Eden
di Megan Griffiths, 2013
Una diciottenne di origine coreana viene rapita e costretta a diventare una prostituta da un’organizzazione gestita da uno sceriffo corrotto: vivrà per mesi in un buio garage, insieme ad altre decine di ragazze quasi tutte minorenni, dentro un capannone nel deserto del Nevada. Ispirato a un’incredibile storia vera avvenuta negli Anni 90, Eden è una storia di resistenza estrema che si confronta con un dilemma morale: quanto siamo disposti a rinunciare di noi stessi, della nostra dignità e umanità, pur di sopravvivere? Aiutata da scelte di casting assolutamente azzeccate (Beau Bridges è un villain perfetto proprio per la sua apparenza ordinaria; la splendida Jamie Cheung, che ha oltre dieci anni più del suo personaggio, regala la performance della sua carriera), la regista e co-sceneggiatrice Megan Griffiths riesce a sfuggire al pericolo maggiore di un film di questo tipo, schivando la morbosità del caso e adottando completamente il drammatico, complesso punto di vista della giovane protagonista; nonostante sia davvero duro e angosciante, il film è molto più digeribile di quanto possa apparire, anche perché la messa in scena e la sceneggiatura, entrambe robustissime, lo trattano a tutti gli effetti come un thriller. Anche se le sue ripercussioni finiscono per trasformarlo, con un’onestà che a volte mette i brividi, in un viaggio nel cuore della malvagità più inconcepibile, di fronte al quale è impossibile rimanere indifferenti.