La grande bellezza, Paolo Sorrentino 2013

La grande bellezza
di Paolo Sorrentino, 2013

“Ero destinato alla sensibilità.”

È naturale che in questi tre mesi si sia detto tutto e il contrario di tutto sull’ultimo film di Paolo Sorrentino, uno dei più bravi e importanti registi italiani degli ultimi vent’anni, tornato in patria dopo una (piuttosto deludente, per chi scrive) parentesi americana. La grande bellezza, infatti, è un’opera tanto ambiziosa negli obiettivi della sua ricerca quanto cosciente dei propri stessi limiti, un film che invita a parlare e discutere di sé, che gode della propria sregolatezza, dell’assenza di un’autentica messa a fuoco, che sia morale o semplicemente narrativa, sull’universo che dipinge, sulla decadenza di un cinismo sopraffatto dalla bellezza e dalla morte. Con un umorismo che si avvicina di soppiatto alla comicità e che lo rende la cosa più vicina a una commedia che abbia mai girato (la sceneggiatura, scritta con Umberto Contarello, vuole chiaramente essere tra le più “citabili” del cinema italiano recente) e che pare quasi una difesa contro un’inarrestabile sensazione di abbandono, Sorrentino mette da parte la compattezza e la precisione di altri momenti della sua carriera per abbandonarsi a un racconto ondivago, stralunato e un po’ folle. Illusorio e forse vano come la ricerca di Jep, il film non va mai al centro del problema, ma vi gira intorno facendo girare la testa allo spettatore, affastellando pezzi di bravura tipici del regista (la fragorosa, eccezionale sequenza del compleanno) e momenti di quieta contemplazione (di cui è protagonista una Roma irreale, poetica e beffarda, fotografata in modo ineccepibile dal solito Luca Bigazzi), con uno spirito di fondo che punta a dialogare con il cinema italiano del passato – non solo il più ovvio, il Fellini di  e La dolce vita di cui Sorrentino sembra quasi proporsi come erede, ma anche l’ironia pungente e surreale di Nanni Moretti, la cui impronta si vede, per esempio, nella presenza di un attore come Dario Cantarelli, nella scena dell’arresto del vicino di casa, nell’incontro notturno con Fanny Ardant. Ad arricchire il film c’è la performance di Toni Servillo, di cui è facile prendere in giro l’ubiquità ma di cui è impossibile negare la strabiliante efficacia, ma nel cast eterogeneo spiccano soprattutto Carlo Buccirosso (una conferma dopo il memorabile Cirino Pomicino del Divo) e una rocciosa Sabrina Ferilli, che trova in Sorrentino un altro regista (dopo Paolo Virzì, ovviamente) capace di far uscire sullo schermo tutto il suo talento d’attrice. Come il suo personaggio, anche il film è effimero, fragile, quasi fantasmatico, ma è proprio nella sua volubile, irrisolta malinconia che si nasconde la sua bellezza, quella di uno dei film più personali, arroganti e maledettamente magnifici dell’anno. Bentornato a casa.

14 Thoughts on “La grande bellezza, Paolo Sorrentino 2013

  1. Riccardo on 17 agosto 2013 at 12:41 said:

    Mi hai fatto venire tanta voglia di rivederlo, mannaggiaatte.

  2. Concordo!! film splendido! uno dei migliori della stagione… di sicuro quello che mi ha emozionato di più!!
    Un film che sarebbe ugualmente eccezionale se lo si vedesse togliendo il volume e lasciandosi trasportare ed emozionare dalla potenza delle immagini, dai primi piani sui volti dei personaggi. Ed allo stesso modo, sarebbe meraviglioso, anche se lo si guardasse ad occhi chiusi, soltanto ascoltando i dialoghi, i monologhi del protagonista.
    Servillo straordinario nel suo trasmettere sofferenza anche quando sorride.

    Il mare sul soffitto, poi, è qualcosa di sublime.

    “SULL’ORLO DELLA DISPERAZIONE NON RESTA CHE FARCI COMPAGNIA, PRENDERCI UN PO’ IN GIRO”…

    che film! ed ottima recensione!

  3. ci avrai messo tre mesi ma è sempre bello leggerti. E mi sa che l’abbiamo vissuto in maniera simile. E Toni Servillo non si tocca, si ama <3

  4. Recensione splendida, kekkoz, che condivido pienamente.

  5. Ho rivisto il trailer per caso pochi giorni fa e me lo rivedrei subito….che film….straniante. Ci vuole tempo prima che si sedimenti e ne capisca la bellezza.

  6. filippo on 20 agosto 2013 at 01:15 said:

    Io sinceramente aspettavo la tua recensione, ma continuo a pensarla a modo mio, anche perchè, scusami, ma mi è sembrata una recensione un po’ frettolosa, forse noi, tuoi lettori, meritavano o agognavamo una chiarificazione più estesa ( e forse è cosa assolutamente fuori luogo).

    Ad ogni modo il film di Sorrentino appare a chi scrive come un’operetta morale, costruita in tanti momenti diversi ( e ricorda più Roma di Fellini che la Dolce Vita), con un dandy metropolitano poco credibile circondato da altrettante schematiche e evanescenti figure, che non riesce mai a cogliere alcun tipo di moralità e se ne lagna sardonicamente.

    Se far discutere significa farcire due ore di cinema con ogni ben di dio ( dal salotto eccentrico borghese a cui non poteva mancare una nana direttrice di giornale alla bambina invasa d’arte, dalle principesse e il loro custode al regista illusionista, dal Verdone che condivide un appartamento con universitari – ma và, segno dei tempi eh – alla Ferilli di cui non è dato sapere la fine che fa figlia di localaro, e prima di tutto la performance della Abramovich travestita da zingara con il grande finale mistico con santa, fenicotteri mal riusciti in post produzione e un Herlitzka-cardinale appassionato di cucina – a mio avviso unica cosa realmente comica del film)

    Ecco più che un film un elenco, senza mai aver la sensazione di avere dietro la camera un autore, caso mai un buon operatore. Manca il tema, la lingua, il senso, un motivo valido per rappresentare quello che si vuole rappresentare. E rimane grande rammarico, perchè è pur vero che Sorrentino è l’unico da cui ci si aspetta qualcosa, ma forse a torto.

  7. soupe84 on 23 agosto 2013 at 12:13 said:

    Ho visto il racconto di una certa Italia (o di una certa società) attraverso personaggi archetipo al limite dell’immaginazione, ma mai parodistici (e di nuovo Sorrentino riesce a evitare l’effetto bagaglino), che rappresentano l’ansia, l’incertezza, lo stato precario permanente del nostro tempo.
    Da un lato mi sono divertito (forse sbagliando) a indovinare le persone reali che venivano rappresentate dalle maschere (esercizio divertentissimo in Le ombre rosse di Cito Maselli) e dall’altro ho scorto un legame con Shortbus: la tribolozione di una città che, attraverso i suoi abitanti, cerca pace e serenità tendendo verso l’amore.

    • Nicola on 16 novembre 2013 at 16:23 said:

      che trasudano banalità… E la suora! e la giraffa e i fenicotteri brutti fatti al computer! e il cardinale con le sue ricette! e le principesse..perfettamente d’accordo:
      non basta una tecnica eccelsa e movimenti di camera parabolici se poi racconti il niente. Se quello che vuole raccontare è quello che sembra, già l’aveva detto Fellini, meglio, con Roma e con La Dolce Vita. E poi quel piglio pedante alla Mallick!? Tanta, tanta carne al fuoco che spreca bruciacchiandola malamente dimenticandola sulla griglia, che poi la puoi solo dare al cane.Quell’accenno alla profondità che non approfondisce mai niente, quelle scintille satiriche che si spengono brillando meno di un film di Virzì. E poi macchiette scontate e già viste. E quelle scene caricate di simbolismo che trasudano banalità… E la suora! e la giraffa e i fenicotteri brutti fatti al computer! e il cardinale con le sue ricette! e le principesse e le chiavi… ma che roba è, oh?!
      Ci sono certo un paio di dialoghi cinici che ti fanno ben sperare nel personaggio ma poi… niente, come al solito. E Servillo, con la sua presenza, non salverà film mediocri per sempre!

  8. Pierluigi on 27 agosto 2013 at 08:40 said:

    Caro Filippo, è proprio questa la bellezza del film. È il satyricon di petronio. È l’emozione. È un film. Sono riuscito a vedere tutta la filmografia degli ultimi 70 anni, non confusionaria, ma splendida come il duomo di Palermo, variegato nei suoi stili, ma splendido nella sua unicità.

  9. filippo on 27 agosto 2013 at 09:51 said:

    ciao pierluigi

    credimi, sarebbe piaciuto anche a me partecipare di questa bellezza, ma lo dico da spettatore, senza giudizi di altro tipo, non mi è arrivato nulla, se non tanta confusione. il satyricon di petronio è comunque un romanzo militante, così il film di fellini. c’era ideologia – forse perchè allora si viveva di quella – nel film di sorrentino ci sono sì molti stili, come forse il duomo di palermo, ma senza un senso – la fede, per il duomo intendo. sarà per la prossima volta.

  10. Giustina on 27 agosto 2013 at 16:08 said:

    Film pessimo, con momenti assolutamente forzati e falsamente onirici (la storia della pseudo madre Teresa), oltre ad una durata eccessiva e inconcludente (fosse finito alla morte della Ferilli, forse avrebbe tediato meno). Parte bene, nei primi venti minuti pensi che veramente Sorrentino stia proponendo il suo capolavoro assoluto, ma, poi, si perde in citazioni e controcitazioni. Si appoggia scabrosamente al solito istrionismo geniale dell’ultrapresenzialista Servillo, e si trascina e avvita in sketch irrealistici e pretestuosi. Preferisco mille volte di più il Sorrentino “americano” di “This must be the place”, meno “pagliaccio” e più realisticamente poetico e trasognante (per quanto grazie allo strepitoso S. Penn, il nostro dia vita proprio ad una dolcissima metafora clawnesca). Purtroppo, quanto si sfiorano mostri sacri come Fellini, anche se solo per deterministico ossequio, se sei un fuoriclasse, rischi di scioglierti come un gelato mille gusti che, alla fine, non ti lascia niente in bocca. Questa è la sensazione del film che mi è rimasta. E Sorrentino, purtroppo per lui, pur bravissimo, è solo un ottimo regista, niente più.

  11. Jamaico Stravinsky on 13 ottobre 2013 at 18:17 said:

    E’ un film sconclusionato ma coinvolgente, non c’è da perdere una battuta. In alcuni momenti mi ha ricordato La Terrazza di Scola ed alcune situazioni alla Bunuel, oltre ai soliti richiami alla romanità felliniana. Come uno specchio rotto che riflette frammenti di realtà, datata 2013, visti con gli occhi di un ultrasessantenne cinico e disincantato che vede tutto lo squallore e la miseria morale del suo tempo e del suo ambiente. Realtà che si svolge avendo sullo sfondo pezzi di bellezza assoluta della civiltà romana, in confronto alla quale appare ancor più meschina e volgare.
    In definitiva un gran bel film, il miglior film italiano ed uno dei primi 5 in assoluto visti nel 2013.
    Credo lo rivedrò presto.
    Non mancano alcune forzature (la santa), cose incomprensibili (la morte della Ferilli) e personaggi da vero fuoriclasse (il cardinale che ama parlare di ricette gastronomiche).

  12. paolor on 18 gennaio 2014 at 17:56 said:

    …comunque anche no, eventualmente.

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