Sembra una vita, ma sono passati solo quattro anni dall’uscita di District 9, un film di fantascienza su cui molti di noi hanno riposto, per anni, un sacco di speranze. Per molte buone ragioni. Era un progetto totalmente inedito, un’opera prima, basata su una sceneggiatura originale. Era un film apolide e di frontiera, prodotto da un neozelandese, diretto da un sudafricano. Non era un film da due soldi, ma i suoi 30 milioni di budget al cospetto di Hollywood parevano briciole. Era anche un film che si proponeva come tutt’altro che sciocco, una metafora dell’apartheid con gli alieni. Ma era pure un film che sapeva il fatto suo, quando si trattava di tirare le mazzate: divertente, spaventoso, qua e là un po’ deviato, strambo, mutante. La domanda giusta era: cosa farà Neill Blomkamp la prossima volta? Il sistema in sé, forse, ci spinse a farci la domanda sbagliata: cosa potrebbe fare Neill Blompkamp con il quadruplo dei soldi? La risposta è stata una di quelle che vanificano tutti i discorsi più idealistici sul talento che, quando c’è, è impossibile da adulterare con il vil denaro: Elysium è stata una delle più cocenti delusioni dell’anno. Ma la batosta è ancora più sonora proprio perché non è particolarmente mal riuscito: è soltanto un film inoffensivo, sterile, quasi insapore, con una sceneggiatura frettolosa e sgraziata, la cui ordinarietà cozza miseramente contro il discorso su classismo e rivoluzione. Quello che Blomkamp aveva mostrato in District 9 qui lo troviamo soltanto nel personaggio interpretato da Sharlito Copley, già protagonista del precedente: il suo Kruger, morto e risorto come un Anticristo sci-fi, è una specie di esaltante e violenta scheggia impazzita la cui missione non sembra tanto quella di distruggere i piani del protagonista, un Matt Damon che ci chiede con troppa vana insistenza di detestarlo, quanto quelli del film stesso, come se Kruger provenisse da un Elysium sotterraneo che si ribella all’Elysium reale ma a cui, presto o tardi, tocca soccombere.
speriamo in Yolandi, chappie
Visto ieri, concordo con tua rece. Inoffensività imbarazzante.