La fine del mondo – The World’s End, Edgar Wright 2013

Dentro ogni film di Edgar Wright ci sono almeno tre film. C’è quello che scopri la prima volta, che ti sorprende e ti lascia ammutolito o estasiato. Poi c’è quello della seconda volta, quando ascolti per bene i dialoghi e ti rendi conto che nulla è messo lì per caso, che ogni parola è un suggerimento, oppure una profezia, di quello che sta per accadere. È un procedimento che Wright, tra le più grandi benedizioni del cinema britannico (e non solo) dell’ultimo decennio, ha messo in pratica già nei primi due film di quella che, ormai un po’ per gioco, viene definita “La trilogia del Cornetto”: cresciuto, come tanti suoi colleghi, immerso fino al collo nella bulimia cinefila, Wright è forse l’autore che più di ogni altro ha saputo perfezionare il meccanismo che permette a un film di vivere nel futuro. Ed è proprio lì che vive, per la terza volta, un film di Edgar Wright: nella visione ripetuta che diventa un culto, un tipo di esperienza a cui The world’s end si presta alla perfezione. Dopo il cinema horror con gli zombi di Romero (Shaun of the dead) e gli action movie americani di Bigelow e Michael Bay (Hot fuzz), passata l’entusiasmante parentesi americana del sottovalutato, immenso Scott Pilgrim (uno dei pochi film d’intrattenimento recenti che si possano definire veramente sperimentali), Wright è tornato accanto ai vecchi amici Simon Pegg e Nick Frost, per chiudere un conto aperto e rendere omaggio al terzo polo della sua passione per il cinema, la fantascienza. Ovviamente, anche in questo caso la scaltra ricchezza citazionista, la perfezione assoluta nella costruzione del plot e dei dialoghi, la cura impressionante dei dettagli, la perfetta direzione di un cast favoloso, sono i dispositivi che permettono a Wright di dar vita a un’altra parabola umana, più disillusa e amara delle precedenti, in cui un personaggio decadente, buffo e sgradevole (il Gary King del magnifico Simon Pegg) incarna il tentativo eroico e definitivo di superare la propria (nostra) inesorabile mediocrità. L’epilogo del film, beffardo e feroce, è un capolavoro a sé stante, la degna conclusione di un film che, in ogni caso, mette in primo piano, davanti a tutto questo, il divertimento assoluto, alternando battute serrate a spettacolari combattimenti (dai quali, peraltro, Nick Frost emerge come un’epocale macchina da guerra), l’ennesimo grande film di un regista che in molti si ostineranno a prendere sottogamba (perché è facile prendere poco sul serio il suo avventato, coinvolgente amore per il cinema) quando in realtà Edgar Wright è uno dei più innovativi e geniali autori del cinema pop contemporaneo.

3 Thoughts on “La fine del mondo – The World’s End, Edgar Wright 2013

  1. flexo on 2 dicembre 2013 at 20:21 said:

    Ben detto.. anch’io sono fra quelli che considerano ogni film di Wright una manna dal cielo.
    A me fanno lo stesso effetto dei film di Landis del periodo d’oro, pura goduria cinematografica.

    P.S. secondo me nel confronto col suo “gemello” americano This is the End (per tema apocalittico, gruppone di attori amati, persino il nome sovrapponibile!) questo film stravince su tutti i fronti: script, recitazione, densità, perfino gli effetti speciali.

  2. We’ll always have the disableds

  3. Raevan on 12 dicembre 2013 at 15:13 said:

    ma la locandina è di Mike Mignola?!

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