Prince Avalanche
di David Gordon Green, 2013
Se il suo ultimo film, lo straordinario Joe con Nicolas Cage presentato a Venezia, rappresenta il ritorno di David Gordon Green alla sua forma migliore e, soprattutto, alla sua originaria passione per il dramma della ruvida, violenta provincia americana, Prince Avalanche si può vedere come la medicina assunta per avviare la disintossicazione, per portare alla riabilitazione di una grande firma del cinema indie statunitense. Limitato nelle intenzioni, nella produzione (è costato meno di 800mila dollari) e nella distribuzione (negli Usa è uscito “on demand”), il delizioso piccolo film ispirato a una pellicola islandese uscita pochi mesi prima permette a Green di “allontanarsi dalla civiltà”, proprio come il suo protagonista, ritrovando nell’amicizia virile tra Alvin e suo “cognato” Lance la chiave di un cinema fresco, onesto, essenziale, originale e profondamente umano. La lunga (e altalenante) esperienza nella commedia, forse, non è stata tempo buttato: in Prince Avalanche, soprattutto nella direzione degli attori (Paul Rudd, in particolare, è fantastico), ritroviamo l’ironia un po’ crudele coltivata negli anni accanto a gente come Jody Hill e Danny McBride – anche se decisamente più gentile, ma ugualmente efficace. Ed è bello poterlo dire così, a posteriori, con una certa sicurezza: questo film minuscolo e speciale è stato il primo passo di un ritorno in grande stile.