comunque a stupire, talvolta a commuovere: è un film che si interroga insieme alla sua protagonista, non ha intenzione di fornirle chiare risposte, lezioni morali, è più interessato alla domanda stessa; e in questo viaggio, il film si permette di esporre le proprie ferite, proponendo ai margini del racconto riflessioni rischiose, ma per nulla banali, sulla solitudine e sulla fede, mantenendo un’equilibrata sobrietà ben rappresentata dalla notevole prova di Jasmine Trinca. In ogni caso, l’idea di voler indagare le profondità del dolore e della perdita, senza chiudersi nelle solite quattro mura, spingendo con forza i propri confini geografici, e con essi i limiti che spesso sono quelli del cinema italiano, è un atteggiamento che fa onore al film. E che andrebbe preso come esempio.
Pienamente in accordo con te… Sembrano le.parole dello stesso Diritti quando venne a presentare il film alla nostra associazione che ha preso il nome dal.suo precedente lavoro. In effetti il viaggio della ragazza alla ricerca del perché.della.fede è stato molto simile a quello del regista stesso come ci raccontò all’epoca. Anche la sua visione della vita attraverso l’Amazzonia era già stata tratta in un suo precedente lavoro documentaristico sul Brasile.